Con uno sforzo Egwene rilasciò saidar. Parte di lei voleva gridare per la perdita. «Non sto toccando la Fonte in questo momento, Rand.» Si avvicinò di un passo e lo scrutò. «Senti ancora la pelle d’oca?»
«No, ma solamente perché me lo hai detto.» Rand scosse inaspettatamente le spalle. «Vedi? Ho ricominciato a pensarci e mi è tornata la pelle d’oca.»
Egwene sorrise trionfante. Non ebbe bisogno di voltarsi verso Elayne per avere conferma di ciò che aveva già percepito, la parte che avevano concordato in precedenza su questo punto. «Puoi percepire quando una donna abbraccia la Fonte, Rand. Elayne lo sta facendo in questo momento.» Rand guardò con sospetto l’erede al trono. «Non importa cosa vedi o non vedi. Lo senti. Almeno sappiamo questo, ora. Vediamo cos’altro riusciamo a scoprire. Rand, abbraccia la Fonte. Abbraccia saidin.» Le parole sgorgarono roche. Avevano concordato anche questa parte, lei ed Elayne. Quello era Rand, non un mostro delle favole, ed erano d’accordo; eppure, chiedere a un uomo di... Il fatto sorprendente era essere riuscita a pronunciare le parole. «Vedi qualcosa?» chiese a Elayne. «O percepisci qualcosa?»
Rand ancora distribuiva sguardi fra le due ragazze, fissando il suolo negli intervalli e, a volte, arrossendo. Perché era così scoraggiato? Fissandolo attentamente, l’erede al trono scosse il capo.
«Potrebbe benissimo essere fermo immobile, per quanto ne so. Sei certa che stia facendo qualcosa?»
«Può essere ostinato, ma non è uno sciocco. Almeno, non lo è la maggior parte delle volte.»
«Be’, ostinato, sciocco o altro, non sento nulla.»
Egwene guardò cupa Rand. «Hai detto che avresti fatto quello che chiedevamo, Rand. Lo stai facendo? Se hai percepito qualcosa, allora adesso dovrei percepirla io e non...» Si interruppe con uno strillo improvviso. Qualcosa le aveva pizzicato le natiche. Rand serrò le labbra, cercando chiaramente di reprimere un sorriso malizioso. «Quello» osservò Egwene acida «non è stato affatto carino.»
Rand cercò di mantenere un’espressione innocente, ma gli scappò un sorriso. «Hai detto che volevi sentire qualcosa e ho solo pensato che...» Il grido improvviso di Rand fece saltare Egwene. Mettendosi una mano sulla natica sinistra, zoppicò intorno dolorante. «Sangue e ceneri, Egwene! Non c’era bisogno di...» ridusse la protesta a lamenti inaudibili che Egwene fu felice di non capire. Egwene colse l’occasione per sventolarsi con la sciarpa, e scambiò un piccolo sorriso con Elayne. Il bagliore intorno l’erede al trono svanì. Si misero quasi a ridacchiare quando si sfiorarono furtivamente. Gli sarebbe servito di lezione. Cento a uno, considerò Egwene.
Rivolgendosi nuovamente a Rand, assunse un’espressione severa. «Mi sarei aspettata una cosa simile da Mat. Pensavo che almeno tu fossi cresciuto. Siamo venute qui per aiutarti, se possiamo. Cerca di cooperare. Fai qualcosa con il Potere, qualcosa che non sia infantile. Forse quello saremo in grado di percepirlo.»
Incurvato, le fissò furioso. «Fa’ qualcosa» borbottò. «Non avevi il diritto di... zoppicherò per... vuoi che faccia qualcosa?»
All’improvviso Egwene fluttuò in aria, e anche Elayne; le due ragazze si fissarono, gli occhi sgranati, mentre galleggiavano a un passo dal tappeto. Egwene non avvertiva, o vedeva, nulla. Serrò le labbra. Rand non aveva il diritto di farle questo. Nessuno ne aveva il diritto, ed era il momento di dargli una lezione. Lo stesso tipo di schermo che aveva tagliato Joiya dalla Fonte avrebbe fermato anche lui; le Aes Sedai lo usavano su quei pochi uomini che scoprivano in grado di incanalare. Si dischiuse a saidar — e lo stomaco si contrasse. Saidar era lì — poteva percepirne il calore e la luce, ma fra lei e la Vera Fonte c’era qualcosa, il niente, un’assenza che la escludeva dalla Fonte come un muro di pietra. Si sentì vuota, fino a quando non fu colmata dal panico. Un uomo stava incanalando, e lei era presa in quell’azione. Naturalmente si trattava di Rand, ma ciondolando come un cestino, inerme, tutto quello che le veniva in mente era un uomo che incanalava, e la contaminazione di saidin. Cercò di gridargli qualcosa, ma tutto quello che le uscì dalla bocca fu un gracidio.
