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«Dopotutto», disse, «Mr. Holmwood non sta cercando di combattere il Vampiro, ma tu sì».

Poi sospirò e fissò in modo sconsolato il freddo caminetto che stava di fronte al divano: nei suoi occhi blu c’era una profonda angoscia assai dolorosa a vedersi.

«Sto sbagliando, credo, a coinvolgerti ulteriormente in tutto ciò, John. Pensavo di conoscere il pericolo che affrontavamo… ma ora comprendo che non ne so nulla. Finora Vlad è stato limitato nei modi e nei luoghi dove possa fare del male, eppure, nel caso di Miss Lucy, i talismani che un tempo lo respingevano, ora non lo rallentano affatto. E se lui può andare e venire come crede, allora Miss Lucy — e tutti quelli che lui vuole — non hanno speranza alcuna. Né tu né io, John. Tu, la sola persona sulla terra che io avevo voluto proteggere da lui…».

Un improvviso spasmo di dolore gli attraversò il viso; senza cura si tolse gli occhiali e li gettò di lato, poi si prese la faccia quadrata tra le mani e pianse piano.

La vista della sua disperazione mi commosse come la vista di Lucy, come la sua confessione di essere preoccupato per il mio bene (sebbene mi chiedessi perché si dovesse sentire più protettivo nei miei confronti che in quelli di sua moglie). Misi una mano sulla sua forte spalla per confortarlo.

«Professore», dissi con gentilezza, «voi siete esausto, e l’intera situazione sembra del tutto senza speranza, ma oggi avete ancora una volta salvato Lucy. Ricordatelo, poi dormite e mangiate bene, poiché nessuno di noi può servire a molto se non ci prendiamo cura di noi stessi».

Nell’udire ciò, alzò gli occhi e disse con voce sofferente:

«Oggi riposerò e mangerò, John, e questa sera verrò e resterò io stesso con Miss Lucy durante la notte, mentre tu andrai a casa». Quando cominciai a protestare, lui alzò una mano. «No… niente obiezioni! Ricorda che sei stato indebolito nella maniera più pericolosa; domani, però, sarai nuovamente pronto per il tuo dovere, e allora potrò riposare». «Benissimo!», acconsentii. Poi mi alzai per andarmene ma, prima che potessi fare un passo verso la porta, aggiunse piano: «In campagna e al manicomio, ho mandato una chiamata d’aiuto urgente dopo l’altra, questo prima ancora che sapessi quanto fosse disperato il nostro caso. Ora so che tutta la conoscenza e il potere che ho acquisito nell’ultimo quarto di secolo, sono stati vani. Se quell’aiuto non arriverà subito, figlio mio, allora sia tu che io siamo perduti».

Il diario di Abraham Van Helsing

18 settembre. Miss Lucy presto ci lascerà. Lo so guardando il suo dolce viso, ancora pallido e tirato dopo la “trasfusione di emergenza” che Jack e io abbiamo eseguito con un americano, Mr. Quincey Morris, come donatore. Non sono tanto i segni fisici dell’anemia — il suo incarnato esangue, il terribile grigio blu delle sue labbra e delle gengive, il suo respiro debole e rapido — che mi convincono della sua imminente morte. Questi, da soli, sono già abbastanza dolorosi da vedere, ma ancora peggiori sono i segni di un’imminente e insidiosa trasformazione: i canini allungati, l’espressione di sinistra voluttà che le viene nel sonno, e il sottile bagliore color indaco che io vedo dietro il suo sguardo verde.

Dopo gli eventi della notte scorsa, sono scosso fino al midollo. Io, che con arroganza mi credevo abbastanza potente da sfidare l’Impalatore, ho imparato che non sono niente, di nessuna utilità per nessuno. Io, “l’esperto” di Vampiri, non ho saputo nemmeno salvare la cara Miss Lucy dopo settimane di sforzi! Che consigli dovrò adesso offrire loro, tranne che fuggire il loro paese natio e vivere il resto delle loro vite nel terrore di essere scoperti!

Ecco la triste storia: i fiori di aglio arrivarono l’undici, dopodiché Miss Lucy sembrò rimettersi in forze. Osai sperare che, sebbene i miei talismani fossero falliti, gli stessi delicati fiori bianchi possedessero una naturale e perciò più forte magia, che avrebbe dovuto respingere l’Impalatore. Comunque, la nostra paziente dichiarò che essi le permettevano di dormire in pace.

