«Dice che ti devo chiedere circa il tuo Patto. Il tuo… contratto con l’Oscuro, e che cosa esso ha a che fare con me».
Il giudizio? Colpevole. Emozioni contrastanti passarono nascostamente sul suo viso come le onde dell’oceano che si gettano sulla spiaggia, solo per essere respinte all’indietro e rapidamente sostituite da altre: rabbia, odio, paura, astuzia… e, infine, indignazione.
«Zsuzsa! Non vedi cosa sta cercando di farti? Di fare in modo che mi odi, di farti ritornare da lui e, in quel momento, cosa pensi che ti accadrà?»
«Ho visto il manoscritto», dissi rapidamente; lei si ritrasse come se fosse stata schiaffeggiata. In realtà si voltò, chiaramente sconvolta e incapace di affrontare questo nuovo sviluppo, mentre io fingevo un’espressione consapevole. Il significato era che avevo letto e compreso il suo valore per Vlad (e chiaramente, ora, anche per lei), una bugia nascosta in un’affermazione veritiera.
Con la schiena ancora rivolta verso di me, si mise un braccio intorno al torace, in realtà afferrandosi, sebbene cercasse di fingere che il gesto fosse casuale. Con l’altra mano si massaggiò rapidamente la fronte, poi il collo, proprio sopra il dolce osso in rilievo sotto la pelle lattea. Con estrema — e incredibile — calma, chiese quindi:
«Che cosa ti ha detto?»
«Abbastanza. Abbastanza da sapere che mi hai mentito». Si voltò di scatto, mettendo le gonne di raso rosa e crema di lato, e cominciò a protestare, ma io alzai la voce e non la volli sentire. «Come minimo, mi hai costantemente nascosto la verità».
Immediatamente il suo viso di porcellana si corruccio, e lacrime di diamante le uscirono dagli occhi di zaffiro.
«Zsuzsanna… pensi che l’abbia fatto solo per tormentarti? Sì, lui è, al momento, più forte di tutte e due messe insieme, ma io non ho abbandonato la speranza. Troveremo un modo per sconfiggerlo ma, fino ad allora, dobbiamo usare tutta la nostra intelligenza e circospezione». Si allungò e mi prese ancora una volta la mano, premendola tra le sue e chinandosi per baciarla, battezzandola con le lacrime. «Sono stata in qualche modo crudele con te, mia cara? Ti ho forse ferita? Dimmelo e farò subito ammenda. Non ti ho portato a Londra per renderti infelice!».
Tentennai. Lei lo capì e si difese con accresciuto vigore.
«Tu conosci Vlad, Zsuzsa. In tutti i decenni che sei stata con lui, ti ha trattato mai con rispetto o genuino affetto? No! Ti ha trattato come una schiava, per far di te quello che voleva; ti ha donato l’immortalità, ma non perché teneva a te… ma solo per se stesso! Tu sai che non ti puoi fidare di lui: sai che è un bugiardo. Ti prego… non lasciare che ci allontani! Ti racconta chissà quali orrende menzogne per ottenere solo questo! E, se ci riesce, allora saremo perdute veramente! Dobbiamo lavorare insieme, cara, per sconfiggerlo. E la nostra migliore speranza, te lo dico io, è Van Helsing. Con lui come nostra pedina, ce la faremo».
In verità, ero influenzata dalla sua bellezza, dalle sue lacrime, dalle sue parole. Ma le accuse di Vlad mi tormentavano.
«Allora, se ti devo aiutare in un compito tanto difficile, devi spiegarmi tutto. Qual è il tuo Patto con l’Oscuro Signore? E che cos’è questo manoscritto a cui Vlad tiene tanto?».
Sospirò.
«Riguardo al mio Patto… non si tratta di una cosa di cui si possa discutere. Se tu ne avessi fatto uno, mi capiresti. Riguardo al manoscritto, non lo so. Per favore, credimi, Zsuzsa! Anch’io sto cercando di risolvere tutti questi misteri; forse oggi ne possiamo discutere, e trovare una comune strategia».
Poi mi mise un braccio intorno alla vita e mi baciò e mi lusingò finché mi arresi sorridendo. Per il resto del giorno e della notte fu gentile con me come nessuno è mai stato.
Ma non posso fare quello che mi ha chiesto: non le posso più concedere fiducia. Rimango con lei solo perché non ho un altro posto dove andare. È abbastanza brutto che mi sia attirata l’ira di Vlad, e non voglio attirarmi anche la sua.
