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— Di che parli, Nonnina?

La vecchia strega tirò con violenza la verga fuori dall’ombra e l’agitò vagamente in direzione di Esk.

— Ecco. È tua. Prendila. Spero soltanto che sia la cosa giusta da farsi.

In effetti la presentazione di una verga a un apprendista stregone è di solito una cerimonia molto importante, specie se la verga è stata ereditata da un mago più anziano. Per antica tradizione ha luogo una iniziazione lunga e paurosa, con maschere e cappucci e spade e tremendi giuramenti a proposito di lingua tagliata alla gente, le loro budella strappate da uccelli selvatici e le ceneri disperse ai quattro venti e così via. Dopo qualche ora di questo tipo di procedura, l’apprendista può essere ammesso nella confraternita dei Saggi e degli Illuminati.

Si pronuncia anche un lungo discorso. Per pura coincidenza, la Nonnina ne riassunse l’essenza in poche parole.

Esk prese in mano la verga e la osservò.

— È molto graziosa — disse incerta. — Gli intagli sono carini. A che serve?

— Siediti ora. E ascolta attentamente per una volta. Il giorno che sei nata…

— …e questo è quanto.

Esk esaminò la verga, poi si rivolse alla Nonnina.

— Devo essere un mago?

— Sì. No. Non lo so.

— La tua non è una vera risposta, Nonnina — la rimproverò la piccola. — Lo sono o non lo sono?

— Le donne non possono essere maghi — sbottò la vecchia. — È contro natura. Tanto varrebbe avere un fabbro donna.

— A dire la verità, ho osservato papà al lavoro e non vedo perché…

— Ascolta — ribatté in fretta la Nonnina. — Non può esserci un mago femmina come non può esserci una strega maschio, perché…

— Io ho sentito di streghe maschi — osservò tranquillamente Esk.

— Stregoni.

— Credo di sì.

— Voglio dire che non ci sono streghe maschi, soltanto uomini stupidi — ribatté la vecchia con veemenza. — Se gli uomini fossero streghe, sarebbero maghi. Si riduce tutto a — si batté la mano sulla fronte — alla "menteologia". A come funziona la tua mente. Quelle degli uomini funzionano diversamente dalle nostre, capisci. La loro magia consiste tutta di numeri e angoli e spigoli e ciò che fanno le stelle, come se ciò avesse davvero importanza. È tutto potere. È tutta… — la Nonnina s’interruppe e ripescò il suo termine preferito per descrivere quanto lei disprezzava nell’arte dei maghi — giommetria.

— Tutto a posto, allora — disse sollevata Esk. — Rimarrò qui a imparare l’arte delle streghe.

— Ah — esclamò cupa la vecchia — tu parli bene. Io non credo che sarà così facile.

— Ma hai detto che gli uomini possono essere maghi e le donne streghe e che non può essere viceversa.

— Giusto.

— Benissimo, allora — esclamò Esk trionfante — è tutto risolto, no? Io non posso essere altro che una strega.

La Nonnina additò la verga e la bambina si strinse nelle spalle.

— È solo un vecchio bastone.

La donna scosse la testa. Esk batté le palpebre. — No?

— No.

— E non posso essere una strega?

— Non so cosa puoi essere. Prendi la verga.

— Che?

— Prendi la verga. Guarda, ho preparato la legna nel focolare. Accendi il fuoco.

— La scatola con l’esca e l’acciarino è… — cominciò la piccola.

— Una volta mi hai detto che c’erano modi migliori per accendere il fuoco. Provamelo.

La vecchia si alzò. Nella penombra della cucina sembrò crescere fino a riempirla d’incerte ombre ondeggianti, vagamente minacciose.

Guardò Esk con occhi fiammeggianti e le ordinò con voce gelida: — Provamelo.

— Ma… — volle obiettare Esk, stringendo a sé con forza la pesante verga e facendo capovolgere il suo sgabello nella fretta d’indietreggiare.

— Provamelo.