La scorsa settimana, mi ero ancora rinchiuso nella mia cella nel manicomio durante il giorno, per ripetere il rito Abramelin, pregando per avere una risposta dal mio mentore o, in realtà, da qualunque parte. Come sempre, nessuna risposta. Per quanto sembri inutile come tutto, adesso venderei la mia anima allo stesso Oscuro Signore del Vampiro, se avessi la garanzia di non essere ingannato e, come risultato, che Vlad e Zsuzsanna fossero distrutti e tutti i mortali protetti. E, naturalmente, nessuna mia trasformazione in un Vampiro…

La maggior parte delle sere andai a Hillingham e vegliai sulla nostra paziente; alcune notti, John mi diede il cambio dopo mezzanotte. Di nuovo, non so cosa ci aspettavamo di concludere, dal momento che Vlad era già entrato nella stanza di Lucy senza essere scoperto, ma è difficile rinunciare ad ogni speranza e arrendersi all’inazione.

Il piano per la notte scorsa era che John vegliasse; io sarei rimasto l’intero giorno e la notte nella mia cella, cercando sia di ottenere aiuto che di caricare ulteriormente uno speciale Sigillo di Salomone, un talismano che rappresentava la nostra ultima speranza. Dato che non sarei stato disponibile, John aveva, il giorno prima, detto alle signore Westenra che ero ritornato ad Amsterdam e che sarei ritornato dopo circa ventiquattro ore.

Ma quel pomeriggio, John si fece un taglio piuttosto serio al polso, a causa di Mr. Renfield che era fuggito dalla sua cella. Vlad era ancora al lavoro! Chiaramente il Vampiro stava progettando qualcosa di scellerato a Hillingham quella notte, e non voleva l’interferenza di Seward; la cosa più sicura per John era quella di restare al manicomio.

Questa deduzione la tenni per me e dissi a John che era troppo debole per vegliare, e che avrebbe dovuto andare a letto e dormire. Io avrei fatto la guardia a Hillingham durante tutta la notte. Aveva perduto un bel po’ di sangue dal taglio e così fu prontamente d’accordo.

Così ieri andai da solo e invisibile alla proprietà Westenra e bussai alla porta circa dieci minuti prima del tramonto. La cameriera del piano di sotto (un timido topolino scuro di ragazza, con occhi grandi e gentili) aprì la porta di uno spiraglio, poi sempre di più, finché rimase sul portico con le mani sui fianchi, aggrottando la fronte e guardandosi intorno in cerca del burlone che l’aveva chiamata e poi era fuggito. Scivolai facilmente oltre di lei, esaminai tutte le finestre per essere sicuro che tutte le piccole croci fossero al loro posto (lì lavorava l’istinto non la logica) e, infine, andai di sopra nella stanza di Miss Lucy.

Anche prima che entrassi, il forte odore nel corridoio mi disse che i fiori erano ancora al loro posto. La porta che conduceva alla camera della paziente era appena accostata. Con facilità ci passai attraverso, sebbene piano piano, poiché non desideravo compromettere il suo pudore. Per fortuna, era in camicia da notte, seduta sul letto, aggrottando la fronte davanti alle Vite di Plutarco, con un vassoio di cibo mangiato a metà sul comodino. Era ancora pallida, ma stava molto meglio dopo la recente ricaduta; c’era un accenno di colore sulle sue guance e sulle sue labbra.

Mi sedetti sulla sedia imbottita accanto al letto di Lucy, e un terribile senso di familiarità mi sopraffece: è ciò che i francesi chiamano déjà vu. Fui colpito dalla stessa tristezza impotente che sentivo nella sedia a dondolo accanto al letto di morte di mamma, e persino nello stesso modo poiché, sebbene un mese fa quella affascinante giovane mi fosse sconosciuta, mi ero paternamente affezionato a lei. In quel momento non riuscivo a liberarmi della sensazione che fosse condannata come la povera mamma… e ancora di più, poiché il suo destino ultimo sarebbe stato molto più orrendo del dolce riposo della morte.