— Oh — dissi io. — Oh. Grazie.
Il rasoio di Occam, unitamente alle vere informazioni sul funzionamento del Servizio di Sicurezza, serve a eliminare questo genere di paranoia. Pirite. A un certo livello, nel mio tipo di attività, la paranoia è solo una malattia professionale. Almeno ero certo che Arty (e Maud) probabilmente ne soffrivano quanto me.
L’insegna luminosa del Glacier si spense. Allora ricordai cosa avevo lasciato là dentro e salii correndo la scalinata.
La porta era chiusa a chiave. Bussai un paio di volte sui vetri, ma erano andati tutti a casa. E il peggio era che potevo vederla, lì sul banco del guardaroba, sotto la lampada arancione. L’aveva probabilmente messa lì l’amministratore, pensando che io arrivassi prima che se ne andassero tutti gli altri. Domani a mezzogiorno Ho Chi Eng doveva prendere posto nell’Appartamento Calendula che aveva prenotato a bordo dell’Interplanetario Platinimi Swan, in partenza all’una e trenta per Bellona. E là, dietro le porte di vetro del Glacier, la valigetta attendeva con la parrucca adatta, e con le pieghe epicantiche che avrebbero dimezzato gli occhi di giaietto di Mr. Eng.
Pensai di sfondare il vetro e di entrare. Ma la soluzione più pratica era lasciar detto in albergo di svegliarmi alle nove, ed entrare insieme all’uomo delle pulizie. Mi voltai e cominciai a scendere i gradini; e mi colpì un pensiero, che mi rattristò terribilmente, tanto che sbattei le palpebre e sorrisi solo per un riflesso istintivo: probabilmente era meglio lasciar lì la valigetta fino al mattino, perché tanto non c’era dentro niente che non fosse mio.