Rand naturalmente non se ne era accorto. Gli uomini non lo facevano mai. Sorrise a Egwene e stava quasi per ridere anche lui. «Avevamo appena compiuto tredici anni. Ci trovò addormentati dietro la stalla di tuo padre, e la testa ci faceva così male che non sentimmo nemmeno i colpi.» La storia non era proprio come se la ricordava Egwene. «Non come quando le tirasti una scodella in testa. Ricordi? Ti aveva somministrato del tè di erbacane perché eri abbattuta da una settimana e non appena l’assaggiasti, le tirasti in testa la ciotola. Luce! gridasti. Quando accadde? Due anni fa, cre...»
«Non siamo qui per parlare dei vecchi tempi» puntualizzò Egwene, spostando irritata la sciarpa. Rand sorrise, come se sapesse a cosa stava pensando, e proseguì rasserenato. «Hai detto che siete qui per aiutarmi. Con cosa? Immagino non sappiate come far mantenere a un Sommo signore la parola data quando non lo sto fissando. O come fermare sogni indesiderati. Mi farebbe sicuramente comodo con...» Gli occhi di Rand balzarono su Elayne per poi tornare su Egwene, e cambiò di nuovo umore bruscamente. «Cosa sapete della lingua antica? L’avete imparata alla Torre Bianca?» Senza aspettare la risposta incominciò a scartabellare fra i volumi sparsi sul tappeto. Ce ne erano altri sulle sedie e fra le coperte del letto. «Ho una copia qui... da qualche parte... di...»
«Rand.» Egwene alzò la voce. «Rand, non posso leggere la lingua antica.» Egwene lanciò un’occhiata ammonitrice a Elayne, che non provasse ad ammettere una conoscenza simile. Non erano venute per tradurre le Profezie del Drago per lui. Gli zaffiri fra i capelli dell’erede al trono dondolarono mentre annuiva. «Dovevamo imparare altre cose.»
Rand si sollevò dai libri sospirando. «Era sperare troppo.» Per un momento sembrò sul punto di aggiungere altro, ma si fissò i piedi. Egwene si chiese come faceva a gestire i Sommi signori con tutta quella loro arroganza, se lei ed Elayne lo avevano scoraggiato così tanto.
«Siamo venute per aiutarti con l’incanalare» spiegò Egwene. «Con il Potere.» Ciò che sosteneva Moiraine in teoria era vero; una donna non poteva insegnare a un uomo a incanalare, come non poteva insegnargli a portare in grembo un bambino. Egwene non era sicura. Una volta aveva sentito qualcosa intessuto da saidin. O meglio, qualcosa che aveva bloccato i suoi flussi, con la stessa certezza con cui la pietra bloccava l’acqua. Ma Egwene aveva imparato molte cose fuori dalla Torre come dentro; e di certo qualcosa avrebbe potuto insegnargli, offrirgli qualche forma di guida.
«Se possiamo» aggiunse Elayne.
Il sospetto lampeggiò nuovamente sul viso di Rand. Era snervante la facilità con la quale cambiava umore. «Ho più possibilità di leggere la lingua antica che voi di... Siete sicure che questa non sia opera di Moiraine? Vi ha mandate lei qui? Crede di riuscire a convincermi con qualche manovra accerchiante, vero? Qualche contorto complotto Aes Sedai di cui non mi accorgerò fino a quando non vi sarò invischiato del tutto?» Grugnì amareggiato e raccolse una giubba verde scuro dal pavimento dietro una sedia, indossandola rapidamente. «Ho acconsentito a incontrare qualche altro Sommo signore questa mattina. Se non li tengo d’occhio, troveranno il modo di aggirare il mio volere. Impareranno, presto o tardi. Adesso sono io a governare Tear. Il Drago Rinato. Glielo insegnerò. Dovete scusarmi ora.»
Egwene voleva scuoterlo. Governava Tear? Be’, forse lo faceva, ma lei ricordava un ragazzo con un agnello infilato sotto la giacca, fiero come un gallo perché aveva cacciato il lupo che voleva catturarlo. Era un pastore, non un re, e anche se aveva motivo di darsi tante arie, non era bello che lo facesse.
Stava quasi per dirglielo, ma prima che vi riuscisse Elayne parlò fieramente. «Nessuno ci ha mandate. Siamo venute perché... perché ci importa di te. Forse non funzionerà, ma puoi provarci. Se io... se a noi importa abbastanza da provare, allora puoi farlo anche tu. È così irrilevante per te che non puoi nemmeno dedicarvi un’ora? Per la tua vita?»
