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— Torna indietro! — ripeté Dunworthy.

Colin riapparve, tenendo aperti i salici.

— Vieni qui — ripeté Dunworthy, in tono più calmo.

— La strada risale una collina — spiegò il ragazzo, passando in mezzo ai salici per tornare nella radura. — Possiamo salire su di essa e vedere dove ci troviamo.

Era già bagnato, con la casacca marrone coperta dalla neve caduta dai salici, e aveva l'aria guardinga di chi si aspetti cattive notizie da un momento all'altro.

— Mi vuole rimandare indietro, vero?

— Devo farlo — dichiarò Dunworthy, ma mentre parlava si sentì sgomentare alla prospettiva. Badri non avrebbe riaperto la rete se non fra due ore almeno, e lui non era certo di quanto tempo sarebbe rimasta aperta, senza contare che non poteva permettersi di sprecare due ore aspettando di poter rimandare indietro Colin… e d'altro canto non poteva lasciarlo lì. — Sei una mia responsabilità.

— E lei è una mia responsabilità — ritorse il ragazzo. — La prozia Mary mi ha chiesto di prendermi cura di lei. Cosa succederebbe se avesse una ricaduta?

— Non capisci. La Morte Nera…

— È tutto a posto, davvero. Ho convinto William a farmi somministrare la streptomicina e tutto il resto dalla sua infermiera. Adesso non mi può rimandare indietro perché la rete non è aperta e fa troppo freddo per restare qui fermi ad aspettare per un'ora, mentre se andiamo subito a cercare Kivrin per allora potremmo essere già di ritorno.

Il ragazzo aveva ragione riguardo al fatto che non potevano rimanere lì: il freddo stava già penetrando attraverso il bizzarro mantello vittoriano di Dunworthy e la casacca di Colin forniva una protezione ancora minore di quella data dalla sua vecchia giacca.

— Andremo fino alla cima della collina — decise infine Dunworthy, — ma prima dobbiamo contrassegnare la radura in modo da essere in grado di ritrovarla. E poi non devi partire di corsa in quel modo… non voglio perderti di vista neppure per un momento perché non ho il tempo di andare a cercare anche te.

— Non mi perderò — garantì Colin, frugando nel proprio zaino fino a tirare fuori un rettangolo piatto. — Ho portato un localizzatore, che è già regolato in modo da ritrovare questa radura.

Tenne quindi aperti i salici per permettere a Dunworthy di passare e uscirono sulla strada, che era poco meglio di un sentiero per il bestiame ed era coperta da uno strato di neve intatta tranne che per le impronte degli scoiattoli e di un cane… o forse di un lupo. Colin rimase obbedientemente accanto a Dunworthy per metà della salita, poi non riuscì più a trattenersi e spiccò la corsa.

Dunworthy lo seguì con passo affaticato, lottando contro la morsa che già gli serrava il petto; gli alberi cessavano a metà del pendio della collina e il vento gelido cominciava a soffiare violento dove essi finivano.

— Vedo un villaggio — gli gridò Colin.

Quando lo raggiunse, Dunworthy scoprì che il vento era ancora peggiore in cima alla collina… gli attraversava completamente il mantello nonostante il rivestimento e spingeva nel cielo lunghe scie di nuvole. Lontano verso sud un pennacchio di fumo saliva dritto verso l'alto e poi piegava bruscamente verso est sotto la spinta del vento.

— Vede? — insistette Colin, indicando.

Sotto di loro si stendeva una pianura ondeggiante, rivestita da uno strato di neve di un candore tale da ferire quasi lo sguardo. Gli alberi spogli e le strade spiccavano scuri su di essa, come i segni su una mappa; la strada fra Oxford e Bath era una linea nera e diritta che divideva la pianura innevata e Oxford sembrava un disegno tracciato a matita. Da dove si trovava poteva scorgere i tetti coperti di neve e la tozza torre di St. Michael che si levava al di sopra delle mura.

— Non sembra che la Morte Nera sia già arrivata qui, vero? — commentò Colin.

E aveva ragione. Quella sembrava l'intatta e serena Oxford della leggenda ed era impossibile immaginarla devastata dalla peste, con i carri carichi di morti che venivano tirati lungo le strade strette e i college chiusi e abbandonati, e le case piene di morti e di moribondi. Era impossibile immaginare che Kivrin si trovasse lì da qualche parte, in uno dei villaggi che lui non riusciva a individuare.

