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«Che succede?»

Il tecnico si voltò.

«Lo sento respirare e basta. E di quando in quando, pesta i piedi.»

«Potrete seguirlo, se si sposta?»

«Se rimane in una stanza piccola, o vicino a una parete, sì, signore. Questi microfoni a induzione sono estremamente ricettivi, e l'ho piazzato sulle scale, quasi al secondo piano. Posso farlo entrare dietro al nostro uomo, se lui si infila in un appartamento.»

«Non lo vedrà?»

«Probabilmente no, a meno che non sia in moto quando lui guarda. E possiamo capire se qualcuno lo sta guardando, dal volume del suono. Ha l'aspetto di una scatola di fiammiferi, e si muove su minuscole ruote di plastica. Non produce alcun rumore, e i suoi fili sono sottili come capelli. Non abbiamo mai avuto fastidi, con questi oggetti.»

«Capisco. Avvertitemi non appena…»

«Si sta muovendo.» Il tecnico girò una manopola, e Rogers udì il suono di un passo pesante sul pavimento un po' sconnesso del pianerottolo. Poi l'uomo bussò piano a una porta, rapidamente.

«Mi avvicino» disse il tecnico. Il microfono risalì silenziosamente le scale. Poi si udì la respirazione affannosa dell'uomo.

«Cos'è che lo agita?» si domandò Rogers.

Udirono che l'uomo bussava ancora, con esitazione. I suoi piedi si muovevano nervosamente.

Qualcuno stava venendo ad aprire. Udirono il rumore della porta che si apriva, e poi udirono un respiro soffocato, come un'esclamazione trattenuta prima di salire alle labbra. Non fu possibile stabilire se fosse stato il loro uomo a emettere quel suono, o no.

«Sì?» Si trattava di una donna, e sorpresa.

«Edith?» La voce dell'uomo era bassa e timorosa.

Finchley scattò, sul sedile.

«Ecco… questo spiega tutto. Ha passato tutto il giorno tentando di trovare il coraggio.»

«Coraggio per che cosa? Non dimostra nulla» disse sottovoce Rogers.

«Sono Edith Hayes» disse la voce della donna, evidentemente sconcertata.

«Edith… Sono Luke. Lucas Martino.»

«Luke!»

«Mi è capitato un incidente, Edith. Ho lasciato l'ospedale da poche settimane. Sono stato messo in pensione,»

Rogers borbottò:

«Racconta tutto molto brevemente, vero?»

«Ha avuto tutta la giornata per decidere come spiegarla» disse Finchley. «Cosa vuoi che faccia? Che le racconti la storia di vent'anni di vita mentre sono in piedi sul pianerottolo?»

«Forse.»

«Per l'amor del cielo, Shawn, se non è Martino, come fa a sapere dell'esistenza della donna?»

«Azarin può avere ottenuto l'informazione in mille maniere diverse, dal suo uomo.»

«Non è probabile.»

«Non c'è nulla di probabile, né di verosimile. In tutta la faccenda. Bisogna ricordare che Azarin è un uomo molto preciso.»

«Edith…» disse la voce dell'uomo. «Posso… posso entrare un momento?»

La donna esitò per un istante. Poi disse:

«Sì, certo.»

L'uomo sospirò.

«Grazie.»

Entrò nell'appartamento e la porta si chiuse. Il tecnico dell'F.B.I. fece avanzare il microfono, che aderì strettamente alla porta.

«Siediti, Luke.»

«Grazie.» Rimasero seduti in silenzio per qualche tempo. «Hai un appartamento molto grazioso, Edith. Molto comodo e bene arredato.»

«Sam… mio marito… amava lavorare con le sue mani» disse la donna. «Ha fatto tutto lui. E ci ha impiegato molto tempo. Adesso è morto. È caduto da un edificio in costruzione.»

Ci fu un'altra pausa. L'uomo disse:

«Mi spiace di non avere più potuto tornare a trovarti, dopo gli studi.»

«Penso che tu e Sam sareste andati d'accordo. Ti somigliava molto, era metodico come te.»

«Non credo di avere mai sfoggiato troppe qualità, con te.»

«Me ne accorgevo.»

L'uomo si schiarì la gola, nervosamente.

«Hai un ottimo aspetto, Edith. Va tutto bene?»

