Così ho fatto qualcosa di temerario, che ora mi sembra divertente, sebbène al momento il divertimento fosse la cosa più lontana dalla mia mente. Con il suo permesso, misi la signorina Lucy in una profonda trance ipnotica poiché, come spiegai, ciò le avrebbe permesso di fornirmi molti più dettagli di quelli che poteva ricordare consapevolmente.
Dopo che ebbi domandato tutto riguardo a Whitby e al “grande uccello che volava alla finestra”, ed ebbi ottenuto delle risposte soddisfacenti, la feci restare in trance, con gli occhi chiusi. Nel frattempo, eseguii un esercizio mentale — un incantesimo, se si vuole — che mi permette di muovermi senza che gli altri mi sentano. E, con un piccolo crocifisso in mano, mi arrampicai sul radiatore: in punta di piedi, incuneai l’amuleto protettivo tra l’intelaiatura di legno della finestra e il muro (poiché tutte le risposte indicavano con chiarezza la finestra come il luogo da cui lui era entrato). Inoltre, tirai fuori alcune piccole teste di aglio e con attenzione le misi sopra lo stretto stipite.
Mentre mi trovavo in quella posizione quanto mai precaria, mi venne in mente che Lucy avrebbe potuto all’improvviso emergere dalla trance e aprire gli occhi, o che la cameriera potesse spalancare la porta: come avrei fatto allora a spiegare perché mi trovavo in punta di piedi sul radiatore? Avrei dovuto fare un incantesimo per essere invisibile prima, pensai, ma ora era troppo tardi…
Adesso mi viene da ridere ma, in quel momento, ero molto spaventato. Comunque, riuscii a portare a termine i miei semplici sforzi senza la presenza di nessuno, e ora mi auguro che saranno sufficienti per un po’. Al più presto possibile, chiederò a Vanderpool ad Haarlem di far fiorire un po’ di aglio; lui è del tutto affidabile, e mi risparmierà la noia di dover fornire spiegazioni a un contadino inglese.
È una sfortuna che la signorina Lucy non fosse assolutamente disponibile. Sapendo che la cameriera era appena fuori della porta (senza dubbio pronta a entrare al primo segno di qualcosa che non andasse), non osai chiedere direttamente di Vlad e dei suoi spostamenti. Ma, forse, verrà il momento… Fino ad allora, useremo il Mr. Renfield di John.
Il diario del dottor Seward
4 settembre. Un giorno terribile! Ho mandato via l’inserviente appena prima dell’alba in modo da poter fare entrare il professore per vedere Renfield senza che nessuno lo sapesse. Van Helsing pensa che il nostro paziente zoofago sia a conoscenza dei movimenti dei Vampiri e possa essere d’aiuto nel rintracciarli.
Il paziente è rimasto calmo quando sono entrato, così ho fatto cenno a Van Helsing di entrare. Così ha fatto e, con mia sorpresa, ha indotto Renfield in uno stato ipnotico in meno di un minuto.
«Dove sei?», gli ha chiesto il professore, con ammirevole autorità.
«Non lo so», ha risposto Renfield, con un tono di sorpresa dignità; quando è calmo, sembra un raffinato gentiluomo, tranne che per i capelli scomposti e la barba (non osiamo dargli un rasoio e nemmeno un pettine, e lui non ha la pazienza di lasciare che l’inserviente lo pettini). Ma pettinate i capelli d’argento e radete la barba sale e pepe, e sotto di essi c’è un uomo con dei lineamenti aristocratici e degli intelligenti occhi azzurro chiaro sotto severe sopracciglia nere. Secondo sua moglie, ha cinquantanove anni, ma è estremamente muscoloso e in forma per la sua età (l’inserviente — e ora anche Van Helsing e io — lo possiamo confermare!).
«Penso di trovarmi in una scatola chiusa. C’è solo oscurità e tranquillità: tranne che per gli uccelli che cantano».
Come se fosse il momento giusto, un pettirosso cominciò a cantare appena fuori della finestra; il professore e io sorridemmo a quella coincidenza.
