Per sempre.
Peter pensò a Spenser. A Susan Silverman. A Hawk. I romanzi di cui erano protagonisti gli piacevano. Ma quand’era stata l’ultima volta che Robert A. Parker aveva escogitato una situazione nuova in cui metterli, una nuova sfaccettatura delle loro personalità da esplorare?
Un secolo con Cathy.
Un millennio con Cathy.
Peter scosse il capo. No, la versione immortale non avrebbe capito. Era da escludere che l’immortalità portasse a situazioni stabili e permanenti. Al contrario. Vivere per sempre significava programmare continui cambiamenti. Conferiva una prospettiva delle cose basata sulla lunga distanza.
Peter annuì fra sé e premette il tasto funzione F3, selezionando il simulacro Control. Lui stesso, nient’altro che lui, senza tagli o modifiche. Il menu a schermo restò immutato.
— Sento un input telefonico, un segnale audio. C’è qualcuno? — disse il sintetizzatore vocale.
Peter si appoggiò allo schienale della poltrona. — Sono io, Peter Hobson.
— Oh — disse il simulacro. — Vuoi dire che sono io.
Peter inarcò un sopracciglio. — Qualcosa del genere.
La voce sintetica ridacchiò. — Non preoccuparti, io mi sono già abituato a essere il simulacro Peter Hobson, edizione di controllo. Ma tu… lo sai chi sei? Forse anche tu sei soltanto il simulacro di qualcun altro. — Peter-Control fischiettò la sigla di apertura di Ai Confini della Realtà… con un effetto musicale molto migliore di quel che il Peter in carne e ossa avrebbe mai saputo fare.
Lui rise. — Suppongo che non mi piacerebbe per niente se le nostre posizioni fossero invertite.
— Be’, non è poi così male — disse il simulacro. — Sto leggendo molto. Posso tenere in RAM fino a diciotto libri alla volta, e quando sono stanco di uno passo a un altro. Inoltre il processore di questa workstation è molto più veloce di un cervello chimico, così riesco a leggere assai più in fretta… ad esempio, ho finalmente trovato e letto tutte le opere di Thomas Pinchon, cosa che tu non hai mai fatto.
Era una simulazione notevole, rifletté Peter. Decisamente notevole. — Vorrei avere il tempo di leggere di più — ammise.
— Io vorrei potermi sbattere qualche femmina — disse il simulacro. Tutti abbiamo la nostra croce.
Peter si lasciò sfuggire un’altra risatina.
— Allora, perché mi hai fatto uscire dalla bottiglia? — domandò il simulacro.
Lui scrollò le spalle. — Non lo so. Per fare due chiacchiere, suppongo. — Una pausa. — Tu sei stato creato dopo che ho saputo di Cathy.
Non c’era bisogno che fosse più preciso. La voce artificiale disse, in tono cupo: — Già.
— Non ne ho ancora parlato con nessuno.
— Immaginavo che non l’avresti fatto.
— Davvero?
— Noi siamo una persona molto riservata — disse il simulacro, — se mi perdoni l’uso del singolare dove ormai c’è un plurale. A noi non piace rivelare i fatti nostri.
Peter annuì.
— Se ci sei, batti un colpo — disse il simulacro.
— Scusa. Dimenticavo che non puoi vedermi. Sono d’accordo con te.
— È ovvio. Senti, non ci sono molti consigli che io possa darti. Voglio dire, qualsiasi cosa io pensi probabilmente l’hai già pensata anche tu. Ma vale la pena di fare un tentativo. Ad esempio: detto fra noi, ascolta… tu ami ancora Cathy?
Peter restò in silenzio per parecchi secondi. — Non lo so. La Cathy che conoscevo… o almeno, quella che credevo di conoscere… non avrebbe mai fatto una cosa simile.
— Ma fino a che punto possiamo conoscere una persona, d’altronde?
Peter annuì di nuovo. — Vero. Scusa se uso il tuo caso come esempio, ma…
— Gli altri detestano quando fai così, lo sai.
— Così come?
— Quando usi loro come esempio. Tu hai sempre avuto il vezzo di usare quelli che hai a portata di mano per dimostrare qualcosa. «Scusa se uso il tuo caso come esempio, Bertha, ma quando uno è davvero molto sovrappeso…»
— Oh, andiamo. Non ho mai ferito Bertha facendole notare il suo peso così sgarbatamente. Lo sai benissimo.