— Ha visto laggiù? — chiese Colin, indicando verso sud. — Dietro quegli alberi.

Dunworthy socchiuse gli occhi, cercando di distinguere gli edifici dietro l'agglomerato di piante: poteva vedere fra i rami grigi una sagoma più scura, forse quella del campanile di una chiesa o dell'angolo di un maniero.

— C'è una strada che porta laggiù — aggiunse Colin, indicando una sottile linea grigia che cominciava da qualche parte sotto di loro.

Dunworthy esaminò la mappa che Montoya gli aveva dato, ma anche con le sue annotazioni era impossibile determinare di che villaggio si trattava perché non sapevano quanto si trovassero lontani dall'effettivo sito previsto per la transizione. Se erano direttamente a sud rispetto ad esso quel villaggio era troppo ad est per essere Skendgate, ma dove lui riteneva che esso dovesse trovarsi non c'erano alberi e non c'era assolutamente niente tranne un piatto campo innevato.

— Allora? — chiese Colin. — Vogliamo andare?

Quello era il solo villaggio visibile… ammesso che si trattasse di un villaggio… e dava l'impressione di distare non più di un chilometro. Anche se non era Skendgate si trovava almeno nella direzione giusta, e se avessero trovato in esso uno dei «punti di riferimento» di Montoya avrebbero potuto servirsene per orientarsi.

— Devi restare sempre con me e non parlare con nessuno, hai capito? — disse.

Colin annuì, anche se era chiaro che non lo stava neppure ascoltando.

— Credo che la strada sia da questa parte — replicò, e si lanciò di corsa giù per il pendio opposto della collina.

Dunworthy lo seguì, cercando di non pensare a quanti villaggi ci fossero nella zona e a quanto poco tempo avessero a disposizione, a quanto si sentiva già stanco dopo aver superato soltanto una collina.

— Come hai fatto a convincere William a procurarti le iniezioni di streptomicina? — domandò, quando infine raggiunse Colin.

— Voleva il numero del tesserino della prozia Mary in modo da poter falsificare l'autorizzazione. Il tesserino era nella sua cassetta del pronto intervento, nella borsa della spesa.

— E tu hai rifiutato di darglielo a meno che lui avesse acconsentito a procurarti le iniezioni?

— Sì. L'ho anche minacciato di andare a informare sua madre di tutte le ragazze che ha in giro — precisò Colin, e si rimise a correre.

La strada che lui credeva di aver visto era in realtà una siepe, e Dunworthy si rifiutò di scavalcarla e di tagliare attraverso il campo che essa recintava.

— Dobbiamo restare sulle strade — dichiarò.

— In questo modo faremo prima — obiettò Colin. — E non possiamo perderci, perché abbiamo il localizzatore.

Dunworthy rifiutò di discutere e continuò a camminare, alla ricerca di un bivio. Gli stretti campi cedettero il posto ad un bosco e la strada deviò di nuovo verso nord.

— E se non ci fosse nessuna strada per arrivare a quel villaggio? — osservò Colin, dopo mezzo chilometro, ma alla svolta successiva ne trovarono una.

La strada era più stretta di quella vicino al sito e nessuno vi era più passato da quando aveva nevicato l'ultima volta. Vi si addentrarono, con i piedi che sprofondavano nella neve ghiacciata ad ogni passo, mentre Dunworthy scrutava con ansia davanti a sé nella speranza di intravedere il villaggio… speranza frustrata dalla vegetazione boschiva troppo fitta.

La neve li costringeva a procedere lentamente e lui aveva già il fiato corto, mentre la morsa al petto era diventata ancora più stretta.

— Cosa faremo quando arriveremo là? — domandò Colin, che stava camminando fra la neve senza la minima fatica.

— Tu resterai nascosto e mi aspetterai — ribatté Dunworthy. — È chiaro?

— Sì — replicò Colin. — È certo che questa sia la via giusta?

Dunworthy non ne era affatto certo, perché la strada aveva cominciato a piegare verso ovest, lontano dalla direzione in cui pensava si trovasse il villaggio, e appena più avanti curvava di nuovo verso nord. Sbirciò ansiosamente fra gli alberi, nel tentativo di intravedere una parete di pietra o un tetto di paglia.