Esk ruotò su se stessa con un grido. Il fuoco le sprizzò dalla punta delle dita e attraversò la stanza, esplodendo con tanta forza da scaraventare all’intorno il mobilio. Una palla di livida luce verde crepitò sul focolare, attraversata da forme cangianti mentre vorticava sfrigolando sulle pietre, che si spaccarono e poi si sparsero all’intorno. Il parafuoco di ferro resistette bravamente per qualche momento prima di sciogliersi come cera, apparve un attimo come una macchia rossa nella palla di fuoco e quindi scomparve. Subito dopo la cuccuma fece la stessa fine.

Proprio quando sembrava che il caminetto li avrebbe seguiti, la vecchia pietra del focolare cedette e con un ultimo spruzzo la palla di fuoco sprofondò e sparì dalla vista.

Di tanto in tanto un crepitio o una nuvoletta di vapore segnalò il suo passaggio nel terreno. A parte questo, regnava il silenzio, l’alto silenzio sibilante che fa seguito a un rumore troppo intenso. Dopo la luce accecante di prima la stanza sembrò piombare nelle tenebre.

Alla fine la Nonnina strisciò fuori da dietro il tavolo e si avvicinò cautamente il più vicino possibile al buco, ancora circondato da una crosta di lava, poi si buttò indietro davanti a un altro getto di vapore bollente.

— Dicono che sotto alle Ramtop ci siano le miniere dei nani — osservò senza nesso apparente. — Povera me, quei poveretti avranno una bella sorpresa.

Stuzzicò il mucchietto di ferro che si andava raffreddando là dove prima c’era stata la cuccuma, e aggiunse: — Peccato per il parafuoco. Sopra c’erano scolpiti dei gufi, sai.

Si aggiustò con mano tremante i capelli bruciacchiati. — Credo che ci voglia una bella tazza di… una bella tazza di acqua fredda.

Esk sedeva contemplando sorpresa la propria mano.

— Quella era vera magia — disse alla fine. — E l’ho fatta io.

— Un tipo di vera magia — la corresse la Nonnina. — Non dimenticarlo. E neppure vorrai ripeterla tutto il tempo. Se hai in te questa magia, devi imparare a controllarla.

— Tu puoi insegnarmelo?

— Io? No!

— Come posso imparare se nessuno me lo insegnerà?

— Devi andare là dove ne sono capaci. La scuola dei maghi.

— Ma hai detto…

La vecchia si fermò nell’atto di riempire un boccale dal secchio dell’acqua.

— Sì, sì — scattò. — Non badare a ciò che ho detto o al senso comune o altro. Certe volte bisogna andare dove ti portano gli eventi, e suppongo che in un modo o nell’altro tu andrai alla scuola dei maghi.

Esk ci penso su.

— Vuoi dire che è il mio destino?

La Nonnina scrollò le spalle. — Qualcosa di simile. Probabilmente. Chissà?

Quella stessa notte, parecchio dopo avere messo a letto la bambina, la vecchia si mise il cappello in testa, accese una candela nuova, sparecchiò la tavola, ed estrasse una scatoletta di legno dal suo nascondiglio segreto nella dispensa. Dentro c’erano una bottiglia d’inchiostro, un’antiquata penna d’oca e dei fogli di carta.

Lei non si sentiva molto a suo agio davanti al mondo delle lettere. Aveva gli occhi strabuzzati, la punta della lingua in fuori, la fronte imperlata da goccioline di sudore. Ma la penna scorreva scricchiolando sulla pagina, con l’accompagnamento di tanto in tanto di un’imprecazione sottovoce come "accidenti" e "dannazione".

Ecco il testo della lettera, benché a questa versione manchino le gocce di cera, le macchie d’inchiostro, le cancellature, le chiazze umide dell’originale, nonché lo stile tutto sgrammaticato.

Al Mago Capo, Università Invisibile. Saluti. Io spero stai bene, ti mando una Escarrina Smith, lei ha la stoffa per diventare un mago ma quello che si può fare di lei non lo so lei lavora sodo si tiene pulita e conosce anche diverse arti della casa, manderò Soldi con lei Che tu possa vivere a lungo e finire i tuoi giorni in pace, E molto obbligata. Esmeralda Weatherwax (signorina) Strega.