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Per due giorni e due notti John e io siamo rimasti con Miss Lucy, e non l’abbiamo mai lasciata un istante senza uno di noi al suo fianco, sebbene sapessi che non c’era speranza di proteggerla dal suo assassino o da un destino impensabile. Il massimo che potevamo offrirle era il conforto della nostra presenza. Era il compito più duro, ma il mio dolore per aver tradito quella dolce figliola, che aveva creduto così tanto in me, non era niente se paragonato a quello di John.

Molte volte entrai a dargli il cambio e lo trovai mentre lacrime silenziose gli cadevano sulle guance e intanto, teneramente, le afferrava la mano mentre lei giaceva addormentata. È una cosa amara per lui: è profondamente innamorato di lei ma non la può piangere apertamente… non può nemmeno professare il suo amore un’ultima volta prima che lei muoia. Quel diritto è di Arthur, che io ho conosciuto come uno dei suoi più cari e vecchi amici.

E lei stava morendo veramente. Quella trasfusione finale non le ha restituito alcun vigore ma ha soltanto prolungato l’inevitabile, che sta chiaramente devastando il suo donatore, Mr. Quincey (non posso riferirmi a lui come a “Mr. Morris”, poiché è, come la maggior parte degli americani, fascinosamente informale e piacevolmente diretto nell’esprimere i suoi pensieri e sentimenti nel suo musicale accento texano).

Ma c’è un sentimento che non cerca di nascondere: il suo amore non corrisposto per Miss Lucy. Ho visto il lampo di dolore nei suoi occhi scuri quando la guarda; non riesce a restare nella stanza della malata per timore che il suo amore si veda e causi qualche dispiacere a John o a Arthur, così si dà da fare aiutando in vari modi: è stato il nostro fattorino e, quando dissi che si doveva immediatamente avvertire Arthur, fu lui che andò a spedire il telegramma.

John mi ha detto che Quincey non ha voluto dormire la notte scorsa ma, invece, ha fatto la guardia in giro per la proprietà, pistola alla mano (John ha mestamente confessato che Quincey si è convinto che il colpevole sia un grosso “pipistrello vampiro”, del genere che si trova in Sud America. Sembra che una volta, per tale causa perse un cavallo che amava e dice che ha visto un grosso pipistrello grigio volare intorno alla casa. È più vicino alla verità di quanto pensassi!).

Riguardo ad Arthur: suo padre, Lord Godalming, era peggiorato domenica: il giorno dopo l’ultimo incontro di Lucy con il Vampiro. Così, il povero ragazzo era rimasto l’intero giorno e la notte al capezzale del vecchio. Suo padre morì poco dopo l’alba di lunedì, lasciando Arthur — o, dovrei dire, il nuovo Lord Godalming — con poco tempo per piangere quella perdita prima di ricevere il nostro telegramma che diceva che Lucy stava per morire e che aveva chiesto di lui.

Quincey lo prese alla stazione e lui arrivò qui con gli occhi così rossi, cupo ed esausto, che mi fece male condurlo nella stanza di Lucy e vedere il suo dolore moltiplicato. Lo stesso Quincey scomparve, penso perché temeva di lasciarsi andare nella stanza e di rattristare ulteriormente Arthur. È accaduto che il nuovo Lord Godalming sia arrivato precisamente alle sei, quando stavo andando a dare il cambio a John per la veglia; così, Arthur è rimasto con me per tutta la mia veglia, fino a mezzanotte.

Per quanto il pover’uomo dovesse essere sconvolto, fu allegro con Lucy in un modo che la rianimò un po’, e anche lei finse una tale allegria, che non potevo sopportare di guardarli mentre erano così coraggiosi l’uno per il bene dell’altro. Ma la debolezza riebbe ben presto la meglio, e lei ritornò alla sua abitudine di cadere in frequenti periodi di incoscienza; altre volte, smetteva di lottare per parlare e restava in silenzio. Durante tutto questo tempo, Arthur sedette vicino a lei, tenendole la mano e fissandola con la stessa espressione di disperante adorazione che avevo visto in John. Nonostante la sua educazione privilegiata, Lord Godalming è un uomo molto forte.