«Vuoi che faccia qualcosa?» gridò Rand. Due tavolini piegarono le zampe rozzamente, il legno scricchiolò, e incominciarono a muoversi nella parodia di una danza.. «Ti piace questo?» Il fuoco si accese nel camino riempiendolo da un lato all’altro, bruciando sulla pietra priva di ceneri. «O questo?» La scultura con i lupi e il cervo sulla mensola del camino cominciò a sciogliersi e afflosciarsi. Piccoli rivoli d’argento e oro fluivano dalla massa, colando in fili brillanti, serpeggianti, che si intrecciavano in una piccola pezza di metallo; la striscia di tessuto luccicante rimaneva sospesa in aria mentre cresceva, le sommità ancora unite alla statuetta che si scioglieva lentamente sulla mensola di pietra. «Fai qualcosa» ripeté Rand. «Fa’ qualcosa! Avete la più pallida idea di cosa significhi toccare saidin, mantenerlo? Lo sapete? Posso percepire la pazzia in attesa, che mi filtra nel corpo!»
Di colpo i tavolini danzanti esplosero in fiamme come torce, sempre danzando; i libri rotearono in aria, con le pagine svolazzanti, il materasso esplose, facendo piovere le piume in tutta la stanza come neve. Le piume che cadevano sul fuoco riempirono la stanza con un forte fetore fuligginoso.
Per un momento Rand fissò i tavoli in fiamme con occhi selvaggi. Quindi qualsiasi cosa stesse trattenendo Egwene ed Elayne svanì assieme allo schermo, e toccarono il tappeto nello stesso momento in cui le fiamme si estinguevano, come risucchiate nel legno che stavano consumando. Anche quelle nel camino si ritirarono, e i libri caddero in terra più disordinatamente di prima. La striscia di oro e argento cadde al suolo, assieme ai filamenti di metallo fuso, non più liquido o caldo. Solo tre grossi pezzi, due d’argento e uno d’oro, rimanevano sulla mensola del camino, freddi e irriconoscibili.
Egwene era caduta addosso a Elayne. Si abbracciarono per sostenersi, ed Egwene sentì l’altra fare esattamente quel che stava facendo lei, abbracciare saidar il più velocemente possibile. In pochi momenti Egwene aveva preparato uno schermo da lanciare attorno a Rand in caso le fosse anche solo sembrato che stesse incanalando, ma il ragazzo stava in piedi stordito, fissando i tavolini carbonizzati con le piume che ancora gli svolazzavano intorno, punteggiandogli la giubba.
Adesso non sembrava pericoloso, ma la stanza era certamente un disastro. Egwene intrecciò sottili flussi di Aria per raccogliere tutte le piume che svolazzavano e quelle già sul tappeto. Come se fosse stato un pensiero secondario, aggiunse anche quelle sulla giubba di Rand. Il resto poteva farlo sistemare alla majhere, o occuparsene lui.
Rand sussultò mentre le piume gli volavano vicino per posarsi sul materasso ridotto a brandelli. Non eliminò l’odore di piume e legno bruciati, ma almeno la stanza era pulita, e la brezza che proveniva dalle finestre aperte già stava riducendo il fetore.
«La majhere potrebbe non darmi un nuovo materasso» osservò con una risata tesa. «Un materasso al giorno probabilmente è più di quanto è disposta a...» Evitò di guardare Egwene o Elayne. «Mi dispiace. Non volevo... A volte scorre selvaggiamente. A volte non c’è nulla che mi aspetta quando mi protendo, e altre volte fa cose che non vorrei... mi dispiace. Forse fareste meglio ad andare via. Sembra che ripeta questa frase molto spesso.» Arrossì nuovamente e si schiarì la gola. «Non sto toccando la Fonte, ma forse sarebbe meglio se andaste via.»
«Non abbiamo ancora finito» rispose gentilmente Egwene. Più gentilmente di quel che sentiva — voleva tirarlo per le orecchie; la sola idea di sollevare lei a quel modo, schermandola, ed Elayne — ma Rand era al limite. Di cosa, non lo sapeva, e non voleva scoprirlo, non ora, non qui. Dopo tanto clamore sulla loro forza — tutte sostenevano che lei ed Elayne sarebbero state fra le Aes Sedai più forti, se non ‘le’ più forti da mille anni o più — aveva supposto che fossero forti come Rand. Almeno vicine. Era appena stata duramente disingannata. Forse Nynaeve poteva avvicinarsi, se abbastanza arrabbiata, ma Egwene sapeva di non poter fare ciò che Rand aveva appena compiuto, separare i flussi in così tante direzioni, facendo così tante cose simultaneamente. Lavorare due flussi al contempo era molto più difficile che lavorarne uno della stessa vastità, e con tre era molto più difficile che con due. Rand probabilmente ne aveva intessuti una dozzina. Non sembrava nemmeno stanco, eppure l’applicazione del Potere richiedeva energia. Egwene temeva fortemente che Rand avrebbe potuto manovrare lei ed Elayne come due gattini. Bestiole che Rand poteva decidere di annegare, se impazziva.