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Era una strana rassicurazione, agghiacciante, ma Elayne annuì. Non stava comportandosi da sciocca. Se solo il problema con l’Ajah Nera potesse risolversi così facilmente. Premette la coppa vuota sulla fronte per rinfrescarsi. Cosa avrebbero fatto?

7

Giocare con il fuoco

La mattina seguente con il sole appena sopra l’orizzonte, Egwene si presentò alle porte delle stanze di Rand, seguita da una Elayne dal passo strascicato. L’erede al trono indossava un abito di seta azzurro chiaro a maniche lunghe, tagliato alla moda di Tairen e tirato in basso dopo alcune discussioni. Un girocollo di zaffiri del colore del cielo intenso del mattino e una seconda fila intrecciata fra i riccioli rosso dorati esaltavano l’azzurro degli occhi. Malgrado il caldo umido, Egwene indossava una semplice sciarpa rossa, larga come uno scialle, attorno alle spalle. Era stata Aviendha a procurargliela, come anche gli zaffiri. Sorprendentemente, la donna aiel aveva una certa riserva di queste cose.

Anche se sapeva che erano lì, Egwene sobbalzò quando le guardie aiel si mossero con sorprendente immediatezza. Elayne si lasciò sfuggire una piccola esclamazione, ma velocemente li guardò con quel suo portamento regale che le riusciva tanto bene. Non sembrò fare alcun effetto su questi uomini abbronzati. I sei uomini erano Shae’en M’taal, Cani di Pietra, e sembravano rilassati per essere Aiel, vale a dire sembrava guardassero ovunque, pronti a scattare in qualsiasi direzione.

Egwene si raddrizzò imitando Elayne — desiderava riuscire a farlo bene come l’erede al trono — e annunciò: «Io... noi... vogliamo vedere come stanno le ferite del lord Drago.» La sua osservazione sarebbe stata assolutamente sciocca se gli Aiel avessero saputo qualcosa riguardo la guarigione, ma quella probabilità era molto piccola; poche persone ne sapevano qualcosa, e gli Aiel probabilmente meno degli altri. Non era intenzione di Egwene fornire spiegazioni sulla loro presenza in quel luogo — era abbastanza che le credessero Aes Sedai — ma quando gli Aiel sembrarono quasi sbucare dal marmo nero del pavimento, all’improvviso sembrò una buona idea. Non che stessero facendo qualche tentativo di bloccarle. Ma questi uomini erano tutti così alti, dai lineamenti duri, avevano quelle lance corte, gli archi di corno e sembrava che usarli per loro fosse naturale quanto respirare e almeno altrettanto facile. Con quegli occhi chiari che la guardavano così attentamente era fin troppo semplice rammentare storie di Aiel velati di nero, senza compassione o pietà, la guerra aiel dove uomini come questi avevano distrutto ogni esercito inviato contro di loro, ed erano tornati nel deserto solamente dopo aver combattuto le nazioni alleate fino all’arresto, durante tre giorni e tre notti bagnati di sangue dinnanzi Tar Valon. Fu molto vicina ad abbracciare saidar.

Gaul, il capo dei Cani di Pietra, le guardò con un atteggiamento di rispetto. Era un bell’uomo, dai lineamenti marcati, un po’ più grande di Nynaeve, con gli occhi verdi e chiari come gemme lucide, contornate da ciglia lunghe e scure. «Forse gli stanno dando fastidio. È di umore schifoso stamattina.» Gaul sorrise, un rapido lampo di denti bianchi per esprimere comprensione del malumore di un ferito. «Ha cacciato un gruppo di questi Sommi signori e uno lo ha gettato fuori dalla stanza di persona. Come si chiamava?»

«Torean» rispose un altro uomo, anche più alto. Aveva una freccia incoccata e teneva il corto arco di corno con una certa indifferenza. Posò per un attimo gli occhi grigi sulle due donne, quindi ricominciò a perlustrare le colonne dell’anticamera.

«Torean» concordò Gaul. «Credevo che sarebbe scivolato fino a quelle graziose statue...» Puntò la lancia verso l’anello di difensori immobili «...ma il lancio è stato troppo corto di tre passi. Ho perso un bell’arazzo di Tairen, tutto falchi ricamati in oro, per Mangin.» L’uomo più alto ebbe un fugace sorriso di soddisfazione.

