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Quindi si passò le dita fra i capelli e borbottò fra sé. Ciò di cui aveva bisogno era sua madre che lo tirasse per l’orecchio per fargli un lungo discorso. Egwene poteva essere paziente quando voleva. Non avrebbe detto una parola prima di lui, a costo di scoppiare.

Il corridoio sfociò in un balcone circondato da colonne di marmo bianco che guardava su uno dei giardini della Pietra. Dei grandi fiori bianchi coprivano alcuni piccoli alberi dalle foglie ceree ed emanavano un profumo anche più dolce dei cespugli di rose rosse e gialle. Una brezza oscurata dalle nuvole non riuscì a far muovere gli arazzi sul muro interno, ma interruppe la crescente umidità del mattino. Mat si sedette sull’ampia balaustra con la schiena appoggiata a una colonna e un piede davanti a sé, sul davanzale. Guardando giù nel giardino, alla fine disse «Ho... bisogno di un consiglio.»

Mat voleva un consiglio da lei? Lo guardò stralunata. «Qualsiasi cosa posso fare per aiutarti» rispose debolmente. Mat si voltò verso Egwene, la quale fece del suo meglio per assumere un contegno simile alla calma delle Aes Sedai. «Su cosa vuoi un consiglio?»

«Non lo so.»

Era un volo di dieci passi fino al giardino. E poi c’erano uomini che sarchiavano fra le rose. Se lo avesse spinto, avrebbe potuto atterrare su uno di loro. Su un giardiniere, non su un bocciolo di rosa. «Allora come faccio a consigliarti?» osservò.

«Sto... cercando di decidere cosa fare.» Sembrava imbarazzato; dal suo punto di vista, ne aveva diritto.

«Mi auguro tu non stia pensando di partire. Sai quanto sei importante. Non puoi sfuggirle, Mat.»

«Credi che non lo sappia? Non penso che riuscirei ad andare via anche se Moiraine mi dicesse che posso. Credimi, Egwene, non sto andando da nessuna parte. Voglio solo sapere cosa accadrà.» Scosse seccamente la testa e la voce divenne tesa. «Quale sarà il prossimo evento? Che cosa c’è in questi buchi della memoria? Ci sono fatti della mia vita che non sono nemmeno lì; non esistono, come se non fossero mai accaduti! Perché mi ritrovo a fare discorsi senza senso? La gente dice che si tratta della lingua antica, ma per me è uno starnazzare d’oca. Voglio sapere, Egwene. Devo sapere, prima di impazzire come Rand.»

«Rand non è pazzo» rispose Egwene automaticamente. Così Mat non stava cercando di scappare via. Quella era una sorpresa piacevole; non sembrava che Mat credesse nelle responsabilità. Ma c’erano dolore e preoccupazione nella sua voce. Mat non si preoccupava mai, o non lasciava che gli altri se ne accorgessero. «Non conosco le risposte, Mat» espose gentilmente Egwene. «Forse Moiraine...»

«No!» Fu in piedi in un baleno. «Niente Aes Sedai! Voglio dire... Tu sei diversa. Ti conosco, e non sei... Non vi insegnano nulla nella Torre, qualche trucco o altro, qualcosa di utile?»

«Oh, Mat, mi dispiace. Mi dispiace.»

La risata del ragazzo le ricordò la loro infanzia. Anche allora aveva sempre riso quando le sue più grandi aspettative venivano deluse. «Ah, be’, non importa. Sarebbe sempre qualcosa che viene dalla Torre, anche se di seconda mano. Senza offesa per te.» Allo stesso modo si era lamentato di una scheggia in un dito per poi trattare una gamba rotta come se non fosse nulla.

«Ci potrebbe essere un sistema» proseguì Egwene lentamente. «Se Moiraine dice che va bene. Potrebbe.»

«Moiraine! Hai sentito una parola di quello che ho detto? L’ultima cosa che voglio è che Moiraine si immischi. Che sistema?»

Mat era sempre stato avventato. Ma non voleva niente di più di Egwene, voleva sapere. Se solo avesse mostrato un po’ di senso e cautela per una volta. Una donna tarenese di passaggio con le trecce scure avvolte attorno al capo e le spalle nude su di un abito di lino giallo fletté leggermente le ginocchia, guardandoli priva di espressione; proseguì velocemente, con la schiena rigida. Egwene la guardò finché non fu oltre la portata d’orecchio, e furono nuovamente soli. A meno di non considerare i giardinieri, nove metri più in basso. Mat la fissava colmo di aspettativa.

Alla fine Egwene gli raccontò del ter’angreal, la soglia ritorta che aveva risposte dall’altro lato. Enfatizzò i pericoli, le conseguenze delle domande sciocche, o quelle che riguardavano l’Ombra, i pericoli che nemmeno l’Aes Sedai poteva conoscere. Egwene era più che lusingata che si fosse recato da lei, ma doveva mostrarle un po’ di buon senso. «Devi ricordartelo, Mat. Domande frivole potrebbero costarti la vita, per cui se lo userai, per una volta dovrai essere serio. E non devi porre domande che riguardano l’Ombra.»

