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— È solo una barca — disse Tagliangolo. — I ragazzi la usano d’estate…

Seguì a fatica ma con tutta la velocità possibile la figura decisa della vecchia.

— Non puoi pensare di portarla fuori in una notte come questa — protestò. — È una pazzia!

Lei proseguì lungo le assi bagnate della passerella, che era già quasi sott’acqua.

— Non sai niente di barche! — obiettò il mago.

— Allora dovrò imparare in fretta — replicò calma la Nonnina.

— Ma non sono più salito su una barca da quando ero un ragazzo!

— Non intendevo chiederti di venire. La parte a punta va davanti?

Tagliangolo gemette.

— Tutto ciò ti fa onore, ma forse possiamo attendere fino a domattina?

In quel momento un lampo illuminò il viso della vecchia.

— Forse no — ammise l’Arcicancelliere. Andò all’estremità della passerella e tirò a sé la piccola barca a remi. Salirci era questione di fortuna, ma alla fine ci riuscì e armeggiò con la cima nell’oscurità.

La barca fu presa nella corrente e portata via, ruotando lentamente su se stessa.

La Nonnina si teneva ben stretta al sedile che oscillava nelle acque turbolente, e nella semioscurità guardava piena di aspettativa Tagliangolo.

— Allora? — esclamò.

— Allora, cosa?

— Hai detto di sapere tutto delle barche.

— No. Ho detto che tu non lo sapevi.

— Oh.

Non si persero d’animo mentre la barca roteava pericolosamente, si raddrizzava come per miracolo ed era trascinata a valle di poppa.

— Quando hai detto che non eri più stato su una barca da quando eri un ragazzo… — cominciò la Nonnina.

— Avevo due anni, credo.

La barca fu presa in un vortice, roteò ancora, e partì come una freccia spinta dalla corrente.

— Ti avevo fatto il genere di ragazzino che andava tutto il giorno dentro e fuori delle barche.

— Sono nato tra le montagne. Mi viene il mal di mare sull’erba bagnata, se proprio vuoi saperlo — disse Tagliangolo.

La barca urtò pesantemente contro un tronco sommerso e un’onda si riversò sulla prora.

— Conosco un incantesimo contro l’annegamento — aggiunse sconsolato.

— Mi fa piacere.

— Solo che bisogna pronunciarlo stando sulla terraferma.

— Togliti gli stivali — gli ordinò la Nonnina.

— Cosa?

— Togliti gli stivali, uomo!

Tagliangolo si agitò a disagio sul sedile.

— Cosa hai in mente?

— Si suppone che l’acqua stia fuori della barca, questo almeno lo so! — La Nonnina additò l’acqua scura che sciabordava sul fondo. — Riempi gli stivali di acqua e versala fuori dal bordo!

Il mago annuì. Aveva la sensazione d’essere stato trascinato via durante le ultime due ore senza che lui potesse opporsi. E per un momento ebbe il consolante pensiero che la vita fosse totalmente sfuggita al suo controllo e che, qualunque cosa succedesse, nessuno avrebbe potuto biasimarlo. Riempire i suoi stivali d’acqua mentre andava alla deriva a mezzanotte su un fiume in piena con quella che poteva descrivere solo come una donna, pareva una cosa logica come un’altra, date le circostanze.

Una bella figura di donna, disse dentro di lui una voce sopita. Nel suo modo di usare la scopa consunta per spingere la barca nell’acqua tumultuosa, c’era qualcosa che turbava angoli a lungo dimenticati del subconscio di Tagliangolo.

Naturalmente, non poteva essere certo della bella figura, un po’ per la pioggia e il vento, e un po’ per l’abitudine della Nonnina di indossare in una sola mandata il suo intero guardaroba. Il mago, incerto, si schiarì la gola. Metaforicamente una bella figura, decise.

— Uhm, senti — disse. — Questo ti fa molto onore. Ma considera i fatti, cioè la velocità della corrente e così via, capisci? Ormai la verga potrebbe trovarsi a miglia di distanza nell’oceano. Potrebbe non tornare più a riva. Potrebbe perfino essere precipitata nella Cascata.

La Nonnina, che fissava il corso d’acqua davanti a sé, si girò.

— Non riesci a pensare a qualcos’altro di utile che potremmo fare? — domandò.