Rand smise di abbottonarsi la giubba, fissò l’erede al trono così attentamente che per un istante Egwene pensò che avesse dimenticato la sua presenza. Scosso dai brividi Rand distolse lo sguardo. Lanciò un’occhiata a Egwene, cambiò posizione e scrutò cupo il pavimento. «Farò un tentativo» borbottò. «Non servirà a nulla, ma proverò... Cosa volete che faccia?»
Egwene esalò un respiro profondo. Non credeva che convincerlo sarebbe stato così facile; Rand era sempre stato come un masso conficcato nel fango quando decideva di puntare i piedi, cosa che faceva fin troppo spesso.
«Guardami» rispose Egwene abbracciando saidar. Lasciò che il Potere la colmasse al massimo, anche più del solito, accettandone ogni goccia che poteva trattenere; era come se la luce inondasse ogni particella del suo corpo, come se la Luce stessa riempisse ogni recesso. La vita sembrò esploderle dentro come un fuoco d’artificio. Non aveva mai attinto così tanto potere prima d’ora. Fu un colpo accorgersi che non stava fremendo; certamente non poteva sopportare questa gloriosa dolcezza. Voleva dilettarsi con essa, danzare e ballare, limitarsi a giacere e a lasciarla scorrere attraverso il corpo, su di lei. Si costrinse a parlare. «Cosa vedi? Cosa provi? Guardami, Rand!»
Rand sollevò la testa lentamente, ancora accigliato. «Vedo te. Cos’altro dovrei vedere? Stai toccando la Fonte? Egwene, Moiraine ha incanalato nelle mie vicinanze centinaia di volte, e non ho mai visto nulla. Tranne quel che faceva. Non funziona a quel modo. Anche io lo so.»
«Sono più forte di Moiraine» puntualizzò Egwene con fermezza. «Adesso sarebbe distesa al suolo a piagnucolare, o forse svenuta, se cercasse di attingere tanto Potere quanto ne sto trattenendo io in questo momento.» Era vero, anche se non aveva mai valutato le capacità dell’Aes Sedai a questo modo prima d’ora.
Il Potere gridava per essere usato, pulsava attraverso la ragazza più forte del battito del cuore. Con questa quantità di Potere, sarebbe stata in grado di fare cose che Moiraine non poteva nemmeno sognarsi. La ferita nel fianco di Rand che non era in grado di guarire completamente. Egwene non conosceva la guarigione — era considerevolmente più complessa di qualsiasi altra cosa avesse mai fatto — ma aveva osservato Nynaeve guarire gli altri e forse, con questa grande pozza di Potere che la colmava, poteva studiare un modo di guarirlo. Naturalmente non farlo, solo osservare.
Con molta cautela intessé dei flussi d’Aria, Acqua e Spirito sottili come capelli, i Poteri usati nella guarigione, e cercò di investigare la vecchia ferita di Rand. Un solo tocco, e la ragazza indietreggiò, scossa dai brividi, ritraendo bruscamente la tessitura di flussi; aveva lo stomaco a soqquadro, come se ogni pasto che aveva mangiato in tutta la vita volesse tornarle su. Sembrava che tutta l’oscurità del mondo riposasse nel fianco di Rand, tutto il male del mondo concentrato in una piaga in suppurazione coperta solo da un sottile strato di tessuto cicatrizzato. Una cosa come quella avrebbe assorbito i flussi della guarigione come gocce d’acqua sulla sabbia arida. Come faceva Rand a sopportarne il dolore? Perché non piangeva?
Dal primo pensiero all’azione passarono solo pochi attimi. Scossa e nascondendolo disperatamente, proseguì senza una pausa. «Sei forte come noi. Lo so, devi esserlo. Cerca di percepire, Rand. Cosa senti?» Luce, cosa la può guarire? C’è qualcosa in grado di farlo? pensò Egwene.
«Non percepisco nulla» mormorò Rand, cambiando posizione. «Pelle d’oca. E non mi meraviglia. Non è che non mi fido di te, Egwene, ma non posso fare a meno di essere nervoso con una donna che incanala intorno a me. Scusami.»
Egwene non si prese la briga di spiegargli la differenza fra incanalare e limitarsi ad abbracciare la Vera Fonte. C’era così tanto che Rand non sapeva, anche a confronto con la sua scarsa conoscenza. Era un uomo cieco che cercava di usare un telaio solo con il tatto, senza alcuna idea dei colori, dei fili, o anche di come fosse fatto il telaio.