Quella era la disputa per la Pietra. O di quella per la vita di Rand. Le battaglie esplodevano, si spostavano lentamente dal punto dove erano iniziate, o morivano quando una delle controparti cadeva. Gli uomini non combattevano solamente Trolloc o Myrddraal. Combattevano altri uomini; c’erano Amici delle Tenebre che fiancheggiavano la progenie dell’Ombra, tipi vestiti rozzamente che assomigliavano a ex soldati e rissaioli di taverna. Sembravano spaventati dai Trolloc come i Tarenesi, ma uccidevano altrettanto indiscriminatamente, quando potevano. Per due volte Rand vide i Trolloc combattere altri Trolloc. Poteva solo supporre che i Myrddraal avessero perso il controllo delle creature e la loro brama di sangue avesse preso il sopravvento. Se volevano uccidersi fra loro, glielo lasciava fare.
Poi, nuovamente solo, ancora una volta alla ricerca, corse dietro un angolo, dritto contro tre Trolloc, ognuno largo il doppio e alto una volta e mezzo lui. Una delle bestie, con il becco d’aquila che spuntava da un volto umano, stava strappando il braccio dal corpo di una nobildonna tarenese mentre gli altri due guardavano con bramosia leccandosi le labbra. I Trolloc mangiavano di tutto, purché fosse carne. Difficile dire se Rand fosse più sorpreso di loro, ma fu comunque il primo a riprendersi.
Quello con il becco d’aquila cadde, cotta di maglia e stomaco entrambi squarciati. La figura di scherma chiamata la lucertola fra i rovi sarebbe dovuta bastare per gli altri due, ma quel primo Trolloc abbattuto che ancora si dibatteva aveva parzialmente scalciato un piede di Rand, facendolo barcollare, e la lama di conseguenza aveva solamente sfiorato la cotta di maglia del bersaglio proprio sul percorso dell’altro Trolloc, mentre cadeva con il muso di lupo che azzannava a vuoto. Rand rimase schiacciato sulle mattonelle di pietra sotto il peso della creatura che gli aveva intrappolato il braccio e la spada allo stesso modo. Quello ancora in piedi sollevò l’ascia chiodata con un’espressione prossima al sorriso, per quanto gli fosse consentito dal muso e dalle zanne di cinghiale. Rand lottava per liberarsi, per respirare.
Una spada falciforme ricurva spaccò quel muso fino al collo.
Liberando con forza la lama, un quarto Trolloc snudò denti caprini contro di lui in un ringhio. Quindi balzò via, con gli zoccoli affilati che ticchettavano sulle mattonelle.
Rand si alzò da sotto al peso morto del Trolloc mezzo intontito. Un Trolloc mi ha salvato? Un Trolloc? si chiese. Il sangue delle bestie lo copriva, denso e scuro. Lontano, in fondo al corridoio, nella direzione opposta a quella in cui era fuggito il Trolloc con le corna da caprone, una luce azzurra e bianca lampeggiò mentre due Myrddraal sopraggiungevano.
Combattendo tra loro in una visione confusa, assomigliavano a molle in moto perpetuo. Uno costrinse l’altro verso un corridoio che incrociava quello principale e la luce lampeggiante svanì dalla visuale. Sono pazzo. È l’unica spiegazione. Sono pazzo e questo è una sorta di sogno folle, pensò.
«Stai rischiando tutto, correndo in giro selvaggiamente con quella... quella spada.»
Rand si voltò e vide Lanfear. Aveva di nuovo ripreso le sembianze della ragazza, non più grande di lui, forse addirittura più giovane. Sollevò la gonna bianca per scavalcare il corpo straziato di una dama tarenese; per l’emozione che mostrava in volto, poteva benissimo essere un ceppo di legno.
«Hai costruito un rifugio di ramoscelli» proseguì «quando potresti avere un palazzo di marmo solamente schioccando le dita. Avresti potuto avere le loro vite e qualunque anima posseggano i Trolloc con il minimo sforzo, e invece ti hanno quasi ucciso. Devi imparare. Unisciti a me.»
«Questo era opera tua?» chiese Rand. «Quel Trolloc che mi ha salvato? Quei Myrddraal? Lo era?»
