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«Idiota.» Jon aveva parlato a voce abbastanza bassa perché Theon non potesse udirlo. Mise una mano sulla spalla di Bran che sollevò gli occhi verso di lui. «Sei stato bravo» gli disse con solennità.

Di anni Jon ne aveva quattordici e aveva già visto all’opera molte volte la giustizia del re.

Il vento aveva cessato di soffiare e nel cielo il sole splendeva alto eppure, durante la lunga cavalcata per rientrare a Grande Inverno, il freddo pareva essere aumentato. Bran rimase assieme ai fratelli, molto più avanti del gruppo principale, il piccolo pony che faticava a tenere il passo con i cavalli più grossi.

«Il disertore è morto con coraggio» commentò Robb. Era un ragazzo grande e grosso e diventava più grande e più grosso ogni giorno che passava. Aveva la pelle chiara, i capelli scuri e gli occhi azzurri tipici dei Tully di Delta delle Acque, la Casa nobile dalla quale proveniva sua madre. «Quello, per lo meno, non gli mancava.»

«Non era coraggio» si oppose quietamente Jon Snow. «Era paura. È di quella che è morto. È di quella che era pieno il suo sguardo, Stark.» Gli occhi di Jon erano di un grigio talmente scuro da apparire neri. Occhi ai quali non sfuggiva niente. Aveva pressoché la medesima età di Robb, ma le analogie tra loro si fermavano a questo. Jon era tanto snello quanto Robb era muscoloso, scuro di carnagione quanto l’altro era chiaro, elegante e rapido quanto il fratellastro era massiccio e solido.

«Sono stati gli Estranei a rubargli lo sguardo» insisté Robb. «È stata una buona morte. Chi arriva al ponte per primo?»

«Forza» esclamò Jon spronando subito il cavallo.

Robb, colto di sorpresa, imprecò e si lanciò all’inseguimento. Galopparono a briglia sciolta lungo la pista, Robb che rideva e sfidava il fratello, Jon silenzioso e attento; gli zoccoli dei loro cavalli sollevavano fontane di neve.

Bran non fece neppure il tentativo di seguirli. Il suo pony non ce l’avrebbe mai fatta. Anche lui ricordava lo sguardo del condannato, e in quel momento non riusciva a pensare ad altro. Le risate di Robb svanirono in distanza e i boschi furono nuovamente silenziosi.

Era talmente immerso nei propri pensieri che non si rese conto che il resto del gruppo l’aveva raggiunto finché suo padre non arrivò a cavalcare accanto a lui.

«Tutto bene, Bran?» La sua voce non era priva di gentilezza.

«Sì, padre.» Bran alzò lo sguardo. In sella all’imponente destriero da guerra, avvolto in cuoio e pellicce, suo padre incombeva su di lui come un gigante. «Robb dice che quell’uomo è morto con coraggio. Jon invece dice che è morto pieno di paura.»

«E tu? Che cosa dici?»

Bran ci pensò sopra. «È possibile che un uomo che ha paura possa anche essere coraggioso?»

«Possibile? Bran, è quella l’unica situazione in cui si fa strada il coraggio» gli rispose suo padre. «Tu sai perché l’ho fatto?»

«Era un bruto» rispose Bran. «Portano via le donne e le vendono agli Estranei.»

«La vecchia Nan ti ha di nuovo raccontato le sue storie» sorrise lord Stark. «In realtà, quell’uomo era un disertore: aveva abbandonato i Guardiani della notte. Nessuno è più pericoloso di un disertore. Nel momento stesso in cui voltano le spalle al loro dovere, questi uomini sono consapevoli che se saranno catturati la loro vita non avrà alcun valore. Per questo non si tirano indietro di fronte al crimine, neppure al più atroce. Ma tu non mi hai capito, Bran. Non ti ho chiesto perché quell’uomo doveva morire, ma perché dovevo essere io a ucciderlo.»

Una domanda per la quale Bran non aveva risposta. «Re Robert ha un boia» disse in tono incerto.