«Sei a Londra?», chiese Van Helsing.
La domanda sembrò confondere Renfield. Gli occhi ancora chiusi, aggrottò profondamente la fronte ed esitò.
«No… sì… non lo so. Che cosa intendi per Londra?».
Fu il turno del professore a essere confuso.
«La città. Londra: la città più grande d’Inghilterra».
«Sì, sì», rispose irritato il nostro pazzo. «Lo so che cos’è Londra! Semplicemente non so…».
Un gallo cantò in lontananza; improvvisamente, Renfield balzò in piedi e corse dal professore con velocità allarmante. Prima che riuscissi a muovermi, aveva messo le sue grosse mani intorno alla gola di Van Helsing e lo stava strozzando, mentre il professore aveva afferrato i polsi del suo aggressore e cercava di liberarsi.
Ma il viso del professore era già diventato di un acceso rosso apoplettico: non riusciva assolutamente a respirare, e poteva solo emettere degli orribili respiri strozzati. Suonai immediatamente per chiamare l’inserviente, poi mi gettai nella lotta, afferrando gli avambracci di Renfield proprio sopra le mani dalle nocche bianche di Van Helsing.
In una frazione di secondo (suppongo, sebbene sembrassero ore), l’inserviente entrò e si gettò con tutta la sua mole massiccia contro Renfield, mandandolo a sbattere contro la parete. Presto il paziente fu ristretto in una camicia di forza, mentre io mi occupavo di Van Helsing, che ingollava aria mentre si massaggiava piano il collo colpito. Mi preoccupai che non gli fosse stato causato un danno reale poiché, sotto le sue dita, c’erano degli scuri segni rossi sulla pelle che, ben presto, sarebbero diventati dei lividi. Ma lui mi allontanò con la mano e presto si riprese al punto da poter parlare. Oggi è diretto alla villetta in campagna. Sono preoccupato di saperlo solo là; se la sua teoria che Renfield sia controllato dai Vampiri è esatta, versa davvero in grave pericolo.
Capitolo nono
Il diario di Zsuzsanna Dracul
13 agosto. Sto scrivendo sulla nave, durante il ritorno a Londra dopo una breve visita ad Amsterdam (i trasporti pubblici olandesi sono così puliti!). Che io partissi è stata, inizialmente, un’idea di Elisabeth. Per un po’ di tempo siamo state entrambe di cattivo umore, poi ho sentito diminuire la mia forza, nonostante il fatto che mi sia riempita di sangue “blu”. Anche Elisabeth sembra più pallida, più debole, e così irritabile che ho cominciato a evitarla. Mi spaventa; mi preoccupo per la possibilità che Vlad abbia gettato su di noi un qualche tipo di incantesimo.
Londra è ancora piena di una miriade di meraviglie, ma io comincio a perdere interesse in quello che precedentemente mi faceva piacere. Quanti vestiti nuovi uno può avere? Ne ho una stanza piena. Sono tutti belli e mi piace indossarli, ma il mio desiderio per essi ora è appagato, mentre comincio a diventare inquieta…
Senza dubbio Vlad è arrivato sulle coste inglesi, ma ancora non è apparso in nessuna delle sue proprietà: Carfax, Mile End, Bermondsey, Piccadilly. Noi le visitiamo ogni giorno sperando di trovarlo ma, ogni giorno, le nostre speranze sono infrante.
Alcune sere fa, Elisabeth mi si è avvicinata sorridendo, per la prima volta in molti giorni, con uno sguardo deciso sul viso.
«Vlad è in ritardo», ha detto, «e noi stiamo entrambe diventando terribilmente ansiose nell’attesa. Ma perché? Tu dici di sapere dove vive Van Helsing. Perché non sorprenderlo lì durante il giorno e portarlo qui? Infatti, se Vlad sa che noi abbiamo Van Helsing, sarà forzato a trattare con noi».
«Perché non uccidere semplicemente il dottore?», chiesi in risposta, poiché ero ansiosa di farlo e così vendicarmi dell’assassino del piccolo Jan.