Mat l’aveva ascoltata con crescente incredulità. Quando ebbe finito, esclamò: «Tre domande? Entri come Bili, immagino, vi trascorri una notte e ne riesci dopo dieci anni con una borsa che è sempre piena d’oro e una...»

«Per una volta in vita tua, Matrim Cauthon,» scattò Egwene «non parlare come uno sciocco. Sai molto bene che i ter’angreal non sono favole. Devi stare attento ai pericoli. Forse le risposte che cerchi sono dentro questo oggetto, ma non devi provare prima che Moiraine ti dia il permesso. Devi promettermelo, o ti garantisco che ti porterò da lei come una trota appesa al filo. Lo sai che posso.»

Mat sbuffò sonoramente, «Sarei uno sciocco se non ci provassi, non importa quel che dice Moiraine. Camminare dentro un maledetto ter’angreal? È il minimo che farò con il maledetto Potere, niente più. Puoi togliertelo dalla testa.»

«È la sola possibilità che conosco, Mat.»

«Non per me, non lo è» esclamò con fermezza. «Nessuna possibilità è meglio di quello.»

Malgrado il tono di voce, Egwene voleva abbracciarlo. Solo che probabilmente Mat avrebbe fatto qualche battuta a sue spese e avrebbe cercato di darle una pacca sul sedere. Ma era andato da lei per avere aiuto. «Mi dispiace, Mat. Cosa farai?»

«Oh, giocherò a carte, immagino. Se qualcuno vorrà giocare con me. O giocherò a dama con Thom. A dadi nelle taverne. Posso ancora raggiungere la città.» Lo sguardo di Mat deviò su una domestica, una ragazza slanciata con gli occhi scuri, circa della sua età. «Troverò qualcosa per guadagnare tempo.»

La mano di Egwene le prudeva per il desiderio di dargli uno schiaffo, invece disse con cautela: «Mat, non stai sul seno pensando di andartene, vero?»

«Lo diresti a Moiraine, se così fosse?» Sollevò una mano per bloccarla. «Be’, non ce n’è bisogno. Ti ho detto che non lo avrei fatto. Non farò finta di non volerlo, ma non fuggirò. È abbastanza per te?» Un’espressione pensierosa apparve sul volto di Mat. «Egwene, desideri mai essere di nuovo a casa? Che niente di tutto questo fosse mai accaduto?»

Era una domanda sorprendente, venendo da lui, ma conosceva come avrebbe risposto. «No. Perfino con tutto quello che è successo, no. E tu?»

«Sarei uno sciocco allora, vero?» rise. «Mi piacciono le città, e questa ora andrà bene. Mi accontenterò. Egwene, non parlerai a Moiraine di tutto questo, vero? Di me che ti ho chiesto aiuto e tutto?»

«Perché dovrei?» chiese Egwene sospettosamente. Dopo tutto era Mat.

Mat sollevò le spalle imbarazzato. «Mi sono tenuto alla larga da lei più di quanto ho... In ogni caso, sono rimasto lontano, specialmente quando voleva indagare nella mia testa. Potrebbe pensare che mi sto indebolendo. Non glielo dirai, vero?»

«Non glielo dirò, se mi prometti che non ti avvicinerai al ter’angreal senza chiederle il permesso. Non avrei nemmeno dovuto parlartene.»

«Lo prometto.» Mat le sorrise. «Non mi avvicinerò a quella cosa a meno che la mia vita non dipenda da essa. Lo giuro.» Terminò la frase con un tono di solenne presa in giro.

Egwene scosse il capo. Per quanto tutto cambiasse, Mat non sarebbe mai cambiato.

9

Decisioni

Trascorsero tre giorni di calore e umidità che sembrarono assorbire anche la forza dei Tarenesi. La città aveva rallentato a un passo letargico, la Pietra strisciava. La servitù lavorava quasi addormentata; la majhere straziava le trecce avvolte attorno alla testa in segno di frustrazione, ma nemmeno lei riusciva a trovare l’energia per colpire le nocche o un orecchio con un dito forte. I difensori della Pietra si accasciavano sulle loro postazioni come candele mezze squagliate e gli ufficiali mostravano più interesse per il vino freddo che per le ronde. I Sommi signori se ne restavano prevalentemente nei loro appartamenti, dormendo nelle ore più calde del giorno, e alcuni avevano lasciato la Pietra per il fresco relativo delle loro residenze lontano a est, sulle pendici della Dorsale del Mondo. Insolitamente solo gli stranieri, che soffrivano il caldo più di tutti, tiravano avanti con le loro vite come sempre, se non più duramente. Per loro, il forte caldo non pesava come le ore che passavano veloci.