Выбрать главу

Un osservatore attento avrebbe notato strane cose al passaggio della bambina.

Prendiamo, per esempio, l’uomo con le tre ciotole capovolte che invitava un gruppetto di gente a esplorare insieme a lui il mondo eccitante della fortuna e delle probabilità correlato alla posizione di un pisello secco. Il tizio si era reso vagamente conto di una figuretta rimasta ad osservarlo solennemente per qualche momento; subito dopo una cascata di piselli era rotolata giù da ognuna delle ciotole che lui aveva sollevato. E dopo pochi secondi si era trovato immerso nei legumi fino alle ginocchia. Ma si era anche ritrovato in un guaio peggiore: a un tratto doveva un sacco di soldi a tutti.

C’era anche una disgraziata scimmietta che per anni aveva ballonzolato legata a una catena mentre il suo proprietario strimpellava un organetto. D’improvviso l’animale si voltò, socchiuse gli occhietti rossi, morse la gamba dell’uomo, ruppe la catena e si dileguò su per i tetti con il ricavo della serata in una tazza di stagno. La storia non dice come i soldi furono spesi.

Su una bancarella lì vicino le papere di marzapane contenute in una scatola si animarono, passarono frullando davanti all’attonito venditore per approdare, schiamazzando felici, nel fiume (dove, all’alba, si erano liquefatte. A dimostrazione della selezione naturale).

Quanto alla bancarella, scivolò giù per un vicolo e non fu più vista.

Esk, in realtà, si spostava attraverso la fiera piuttosto simile all’incendiario che si muove in un campo di grano o a un neutrone che rimbalza nel reattore. Tuttavia i poeti, e l’ipotetico osservatore, avrebbero potuto individuare il suo passaggio zigzagante seguendo le manifestazioni d’isteria e di violenza. Ma, come ogni buon catalizzatore, lei non era coinvolta nei processi cui dava inizio. E quando ormai i non ipotetici potenziali osservatori avevano distolto lo sguardo, la ragazzina era già lontana.

Cominciava anche a sentirsi stanca. Per principio alla Nonnina Weatherwax la notte andava bene, ma era contraria a condividere con un’altra persona la luce della candela. Così, se a sera doveva leggere, generalmente persuadeva il gufo a venire ad appollaiarsi sulla spalliera della sua seggiola, e leggeva attraverso i suoi occhi. Quindi Esk era abituata ad andare a letto verso il crepuscolo, e questo era passato da un pezzo.

Davanti a lei vide un portone illuminato che le ispirava simpatia e dal quale proveniva un allegro vociare. Vi si diresse, stanca ma decisa, con la verga che ancora irradiava una magia intermittente come un faro soprannaturale.

Il proprietario dell’Indovinello del Violinista si considerava un uomo di mondo. Il che era vero, perché era troppo stupido per essere davvero crudele, troppo pigro per essere davvero spregevole; e benché con il corpo avesse girato parecchio, con la mente non era mai andato oltre la propria testa.

Non era abituato a essere interpellato da un bastone. Specie quando parlava in una vocetta lamentosa e chiedeva latte di capra.

Conscio che tutti nella locanda lo guardavano e sogghignavano, si sporse con precauzione al di sopra del bancone per guardare giù. Esk lo fissò. "Guardali dritto negli occhi" aveva sempre detto la Nonnina. "Concentra il tuo potere su di loro, fagli abbassare gli occhi, nessuno può sostenere lo sguardo di una strega eccetto, naturalmente, una capra."

L’albergatore, che si chiamava Skiller, si ritrovò davanti una bambina che lo guardava con gli occhi socchiusi.

— Che cosa? — le domandò.

— Latte — rispose lei, sempre con lo sguardo fisso. — Lo ottieni dalle capre. Lo sai?

Skiller vendeva soltanto birra che, secondo i clienti, otteneva dai gatti. Nessuna capra che si rispetti avrebbe sopportato l’odore dell’Indovinello del Violinista.

— Non ne abbiamo — affermò. Osservò attentamente la verga e corrugò le sopracciglia.