In trent’anni di pratica medica, ho visitato molte famiglie che si prendevano cura di un loro membro mortalmente malato. Tutti sono diversi, naturalmente: alcuni sono affettuosi, altri no, ma tutti condividono una costante, specialmente quando la morte si avvicina. L’esperienza ha come conseguenza che la formalità e la finzione vengano meno, non solo per la persona morente, ma per coloro che se ne occupano, così che rimane solo l’essenza di tutte le persone. In alcuni casi, è una cosa triste, poiché possono venire alla luce, la rabbia, il rimpianto o il dolore, o una totale debolezza a cui l’individuo si lascia andare per finire in una disperazione morbosa dalla quale non riesce a riprendersi.

In altri casi, l’esperienza cancella gli aspetti più superficiali della personalità, lasciando vedere un nucleo dorato di forza e compassione. Questo è ciò che vidi in John e nei suoi amici Quincey e Arthur, nonché nella stessa Miss Lucy e, nonostante la grande tristezza, mi sentii commosso e privilegiato per essere tra di loro.

Infine l’orologio batté le dodici, e John apparve sulla porta. Mi alzai, diedi un colpetto sulla spalla ad Arthur e gli dissi di venire a riposarsi, poiché non lo aveva fatto per quasi due giorni. Lui si oppose con forza finché John non promise che, se le condizioni di Lucy fossero cambiate in peggio, pur se in maniera lieve, lui avrebbe immediatamente svegliato l’amico. Infine accettò e andammo nello studio, dove due comodi divani fronteggiavano un camino scoppiettante.

Lì mi riposai ma non dormii, poiché i miei pensieri erano ansiosi e molti; fortunatamente, Arthur cadde quasi immediatamente in un sonnellino. Ascoltai il battere dell’orologio ora dopo ora finché fu nuovamente l’alba: le sei. Arthur dormiva ancora profondamente, così me ne andai in silenzio e ritornai nella stanza di Lucy, dove John sedeva a scrivere nella debole luce a gas.

La tenda era tirata e la stanza in penombra. Non riuscivo a vedere il volto della paziente, ma sul suo cuore e sulla testa ondeggiava un fatale segno rivelatore: la scintillante aura indaco che indicava un Vampiro. Immediatamente, ordinai a John di alzaie la tenda. La pallida luce dell’alba entrò, illuminando il viso di Miss Lucy, una cosa questa che mi fece trattenere il respiro poiché, sulle prime, pensai che stavo guardando un cadavere. Ma respirava ancora e così, in tutta fretta, sciolsi la nera sciarpa d’argento che avevo legato intorno alle ferite del morso.

Era come avevo temuto; i segni del Vampiro erano svaniti, lasciando la pelle lattea liscia e priva di segni.

Anche John vide e, anche prima che glielo dicessi, sembrò capire che stava morendo. Andò a svegliare Arthur poiché, in verità, non riuscii a dare io stesso la notizia al ragazzo. Invece mi occupai di raddrizzare i cuscini di Lucy e di rimuovere rapidamente tutti i segni della malattia dal tavolino: la bottiglia di laudano, la morfina, il vaso da notte. Le pettinai anche i capelli all’indietro così che fossero sistemati in belle onde sui cuscini, poiché sapevo che Lucy avrebbe voluto avere l’aspetto migliore per quell’ultimo momento da condividere con il suo fidanzato.

Quindi l’innamorato ferito venne… o piuttosto dovrei dire, i suoi due innamorati colpiti, poiché John, con l’espressione e una postura di estrema decisione, entrò con il braccio fermamente stretto intorno alle spalle di Arthur, in un gesto di sostegno senza riserve. Ma i suoi occhi, come quelli di Arthur, brillavano di lacrime non versate: sentiva la prossima perdita in modo altrettanto acuto, ma il Fato non gli aveva concesso il diritto di mostrarlo. Quando i due si avvicinarono al letto di morte, John allentò la presa e lasciò che l’amico corresse accanto a Lucy. Non menziono la mia pietà per mio figlio al fine di mettere in luce la sofferenza di Arthur: al contrario, penso che essa mostri che uomo buono debba essere Holmwood (cioè, Lord Godalming) per ispirare una tale profonda lealtà in un amico. E anche John, poiché molti uomini meno validi hanno rotto lunghe amicizie a causa dell’amore di entrambi per una donna.