Egwene batté gli occhi immaginando Rand che lanciava di peso un Sommo signore sul pavimento. Non era mai stato violento; ben lungi dall’esserlo. Quanto era cambiato? Egwene era stata troppo impegnata con Joiya e Amico, e lui con Moiraine, o Lan o i Sommi signori, per fare altro che parlarsi fugacemente, alcune parole su casa di tanto in tanto, su come poteva essere andato Bel Time quest’anno e come sarebbe stato il Giorno del Sole. Erano stati tutti incontri brevi. Quanto era cambiato?

«Dobbiamo vederlo» insisté Elayne, con un leggero tremito nella voce.

Gaul fece un inchino, appoggiando la punta di una lancia sul marmo nero. «Naturalmente, Aes Sedai.»

Fu con una certa trepidazione che Egwene entrò nelle stanze di Rand e l’espressione di Elayne era più che esplicita riguardo lo sforzo che le costavano quei pochi passi.

Non era rimasta alcuna conferma degli orrori della notte precedente, se non l’assenza di specchi; delle aree più chiare sui pannelli alle pareti denotavano i punti da dove gli specchi erano stati rimossi. Non che la stanza si avvicinasse all’ordine; c’erano libri ovunque, appoggiati su qualsiasi cosa, alcuni aperti, come abbandonati nel bel mezzo di una lettura, e il letto era ancora disfatto. Le tende cremisi erano aperte davanti a tutte le finestre rivolte a ovest, verso il fiume che era l’arteria di Tear e Callandor riluceva come cristallo lucidato su un grande piedistallo dorato di incomparabile vistosità. Egwene pensò che quel piedistallo fosse la cosa più brutta che avesse mai visto per ornare una stanza, fino a quando non notò i lupi d’argento che attaccavano con ferocia un cervo dorato appoggiato sulla mensola del camino. Una leggera brezza proveniente dal fiume manteneva la stanza sorprendentemente fresca rispetto al resto della Pietra.

Rand, in maniche di camicia, era seduto scompostamente su una sedia, con una gamba su un bracciolo e un libro rilegato in pelle appoggiato su un ginocchio. Quando sentì il rumore dei passi chiuse bruscamente il libro, lo lasciò cadere fra gli altri sul tappeto decorato con spirali, balzando in piedi pronto a litigare. L’espressione minacciosa scomparve dal viso non appena si accorse dei suoi ospiti.

Per la prima volta nella Pietra, Egwene cercò dei cambiamenti in Rand, e ne trovò.

Quanti mesi erano trascorsi da quando lo aveva visto l’ultima volta? Abbastanza perché il viso del ragazzo diventasse più duro, perché la franchezza di una volta svanisse. Si muoveva in maniera differente, un po’ come Lan, un po’ come gli Aiel. Con la sua altezza e i capelli rossicci, gli occhi che ora sembravano azzurri, ora grigi, a seconda di come prendevano la luce, assomigliava fin troppo agli Aiel, troppo per sentirsi a suo agio. Ma era cambiato anche interiormente?

«Pensavo foste... qualcun altro» borbottò, scambiando sguardi imbarazzati con le ragazze. Quello era il Rand che conosceva, anche il rossore che gli appariva sulle guance ogni volta che guardava lei, Elayne o entrambe. «Alcune... persone vogliono cose che non posso dare. Cose che non concederò.» Il sospetto crebbe sul viso di Rand con scioccante immediatezza, e il tono di voce si indurì. «Cosa volete? Vi ha mandate Moiraine? Dovreste convincermi a fare ciò che vuole?»

«Non essere idiota» inveì Egwene secca prima di pensare. «Non voglio che tu dia il via a una guerra.»

Elayne aggiunse in tono supplichevole: «Siamo venute a... ad aiutarti, se possiamo.» Quello era uno dei motivi e il più facile da esporre, avevano deciso a colazione.

«Siete al corrente dei piani di Moiraine per...» iniziò Rand rozzamente, quindi cambiò improvvisamente argomento. «Aiutarmi? Come? Questo è quello che sostiene Moiraine!»

Egwene incrociò severamente le braccia sotto al petto stringendo forte la sciarpa, nel modo in cui Nynaeve usava rivolgersi al Consiglio del Villaggio quando intendeva averla vinta, non importa quanto fossero testardi. Era troppo tardi per iniziare nuovamente; la sola cosa che poteva fare era proseguire come aveva iniziato. «Ti ho detto di non essere sciocco, Rand al’Thor. Potrai anche avere i Tarenesi che si inginocchiano ai tuoi piedi, ma ricordo quando Nynaeve ti fustigò per esserti fatto convincere da Mat a rubare una fiasca di acquavite di mele.» Elayne mantenne l’espressione attentamente composta. Troppo attentamente; per Egwene era chiaro che voleva sganasciarsi dalle risate.