— Potresti dare un’occhiata — ribatté Esk.

Skiller si raddrizzò, in parte per evitare lo sguardo della piccola, che per simpatia gli faceva lacrimare gli occhi, e in parte perché un orribile sospetto si stava facendo strada nella sua mente.

Anche i baristi di seconda categoria tendono a risuonare con la birra che servono. E le vibrazioni, provenienti dalle grosse botti alle sue spalle, non gli trasmettevano più il fremito del luppolo e della schiuma. Emettevano invece una nota che aveva molto più del latteo.

Per fare una prova l’uomo girò il rubinetto e vide un rivolo di latte colare nel recipiente.

La verga sporgeva sempre, simile a un periscopio, al di sopra dell’orlo del bancone. Lui avrebbe giurato che anch’essa lo stesse fissando.

— Non sprecarlo — disse una voce. — Un giorno potresti ringraziare di averlo.

Era lo stesso tono di voce usato dalla Nonnina quando Esk faceva i capricci davanti a un piatto di nutriente verdura, bollita fino a diventare gialla, fino a perdere anche le ultime tracce di vitamine. Ma all’orecchio ipersensibile di Skiller risuonò non come una ingiunzione, ma come una predizione. Rabbrividì. Non riusciva nemmeno a immaginare come ridursi per dovere ringraziare di bere un boccale di birra stantia e di latte cagliato. Piuttosto avrebbe preferito morire.

Forse sarebbe morto.

Asciugò con cura un boccale quasi pulito passandoci il pollice e lo riempì al rubinetto. Si accorse che parecchi dei suoi clienti se ne stavano andando alla chetichella. A nessuno piaceva la magia, specie nelle mani di una donna. Non si poteva mai sapere che cosa le sarebbe saltato in testa di fare in seguito.

— Il tuo latte — disse. E aggiunse: — Signorina.

— Ho del denaro — assicurò Esk. La Nonnina le aveva sempre detto che si doveva essere pronti a pagare senza poi essere obbligati a farlo, alla gente questo comportamento piace. Fa tutto parte della "menteologia".

— No, non me lo sognerei mai — si affrettò a protestare Skiller. Si chinò sul bancone. — Però, se tu potessi, ehm, far tornare il resto com’era? Da queste parti non c’è grande richiesta di latte.

Si scostò un po’ più in là. Per bere il latte, la bambina aveva appoggiato la verga al bar, e lui si sentiva a disagio. Esk lo guardò al disopra di due baffi di crema.

— Non l’ho trasformata in latte — affermò. — Sapevo soltanto che sarebbe stato latte perché era il latte che volevo. Secondo te, che cos’era?

— Ehm. Birra.

Esk rifletté. Ricordava vagamente di avere assaggiato della birra una volta e di non avere gradito il suo gusto. Ma si rammentava di una cosa che tutti a Cattivo Somaro reputavano assai meglio della birra. Era una delle ricette più segrete della Nonnina. Una bevanda che faceva bene, perché consisteva soltanto di frutta, più darsi da fare un sacco per raffreddarla e bollirla e provarne con attenzione poche gocce dandogli fuoco.

Nelle sere eccezionalmente fredde la Nonnina ne metteva un cucchiaino nel suo latte. Doveva essere un cucchiaio di legno, per via di ciò che faceva al metallo.

La bambina si concentrò. Riusciva con la mente a raffigurarsi il sapore e, con quel po’ di facoltà che cominciava ad accettare senza comprenderla scoprì di potere isolare il sapore in piccole forme colorate…

La moglie di Skiller, una donnetta magra, venne fuori dal retro per vedere come mai c’era tanta calma. A un cenno del marito, non aprì bocca e restò scioccata a osservare Esk che ondeggiava leggermente, con gli occhi chiusi e muovendo le labbra.

…piccole forme che non ti servivano si confondevano di nuovo nel grande insieme delle forme, e poi tu trovavi quelle che ti servivano e le riunivi, e poi c’era una specie di uncino a significare che avrebbero trasformato un oggetto in un’altra cosa simile a loro, e poi…