— Non avete metodi contraccettivi? Se non li avete, sono sicuro che Lablok potrebbe studiarne alcuni per voi.
— No, no. Abbiamo molti metodi per il controllo delle nascite.
— Efficaci?
— Sì.
— Dolorosi?
— Dolorosi? No, certo.
— I Wreed direbbero allora che l’aborto non dovrebbe essere una questione morale perché la semplice precauzione ovvierebbe alla necessità di discuterne, eccezion fatta per alcuni casi inusuali. Se si può facilmente scegliere di non restare incinta, allora questo è senz’altro il corretto esercizio della scelta. Se si può scansare un difficile problema morale, come stabilire il momento d’inizio della vita, perché non limitarsi a evitarlo?
— Ci sono casi di stupro e di incesto.
— Incesto?
— Accoppiamento nell’ambito familiare.
— Ah. Senza dubbio saranno eventi eccezionali. Forse la migliore lezione morale da noi appresa dalla frequentazione con i Wreed è che i principi generali non dovrebbero basarsi su casi eccezionali. Questa sola intuizione ha enormemente semplificato il nostro sistema legale.
— E allora cosa fate nei casi eccezionali? Nel caso di uno stupro che dia origine a una gravidanza?
— Naturalmente la donna non ha avuto la possibilità di esercitare preventivamente mediante contraccettivi il proprio diritto alla riproduzione; quindi dovrebbe avere il permesso di riacquisire il pieno controllo della propria biologia come desidera. In simili casi, l’aborto è un’ovvia scelta accettabile; in altri, il controllo delle nascite è la via preferibile.
— C’è però chi ritiene immorale il controllo delle nascite.
I globi oculari dell’alieno si guardarono brevemente l’un l’altro e ripresero la normali oscillazioni. — Pare proprio che voi umani facciate deviazioni solo per fabbricare questioni morali — disse Hollus. — Non c’è niente d’immorale, nella contraccezione. Questi però sono facili esempi del modo di pensare dei Wreed. Se andiamo in campi più complessi, le loro risposte purtroppo non hanno senso per noi; sembrano gergo incomprensibile… il nostro cervello non è attrezzato per apprezzare ciò che loro dicono. I dipartimenti di filosofia nell’equivalente forhilnor delle vostre università avevano scarsa considerazione, finché non abbiamo incontrato i Wreed; adesso sono occupatissimi nel tentativo di decifrare complessi pensieri wreed.
Meditai su quelle parole. — E con menti portate all’etica e alla percezione dell’implicita bellezza, i Wreed hanno deciso che Dio esiste realmente?
Hollus fletté le sei gambe, sia al ginocchio superiore sia al ginocchio inferiore. — Sì.
Non sono un tipo troppo arrogante. Non insisto perché mi chiamino dottor Jericho e cerco di tenere per me le mie opinioni. Sono però convinto di avere una buona presa sulla realtà, un’accurata visione del mondo.
E il mio mondo, anche prima che il cancro mi colpisse, non comprendeva un dio.
Ora però avevo conosciuto non una, ma due forme di vita aliena, due diversi esseri provenienti da mondi più progrediti del mio. E tutt’e due queste forme di vita credevano che l’universo fosse stato creato, che mostrasse chiara prova di progetto intelligente. Perché ne ero così sorpreso? Perché avevo presunto che simili pensieri sarebbero stati, be’, alieni a creature progredite?
Fin dai tempi antichi il segreto dei filosofi era sempre stato questo: noi sappiamo che Dio non esiste o almeno che, se esiste, è del tutto indifferente ai nostri affari individuali; ma non possiamo lasciare che la plebaglia lo sappia; è la paura di Dio, la minaccia del castigo divino e la promessa della ricompensa divina, ciò che tiene in riga quelli troppo sempliciotti per capire da soli le questioni morali.
In una razza progredita, però, con cultura universale e desideri materiali appagati grazie al potere della tecnologia, di certo ognuno è filosofo, ognuno è informato dell’antica verità un tempo tenuta segreta, ognuno sa che Dio è soltanto una favola, soltanto un mito: allora possiamo lasciar cadere ogni pretesto, liberarci della religione.