Lui sgottò ancora per qualche momento, prima di rispondere.

— No.

— Hai mai sentito di qualcuno che è tornato indietro?

— No.

— Allora vale la pena di tentare, no?

— L’oceano non mi è mai piaciuto — dichiarò Tagliangolo. — Dovrebbero pavimentarlo. Dentro ci sono delle creature spaventevoli, giù nei tratti profondi. Mostri marini orribili. O così almeno si dice.

— Continua a sgottare, ragazzo mio, o potrai vedere tu stesso se è vero.

Sopra di loro il temporale continuava a imperversare avanti e indietro. Lì, sulle piatte distese intorno al fiume, era sprecato. Esso apparteneva alle alte Ramtop, dove sapevano apprezzare una buona tempesta. Se ne andava in giro brontolando, in cerca anche di una modesta collina sulla quale scaricare i suoi lampi…

La pioggia violenta si stabilizzò in un ticchettio garbato, che è capace di andare avanti per giorni di fila. Per assisterlo, si levò anche la nebbia dal mare.

— Se avessimo i remi potremmo remare, se sapessimo dove stiamo andando — osservò Tagliangolo. La Nonnina non gli rispose.

Il mago versò fuori del bordo ancora qualche stivalata d’acqua. E gli venne in mente che probabilmente il gallone d’oro della sua tunica non sarebbe più stato lo stesso. Sarebbe stato bello poter pensare, un giorno, che la cosa avesse importanza.

— Suppongo che tu non sappia, per caso, da quale parte si trova il Centro? — si arrischiò a chiedere. — Tanto per parlare.

— Guardate da quale lato dell’albero c’è il muschio — disse la Nonnina, senza girare la testa.

— Ah! — annuì il mago.

Fissò con aria cupa l’acqua oleosa. A giudicare dall’odore salmastro ora si dovevano trovare fuori nella baia.

Del mare lo terrorizzava il pensiero che l’acqua fosse la sola cosa tra lui e gli esseri orribili che vivevano nelle sue profondità. Sicuro, sapeva che logicamente l’unica cosa che lo separava da lui e, diciamo, le tigri mangiatrici d’uomini delle giungle di Klatch era soltanto la distanza. Ma non era affatto lo stesso. Le tigri non sorgevano dai freddi abissi, con le bocche piene di denti aguzzi…

Rabbrividì.

— Non senti? — gli chiese la strega. — Si sente nell’aria. Magia! Sta filtrando da qualche cosa.

— In realtà non è solubile nell’acqua. — Tagliangolo schioccò una volta o due le labbra. In effetti la nebbia aveva un gusto di latta e nell’aria c’era una certa oleosità, doveva ammetterlo.

La Nonnina replicò severamente: — Tu sei un mago. Non sei capace di evocarla o roba del genere?

— Una questione simile non si è mai posta — rispose lui. — I maghi non gettano via le loro verghe.

— È qui da qualche parte. Aiutami a cercarla, uomo! — gli ordinò la vecchia.

Tagliangolo ebbe un gemito. Era stata una lunga notte e prima di cimentarsi ancora con la magia, gli occorrevano dodici ore di sonno, dei buoni pasti e un pomeriggio tranquillo davanti a un grande fuoco. Si stava facendo troppo vecchio, ecco il guaio. Ma chiuse gli occhi e si concentrò.

Era vero, intorno c’era della magia. Esistono dei luoghi dove la magia si accumula naturalmente. Essa si ammassa intorno ai giacimenti di ottirone, il metallo transmondano, nel legno di certi alberi, nei laghi isolati. Volteggia impalpabile nel mondo e gli esperti in materia possono catturarla ed immagazzinarla. Nella zona esisteva infatti uno di tali magazzini.

— È potente. Molto potente. — Tagliangolo si portò le mani alle tempie.

— Si sta facendo maledettamente freddo — disse la Nonnina. La pioggia insistente si era tramutata in neve.

Nel mondo si produsse un cambiamento improvviso. La barca si arrestò, senza una scossa, ma come se il mare avesse a un tratto deciso di diventare solido. La Nonnina guardò fuori dal bordo.

Il mare era diventato solido. Il rumore delle onde veniva da una grande distanza e si allontanava sempre di più.