Lanfear lo soppesò un momento prima di scuotere il capo con rincrescimento. «Se me ne prendo il merito te lo aspetterai nuovamente e potrebbe essere mortale. Nessuno degli altri sa di preciso da quale lato mi schiero e mi piace che resti così. Non puoi aspettarti nessuna forma di aiuto aperto da parte mia.»
«Aspettarmi il tuo aiuto?» gridò Rand. «Tu vuoi che mi converta all’Ombra. Non puoi farmi dimenticare cosa sei con queste tenere parole.» Rand incanalò, e la donna andò a sbattere contro un quadro appeso al muro abbastanza forte da sbuffare. La mantenne in quella posizione, le braccia distese come ali di un’aquila in una scena di caccia, i piedi sollevati da terra e la gonna candida spiegata e svolazzante. Come aveva fatto a bloccare Egwene ed Elayne? Doveva ricordarselo.
Di colpo Rand volò lungo il corridoio per andare a colpire il muro di fronte a Lanfear, schiacciato come un insetto da qualcosa che gli permetteva appena di respirare.
Lanfear invece non sembrava avere problemi. «Qualunque cosa tu possa fare, Lews Therin, anche io posso. E meglio.» Inchiodata al muro com’era, non sembrava per nulla turbata. Il baccano del combattimento sorse da qualche parte intorno a loro, quindi svanì mentre la battaglia procedeva altrove. «Hai usato parzialmente una frazione infinitesimale di ciò che sei capace di fare, e voltato le spalle a ciò che ti permetterebbe di schiacciare tutti i tuoi nemici. Dov’è Callandor, Lews Therin? Ancora nella tua camera da letto come un inutile arredo? Credi che la tua sia l’unica mano che possa impugnarla adesso che l’hai liberata? Se Sammael si trova qui, la prenderà e la userà contro di te. Anche Moghedien la prenderebbe solamente per impedirti di usarla; potrebbe guadagnarci molto barattandola con un qualsiasi Prescelto maschio.»
Rand si dibatté contro ciò che lo tratteneva; non poteva muovere altro che la testa, da una parte all’altra. Callandor nelle mani di un Reietto. Il pensiero lo aveva fatto mezzo impazzire dalla paura e dalla frustrazione. Incanalò cercando di investigare ciò che lo tratteneva, ma poteva benissimo non esserci nulla da investigare. All’improvviso la barriera scomparve; barcollò lontano dal muro, sempre combattendo prima di accorgersi che era libero. E non l’aveva fatto da solo.
Guardò Lanfear. Era ancora sospesa contro il muro, con aria di sufficienza, come se stesse prendendo un po’ d’ossigeno o facendo una passeggiata. Stava cercando di calmarlo, di raggirarlo per ammorbidirlo nei suoi confronti. Rand esitò sui flussi che trattenevano la donna. Se li legava e la lasciava dov’era avrebbe potuto abbattere metà della Pietra nel tentativo di liberarsi, se un Trolloc di passaggio non l’avesse uccisa credendo che fosse una degli abitanti della Pietra. Quest’ultima parte non avrebbe dovuto preoccuparlo — non la morte di una Reietta — ma l’idea di lasciare una donna o chiunque altro in balia dei Trolloc lo repelleva. Un’occhiata alla sua compostezza per nulla turbata lo liberò da quel pensiero. Nessuno e niente nella Pietra le avrebbe fatto del male finché poteva incanalare. Se riusciva a trovare Moiraine per bloccarla...
Ancora una volta Lanfear decise per lui. L’impatto dei flussi recisi lo scosse e la donna cadde con leggerezza al suolo. Rand la fissava mentre si allontanava dal muro, lisciandosi con calma la gonna. «Non puoi farlo» esclamò scioccamente, e Lanfear sorrise.
«Non ho bisogno di vedere un flusso per dipanarlo, se so di che cosa si tratta e dove si trova. Vedi, hai molto da imparare. Mi piaci così. Eri sempre troppo rigido e sicuro di te stesso per essere piacevole. Era sempre meglio quando eri un po’ incerto dei tuoi passi. Allora, ti stai dimenticando Callandor?»
Rand ancora esitava. Una dei Reietti si trovava di fronte a lui e non c’era assolutamente nulla che potesse fare. Voltandosi andò subito a prendere Callandor. La risata di Lanfear sembrò seguirlo.