«Sì, certo. Io lavoro. Susan viene ospitata da una mia amica, dopo la scuola, fino a sera, quando io vado a prenderla.»

«Non sapevo che tu avessi dei figli.»

«Susan ha undici anni. È una ragazzina intelligente. Ne sono orgogliosa.»

«Dorme, adesso?»

«Oh, sì… e da un pezzo.»

«Mi dispiace di essere venuto a quest'ora.»

«Non stavo affatto facendo delle allusioni, Luke!»

«Lo… lo so. Ma è tardi. Me ne vado subito.»

«Non avere fretta. Io non vado mai a letto prima di mezzanotte.»

«Ma avrai molte cose da fare, ne sono certo… vestiti da stirare, la colazione di Susan da preparare…»

«Per questi lavori sono necessari solo pochi minuti. Luke…» La voce della donna sembrava più ferma. «Quando eravamo insieme, eravamo sempre a disagio. Non ricominciamo.»

«Mi spiace, Edith. Hai ragione. Ma… sai, Edith, non sono riuscito nemmeno a telefonarti per chiederti di venire a trovarti. Ho provato, e ho cominciato a immaginare che tu avresti rifiutato. Ho passato l'intera giornata, cercando il coraggio di venire.» L'uomo era ancora a disagio. E, per quanto fosse dato capire a coloro che lo ascoltavano, non doveva essersi ancora tolto il soprabito.

«Che succede, Luke?»

«È molto complicato. Quando mi trovavo nel loro… all'ospedale, ho passato molto tempo, pensando a noi due. Non come innamorati, capisci, ma come persone normali… come amici. Non ci siamo mai conosciuti, veramente, no? Per lo meno, io non ti ho mai conosciuta. Ero troppo preso da quanto facevo e da quanto volevo fare. Non ho mai prestato una vera attenzione a te e ai tuoi problemi. Ti consideravo un problema, non una persona. E credo di essere venuto qui, stasera, per chiederti scusa.»

«Luke…» La voce della donna si interruppe. «Vuoi una tazza di caffè?»

«Capisco, ti sto mettendo in imbarazzo, Edith. Avrei voluto trattare l'intera faccenda con più tatto. Ma non ho molto tempo. Ed è impossibile agire con tatto, quando ci si presenta con un aspetto simile.»

«Questo non ha importanza» disse lei rapidamente. «E non me ne importa niente del tuo aspetto, quando so che sei tu. Vuoi del caffè?»

La voce dell'uomo era incerta.

«Bene, Edith. Grazie. Sembra che per noi sia impossibile non rimanere estranei, vero?»

«Che cosa ti fa credere… No. Hai ragione. Sto tentando disperatamente, ma non riesco a ingannare nemmeno me stessa. Vado a preparare il caffè.» Si udirono i suoi passi allontanarsi e scomparire in cucina.

L'uomo sospirò, e rimase seduto, da solo, nel soggiorno.

«Be', adesso che cosa pensi?» domandò Finchley. «Ti sembra questa l'Operazione Segretissima X-8, destinata a far saltare in aria Ginevra?»

«A me sembra un ragazzo, un liceale» rispose Rogers.

«Ha vissuto in un mondo isolato per tutta la sua vita. Tutti rimangono ragazzi, in queste faccende, se non hanno modo di crescere. Hanno una conoscenza che permetterebbe loro di dividere il mondo a spicchi come una arancia, eppure non sono più maturi di un sedicenne.»

«Non siamo qui per elaborare un nuovo sistema per trattare con gli scienziati. Siamo qui per scoprire se questo uomo è veramente Lucas Martino.»

«E lo abbiamo scoperto.»

«Abbiamo scoperto, forse, che un uomo molto intelligente può sfruttare al massimo le informazioni ottenute, unite a una buona conoscenza psicologica degli individui, per ingannare una donna che non ha visto il vero Martino da vent'anni.»

«Mi sembri un avvocato delle cause perse.»

«Non importa affatto quello che posso sembrare.»

«E perché credi che si comporti così, se non si tratta di Martino?»

«Vuole trovare un posto in cui rimanere. E una persona che possa lavorare per lui, mentre lui rimane al sicuro. Una base delle operazioni.»

«Gesù, Shawn, non ti arrendi mai?»