«Ce l’ha, è vero» confermò suo padre. «Nello stesso modo in cui, prima di lui, anche i re della Casa Targaryen avevano un boia. La nostra tradizione però è ancora quella antica. Nelle vene degli Stark scorre il sangue dei Primi Uomini. E noi Stark crediamo ancora che chi pronuncia la sentenza debba essere anche colui che cala la spada. L’uomo che toglie la vita a un altro uomo ha il dovere di guardarlo negli occhi e di ascoltare le sue ultime parole. Se il giustiziere non riesce ad affrontare questo, allora forse il condannato non merita la morte. Un giorno, Bran, tu sarai l’alfiere di Robb. Avrai un tuo castello che comanderai nel nome di tuo fratello e del tuo re e avrai su di te anche il fardello della giustizia, dal quale non dovrai trarre alcun godimento, ma al quale non dovrai neppure sottrarti. Un sovrano che si nasconde dietro un boia fa in fretta a dimenticare che cos’è la morte.»

«Padre! Bran!…» Jon era improvvisamente apparso sulla sommità della collina di fronte a loro. Agitava un braccio gridando: «Venite! Fate presto! Venite a vedere cos’ha trovato Robb!». Un momento dopo era svanito.

Jory Cassel spronò il cavallo, portandosi al fianco di Eddard e di Bran. «Guai, mio signore?»

«Senza alcun dubbio» ribatté il lord. «Forza, vediamo in quale altro impiccio sono andati a cacciarsi i miei figli.»

Passò al trotto. Jory, Bran e gli altri lo seguirono.

Trovarono Robb sulla riva del fiume a nord del ponte, Jon ancora in sella accanto a lui. Le nevi della tarda estate erano cadute abbondanti durante l’ultima luna. Robb affondava nel manto candido fino alle ginocchia, il cappuccio abbassato, la luce del sole che si rifletteva sui suoi capelli. Stringeva qualcosa tra le braccia, scambiando con Jon commenti eccitati.

I cavalieri avanzarono cauti tra i cumuli bianchi alla ricerca di appoggi solidi sul terreno ineguale nascosto dalla neve. Jory Cassel e Theon Greyjoy furono i primi a raggiungere i due ragazzi. Greyjoy era nel pieno di un’altra delle sue risate ironiche, ma si interruppe con un’imprecazione spaventata: «Per gli dei!». Un attimo dopo lottava per controllare il cavallo cercando al tempo stesso di estrarre la spada.

Jory aveva già sguainato la propria, il cavallo che arretrava per la paura.«Robb! Allontanati!»

«Non può farti niente, Jory.» Robb alzò lo sguardo da ciò che stringeva tra le braccia e concluse: «È morta».

Bran era divorato dalla curiosità. Avrebbe voluto spronare il pony a sangue, ma suo padre impose loro di smontare vicino al ponte e di continuare a piedi. Bran saltò giù e si mise a correre. Quando arrivò dall’altra parte, anche Jon, Jory e Theon erano scesi da cavallo.

«In nome dei sette inferi» stava dicendo Greyjoy. «Che diavolo è quella cosa?»

«Una lupa» gli rispose Robb.

«Vorrai dire un abominio… Non vedi quanto è grossa?»

Bran, il cuore che martellava, si aprì la strada tra la neve che gli arrivava alla vita, portandosi vicino al fratello.

C’era un’enorme forma scura semisepolta nella neve chiazzata di sangue, cristallizzata nella morte. Incrostazioni di ghiaccio si erano rapprese nella malridotta pelliccia grigia. Un debole odore di decomposizione aleggiava sulla neve, simile al profumo di una bella donna. Bran ebbe la fugace visione degli occhi spenti della creatura, pieni di vermi, di fauci irte di zanne giallastre. Ma a mandargli un brivido gelido lungo la schiena furono le dimensioni dell’animale: la lupa era più grossa del suo pony, due volte il più grosso dei cani da caccia di suo padre.

«Abominio?» commentò Jon tranquillamente. «Nient’affatto: è una meta-lupa, e tutti i meta-lupi sono molto più grossi dei lupi normali.»

«Sono duecento anni che non si vede un meta-lupo a sud della Barriera» disse Theon Greyjoy.

«Se ne vede uno adesso» ribatté Jon.

Bran distolse lo sguardo dal mostro che giaceva nella neve e fu a quel punto che si rese conto del fagotto tra le braccia di Robb. Nell’avvicinarsi, non poté trattenere un grido di delizia. Il cucciolo, gli occhi ancora chiusi, era una specie di palla di pelo grigio. Strusciava il piccolo muso contro il petto di Robb che continuava a cullarlo, cercando latte inesistente fra gli strati di cuoio ed emettendo tenui lamenti tristi. Timoroso, Bran allungò una mano.