La paura tornò ad attanagliarla con le parole del fratello. Di nuovo, si sentì come una bambina, una piccola di soli tredici anni, molto sola, tutt’altro che pronta ad affrontare ciò che stava per accadere.
Si avviarono assieme a cavallo, sotto le prime stelle che cominciavano ad apparire, lasciandosi alle spalle il khalasar e i castelli di giunchi intrecciati. Khal Drogo non disse una parola, limitandosi a condurre il suo stallone a un rapido trotto verso le tenebre incombenti avanti a loro. Le campanelle d’argento che gli adornavano la treccia tintinnavano al ritmo della cavalcata.
«Io sono il sangue del drago.» Questa volta Daenerys sussurrò le parole, in modo da farsi coraggio. «Io sono il sangue del drago. Io sono il sangue del drago…»
E i draghi non conoscono la paura.
In seguito non fu mai in grado di dire quanto a lungo, quanto lontano cavalcarono.
Era buio fitto quando si fermarono su un prato dall’erba alta in riva a un torrente. Drogo smontò per primo e con la medesima facilità con la quale ce l’aveva messa, sollevò Daenerys e la depositò a terra. Nelle sue mani, lei si sentì fragile come cristallo, le membra deboli come l’acqua di quel ruscello. Rimase immobile nell’oscurità, indifesa e tremante nel suo abito nuziale, mentre lui legava i cavalli. Quando gli occhi di lui incontrarono i suoi, scoppiò a piangere.
Khal Drogo osservò stupito le sue lacrime, il volto stranamente privo di espressione.
«No.»
Fu tutto quello che disse. Allungò una mano. Con il pollice massiccio e calloso, asciugò rudemente le lacrime sul viso di lei.
«Tu parli la lingua comune» disse Daenerys, sorpresa.
«No» ripeté lui.
Forse quella era la sola parola che conosceva. Eppure era una parola in più di quanto lei aveva pensato che conoscesse. In qualche modo, questo la fece sentire meglio.
Drogo le accarezzò leggermente i capelli, facendo scorrere le lunghe ciocche argentee tra le dita, sussurrandole qualcosa in dothraki. Daenerys non capì che cosa le disse, ma c’era calore nella voce di lui, e una tenerezza che non aveva mai creduto potesse esistere in quell’uomo.
Le pose un dito sotto il mento e le sollevò il viso. Di nuovo, i loro occhi s’incontrarono. Drogo torreggiava su di lei come su qualsiasi altro uomo o donna. Delicatamente, la prese sotto le ascelle e la fece sedere su una roccia arrotondata in riva al torrente, poi sedette a terra di fronte a lei, gambe incrociate, i loro volti finalmente alla medesima altezza.
«No» disse di nuovo.
«È l’unica parola che conosci?» gli chiese Daenerys.
Drogo non rispose. L’estremità della sua lunga treccia giaceva a terra di fianco a lui. Lui l’afferrò, se la mise di traverso su una spalla e cominciò a togliere le campanelle, una per una. Dopo un attimo, Dany si protese per aiutarlo. Quando ebbero finito, Drogo fece un cenno e lei capì. Lentamente, con cautela, cominciò a sciogliere la treccia.
Ci volle molto tempo. Rimase seduto immobile, a guardarla in silenzio. Quando lei ebbe finito, lui scosse il capo e i capelli gli si allargarono sulla schiena come un’ondata di pure tenebre, liscia e scintillante d’olio. Daenerys non aveva mai visto capelli così lunghi, così folti, così neri.
Venne il suo turno: khal Drogo cominciò a spogliarla.
Le sue dita erano attente, sorprendentemente delicate. Uno dopo l’altro, senza fretta, rimosse i veli di seta che la avvolgevano. Dany rimase immobile, in silenzio, lo sguardo in quello di lui. Drogo svelò i suoi piccoli seni e Daenerys non riuscì a vincersi: alzò le mani e si coprì.
«No.»
Gentilmente ma con fermezza, lui le allontanò le mani dai seni. Di nuovo le sollevò il viso, costringendola a guardarlo.
«No» ripeté.
«No» gli fece eco Dany.
Lui la fece alzare per togliere gli ultimi veli che ancora la coprivano. L’aria notturna era fredda sul suo corpo nudo. Daenerys rabbrividì, pelle d’oca le apparve sulle braccia e sulle gambe. Aveva nuovamente paura di quello che stava per succedere, ma per un po’ non successe nulla. Khal Drogo sedeva a gambe incrociate e la guardava, bevendo con gli occhi ogni parte di lei.