Naturalmente è possibile apprezzare le tradizioni religiose… i riti, i legami col passato… senza credere in Dio. In fin dei conti, come ha osservato un mio amico ebreo, gli unici ebrei sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale o erano diventati atei o non si erano accorti del conflitto.
Però, in realtà, ci sono milioni di ebrei che credono realmente in Dio; a dire il vero, il secolare giudaismo sionista era in fase decrescente, mentre sorgeva l’osservanza formale. E ci sono milioni di cristiani che credono nella santa trinità composta da (come ha detto spiritosamente una volta un mio amico cattolico) il Grande Vecchio, Junior e il Fantasma. E ci sono milioni di musulmani che ritengono il Corano la parola rivelata di Dio.
A dire il vero, anche qui, all’alba del secolo che segue quello in cui abbiamo scoperto il dna e la fisica quantistica e la fissione nucleare, nel quale abbiamo inventato computer e astronavi e laser, il novantasei per cento della popolazione mondiale crede davvero in un essere supremo… e la percentuale cresce, non cala.
Allora perché ero così sorpreso che Hollus credesse in Dio? Che un alieno di una cultura un paio di secoli più progredita della mia non si fosse tolto di dosso le ultime tracce del sovrannaturale? Anche se non avesse avuto una teoria unificata per giustificare le sue convinzioni, perché sarebbe dovuto essere tanto bizzarro da non essere ateo?
Non mi ero mai chiesto se avevo ragione o torto, nell’affrontare creazionisti chiaramente illusi. Non avevo mai dubitato delle mie convinzioni, nel difendermi da fondamentalisti. Eppure ero qui, in contatto con creature di altre stelle, e il fatto che fossero venute sul mio pianeta, mentre io non potevo andare sul loro, proclamava con grande chiarezza chi di noi era intellettualmente superiore.
E quegli alieni credevano in ciò in cui avevo smesso di credere fin dall’infanzia…
Che l’universo tosse opera di un progettista intelligente.
15
— Sono due i motivi per cui un paziente potrebbe sottoporsi alla chemioterapia — disse a Susan e a me la dottoressa Katarina Kohl, poco dopo la diagnosi. — Il primo è la speranza di eliminare il cancro. — Guardò me, poi Susan, poi di nuovo me. — Ma vi dirò la verità. Tom, nel suo caso le probabilità sono molto scarse. Di rado il cancro al polmone viene sconfitto.
— Allora niente chemioterapia — dissi subito. — Non voglio passare tra le sofferenze quel poco di vita che mi resta.
La dottoressa Kohl sporse le labbra. — Indubbiamente la decisione spetta a lei — disse poi. Rivolse un cenno a Susan. — A tutti e due. Ci sono però degli equivoci, la chemioterapia può essere anche un palliativo: ecco è il secondo motivo da tenere presente.
Mossi le labbra a formare la parola palliativo. La dottoressa Kohl annuì. — Probabilmente soffrirà parecchio nei prossimi mesi, Tom. La chemioterapia può ridurre la sofferenza riducendo la massa dei tumori.
— Lei cosa farebbe al mio posto? — domandai.
La dottoressa Kohl si strinse nelle spalle. — Se fossimo negli Stati Uniti… se lei non avesse assicurazione medica e dovesse pagare di tasca sua la chemioterapia, forse ne farebbe a meno e si rassegnerebbe a convivere con i dolori… anche se, in un caso e nell’altro, le prescriverei degli analgesici per resistere meglio. In genere, quando ho a che fare con carcinomi polmonari a grandi cellule, uso composti di platino… e sono medicinali molto costosi. Però dal momento che l’ohip pagherà l’intera cura, le suggerisco di prenderli. Useremo cis-platino in combinazione con etoposide di vinblastina o mitomicina-C. I composti di platino devono essere somministrati in ospedale, ma sono la scommessa migliore nei casi di cancro al polmone.