— Sto esagerando per farti capire il punto; anche questa è un’altra nostra caratteristica che a non tutti piace. Ma tu hai capito cosa voglio dire: quando parli di un argomento per ipotesi, ci tiri dentro l’interlocutore usandolo come esempio. «Prendiamo il tuo caso, Jeff. Ricordi quando tuo figlio è stato arrestato per aver rubato una penna al supermarket? Mi chiedo se tu saresti stato così duro con un ragazzo giovane, in una situazione del genere.»
— Lo dico per dimostrare meglio qualcosa.
— Lo so. Ma agli altri non piace sentirsi tirare in ballo così.
— Be’, lo so anch’io, suppongo — disse Peter. — Ad ogni modo… — Si costrinse a tornare a ciò che stava dicendo, senza lasciarsi smontare: — Per usare come esempio ciò che Sarkar e io stiamo facendo: noi abbiamo creato modelli della mia mente. Modelli, tutto qui. Simulacri che sembrano funzionare come l’originale. Ma quando una persona reale costruisce una relazione sentimentale con un’altra persona…
— Ciascuno di loro ha veramente una relazione con un altro essere umano, oppure con un modello… un’immagine, una persona idealizzata che hanno costruito dentro la loro mente?
— Uh, già. Questo è ciò che volevo dire.
— Naturalmente. Scusa, Pete, ma sarà difficile che tu stupisca te stesso con la tua intelligenza. — La voce artificiale rise.
Peter era un po’ seccato. — Be’, è una domanda valida — insistè. — Io l’ho mai conosciuta davvero?
— In senso lato hai ragione; probabilmente non conosciamo a fondo nessuno. Ma Cathy è la persona che conosciamo meglio, al mondo. La conosciamo meglio di Sarkar, perfino meglio di mamma o di papà.
— Ma allora come ha potuto fare una cosa simile?
— Be’, lei non ha mai avuto una gran forza di volontà, come noi. È ovvio che quel bastardo di Hans ha fatto pressione su di lei.
— Ma lei avrebbe dovuto resistere a quel tipo di pressione.
— Garantito. Però non l’ha fatto. Ora, noi come dobbiamo reagire? Dobbiamo dare un taglio al più importante rapporto della nostra vita a causa di questo? Anche se a livello emotivo fosse facile quanto a quello razionale, te la senti di cercarti una donna come quand’eri ragazzo? Ricominciare a darsi appuntamenti, corteggiarla, vedersela con tutti i problemi che le girano attorno? Cristo, questo va bene solo per chi cerca il modo di complicarsi la giornata.
— Sembra che tu stia illustrando i vantaggi di un matrimonio di convenienza.
— Forse tutti i matrimoni lo sono, almeno in parte. Anche mamma e papà, come hai già avuto occasione di pensare, stanno insieme perché quella è semplicemente la soluzione più economica.
— Ma loro non hanno passato quel che abbiamo passato io e Cathy.
— Forse. Comunque, tu non hai risposto alla mia domanda. A noi individui binari piace avere risposte sì-o-no.
Per qualche momento Peter tacque. — Vuoi dire se la amo ancora? — Fece un sospiro. — Non lo so.
— Non potrai decidere nessuna linea di condotta finché non risolvi questo interrogativo.
— Non è così semplice. Anche se l’amassi, questo non impedirebbe che la stessa cosa succeda ancora. Da quando me l’ha detto non sono più riuscito a dormire bene. Ci penso continuamente. Tutto quello che faccio me lo ricorda. Mi basta vedere la sua macchina in garage e subito ripenso a quando Hans le ha chiesto un passaggio. Guardo il divano nel soggiorno e ci penso, perché ero seduto lì quando me l’ha confessato. Sento la parola «adulterio» o «rapporto sessuale» alla TV… Cristo, non m’ero mai accorto di quanto spesso le dicono… e questo mi ricorda ciò che succede a me. — Peter si appoggiò pesantemente allo schienale. — Non potrò dirmi che è acqua passata finché non sarò sicuro che resterà per sempre nel passato. Lei non è andata con quel figlio di puttana una volta sola, dopotutto. Ci è andata tre volte… tre volte in un periodo di alcuni mesi. Forse ogni volta era convinta che quella sarebbe stata l’ultima.