Cominciò a toccarla. All’inizio leggermente, poi in modo sempre più deciso. Dany poté percepire la possente forza delle mani di lui, ma mai, neppure per un istante, le fecero del male. Le prese la destra tra le sue e le accarezzò le dita, una dopo l’altra. Delicatamente, le fece scivolare una mano lungo la gamba. Esplorò il suo viso, seguendo la curva dell’orecchio, facendo scorrere un polpastrello sulle sue labbra. Affondò le dita nei suoi capelli argentei, spingendoglieli indietro. La fece voltare, le accarezzò il capo e la curva delle spalle, facendo scivolare le nocche lungo la sua colonna vertebrale.
Parve passare un’eternità prima che le sue dita giungessero infine ai seni di Daenerys. Titillò la pelle soffice sotto di essi finché lei non la sentì avvampare. Percorse con le dita il contorno dei suoi capezzoli, li prese tra il pollice e l’indice. Poi iniziò a tirarli. Al principio molto leggermente, poi con decisione sempre maggiore, finché Dany non sentì i capezzoli inturgidirsi, quasi al punto di farle male.
Allora khal Drogo si fermò, la prese tra le braccia e se la pose in grembo. Daenerys era senza fiato, percorsa da correnti calde, il cuore che le martellava in petto. Lui le prese il viso tra le mani enormi, i suoi occhi esplorarono quelli di lei.
«No?»
Questa era una domanda, lei lo capì, lo sentì.
Gli prese una mano, la guidò verso il proprio ventre.
«Sì» disse in un sussurro.
Poi spinse con decisione il dito di lui nella profondità liquida, pulsante del proprio alveo.
EDDARD
Vennero da lui prima dell’alba, quando il mondo è ancora immobile, plumbeo.
Alyn lo scosse rudemente per la spalla, strappandolo a sogni inquieti. Ned Stark, ancora intontito dal sonno, si trascinò, nel gelo della notte che cominciava a svanire, fino al proprio cavallo già sellato e al suo re già in sella. Robert indossava spessi guanti marroni e un pesante mantello di pelliccia, il cappuccio sollevato a proteggere le orecchie. Sembrava in tutto e per tutto un orso bruno che fosse riuscito a scalare il dorso di un cavallo.
«Forza, Stark!» esclamò. «Forza! Forza! Abbiamo importanti affari di stato da discutere.»
«Senz’altro, maestà.» Ned fece un cenno ad Alyn, che sollevò il lembo d’ingresso della tenda. «Perché non ti accomodi?»
«No, no… no!» A ogni parola, il fiato del re condensava in nuvolette. «L’accampamento è pieno di orecchie. Inoltre, voglio farmi una buona cavalcata in questo tuo vasto Nord.»
Ser Boros e ser Meryn, della Guardia reale, erano a loro volta a cavallo, in attesa poco dietro di lui, con una dozzina di armigeri pronti alle loro spalle. Nessun modo di cavarsela: Ned poté soltanto stropicciarsi gli occhi, vestirsi e montare in sella.
Fu Robert a stabilire l’andatura, spronando al galoppo l’enorme destriero nero e costringendo Ned a tenere il passo accanto a lui. Gridò una domanda, ma le sue parole si dispersero nel vento senza che il re le udisse. Dopo quel tentativo di comunicazione, Ned continuò a cavalcare in silenzio. Ben presto, abbandonarono la strada del Re e s’inoltrarono nella pianura ancora avvolta dalla nebbia notturna. La scorta era rimasta indietro, decisamente fuori portata d’udito, ma neppure allora Robert rallentò.
Incontrarono l’alba quando superarono una bassa altura. A quel punto, a svariate miglia dal grosso della carovana, il re decise finalmente di fermarsi. Era affannato ma anche esilarato quando Ned tirò le redini arrestandosi accanto a lui.
«Per gli dei!» rise. «Fa bene partire al galoppo e cavalcare come si deve! Questa avanzata a passo di lumaca mi fa diventare matto, Ned.» Non era mai stato un uomo paziente, Robert Baratheon. «E quella maledetta casa su ruote, poi. Scricchiola e mugola e si attarda su ogni pietra della strada come se dovesse superare una montagna. Se a quella cosa infame si rompe un altro asse, le dò fuoco, e Cersei può farsela a piedi. È una promessa!»