Devo trovare un modo per distruggerli entrambi.
26 agosto. Il ritardo diventa folle. Finora, nessun Van Helsing; Elisabeth e io siamo d’accordo che lui è la nostra migliore speranza per vincere Vlad. Uccideremo il dottore olandese, e Vlad sarà distrutto anche lui.
Ora sono convinta che il solitario manicomio a Purfleet contiene il panorama che ho visto attraverso gli occhi di Gerda, poiché i fiori del giardino hanno proprio lo stesso aspetto. Ma non siamo riuscite a trovare alcuna traccia di Van Helsing, e la mia paura è che siano stati lì per un po’ di tempo, ma che poi se ne siano andati. È così, oppure il dottore è un mortale potente come me che sono un Vampiro, e sa come rendere se stesso e sua moglie invisibili per giorni. La seconda possibilità è indubbiamente peggiore.
Così abbiamo controllato il manicomio quasi giornalmente e continuiamo a perlustrare la città… e, ogni giorno, divento più inquieta.
Ieri sera non riuscivo più ad attendere per agire; così, qualche ora dopo il tramonto, sono uscita da sola nella notte nebbiosa mentre Elisabeth si riposava. Lei e io andiamo abbastanza d’accordo esteriormente, ma io sono ancora molto guardinga nei suoi confronti, e lei lo è con me. Mi esamina attentamente in cerca di segni di incredulità o disaffezione (che io ho in abbondanza ma cerco di mascherare); nel trovarli, non reagisce con rabbia, ma con grande preoccupazione e dolcezza. È come se mi stesse nuovamente corteggiando, poiché mi ricopre di regali. Ieri ha assecondato la mia inclinazione per cani e uccelli (lei non li può sopportare tutti e due) portandomi un bianco levriero afgano adulto con un collare di diamanti, e un grande cacatua bianco con una catenella di diamanti intorno alla zampa (per incatenarlo elegantemente al suo trespolo).
Il cane e l’uccello sono abbastanza dolci, e io li adoro, ma la mia presenza li terrorizza; così li tengo rinchiusi nel salotto e lascio che la cameriera al piano di sotto dia loro l’affetto che si meritano. Nel frattempo, Elisabeth mi ricopre di rose bianche, gioielli preziosi, vestiti da ballo originali ed eleganti, e promesse di impegni sociali. Altre cose deliziose ma, oh come mi annoiano!
Così, la notte scorsa, quando sono sgattaiolata fuori nell’umida oscurità resa più soffice dalla nebbia, ha provato un senso di sollievo per essermi liberata di Elisabeth e di tutti i miei bei doni, e per stare facendo, finalmente, qualcosa di valido. Ho viaggiato sui raggi lunari attraverso la città fino a circa venti miglia a est, dove Purfleet si stende sulla riva nord del Tamigi.
Sono tornata subito nella tetra oscurità di Carfax. Nessuna luce filtrava da dietro le finestre incrostate di sporcizia: solo la sinistra e luccicante nebbia blu nerastra, più scura della notte.
Questo mi ha delusa, poiché mi ero aspettata che lui fosse andato a caccia nello stesso istante che il sole era sceso sotto l’orizzonte; perché restava in quella meschina prigione polverosa quando c’erano migliaia e migliaia di anime calde con le guance rosse che lo aspettavano in città? Quando, per la prima volta nel corso dei secoli, si poteva nutrire fino a riempire il cuore?
Ahimè, il mio piano era stato quello di perlustrare l’edificio durante la sua assenza, in cerca della misteriosa pergamena bianca. L’istinto mi diceva che la sua scoperta mi avrebbe rivelato quella verità che né Elisabeth né Vlad volevano palesare e, forse, mi avrebbe portato alla mia stessa liberazione.
Irritata, mi ritirai immediatamente sul limitare della proprietà. Ora che ero sensibilizzata, riuscivo a distinguere il debole chiarore dell’aura mortale anche da quella distanza, ed ero tentata di tenermi lontana poiché sapevo che, questa volta, Vlad non avrebbe avuto pietà.
Rimasi per un po’ vicino al nero cancello di ferro, con le sue alte lance, decidendo ogni pochi minuti con disgusto che non potevo attendere un istante di più ma, ogni volta, restavo ferma. Nel frattempo, pregavo che i miei fragili sforzi per restare invisibile mi permettessero di evitare di essere scoperta.