Выбрать главу

Simon si chinò su di lei.

— Ricorda — le disse — ti devi convincere di essere stata un mago. Allora puoi cominciare a guardare dall’altra parte. Come mi dicevi.

I loro occhi s’incontrarono e i due si sorrisero.

La Nonnina fissò Tagliangolo. Questi si strinse nelle spalle.

— Non so che dire. — Cosa ne è stata della tua balbuzie, ragazzo?

— Sembra che se ne sia andata, signore — rispose allegro Simon. — Devo essermela lasciata dietro, da qualche parte.

Il fiume era ancora scuro e gonfio, ma almeno somigliava di nuovo a un fiume.

Per essere alla fine dell’autunno faceva un caldo innaturale e da tutta la zona più bassa di Ankh-Morpork il vapore saliva da migliaia di tappeti e di coperte messi fuori ad asciugare. Le strade erano coperte di melma. Il che, tutto sommato, era un cambiamento in meglio: il numero impressionante di carcasse di cani morti della città era stato trascinato via in mare dalla corrente.

Il vapore si alzava pure dalla pavimentazione della veranda personale dell’Arcicancelliere, e dalla teiera sul tavolino.

Seduta comodamente in una vecchia poltrona di vimini, la Nonnina si godeva il calore fuori stagione che le riscaldava le caviglie. Osservava pigramente una colonia di formiche cittadine, vissute così a lungo sotto i pavimenti di pietra dell’Università da averne i geni alterati dall’alto tasso di magia. Gli insetti erano affaccendati a trasportare su un minuscolo carrello una zolletta di zucchero molliccia sottratta a una ciotola. Altri stavano innalzando sul bordo del tavolo una piattaforma di fiammiferi.

Avrebbe potuto interessarla oppure no sapere che una delle formiche era Tamburo Billet, che aveva finalmente deciso di concedere alla Vita un’altra occasione.

— Dicono — osservò — che se si trova una formica il Giorno della Posta al Cinghiale, il resto dell’inverno sarà molto mite.

— Chi lo dice? — domandò il mago.

— In genere la gente che ha torto — rispose la Nonnina. — Io faccio una nota nel mio Almanacco, capisci. Io controllo. Moltissime cose che la maggior parte delle persone credono, sono sbagliate.

— Come "rosso di sera, bel tempo si spera" — disse Tagliangolo. — Ed è impossibile insegnare nuovi trucchi a un vecchio cane.

— Secondo me, non è per questo che sono fatti i vecchi cani — ribatté lei. Adesso la zolletta di zucchero era arrivata al cavalletto e un paio di formiche la stavano fissando a un bozzello e un paranco microscopici.

Tagliangolo riprese a parlare: — Io non capisco nemmeno la metà delle cose che dice Simon, benché certi studenti ne siano entusiasti.

— Io capisco benissimo ciò che dice Esk, solo che non ci credo — dichiarò la Nonnina. — Eccetto il pezzo sui maghi che devono avere un cuore.

— Lei ha detto che le streghe hanno anche bisogno di una testa — affermò Tagliangolo. — Gradiresti un pasticcino? Un po’ molle, temo.

— Lei mi ha detto che se la magia dà alle persone ciò che desiderano, allora non usare la magia può dare loro ciò di cui hanno bisogno. — La vecchia aveva allungato la mano verso il piatto.

— Simon mi dice lo stesso. Quanto a me, non lo capisco. La magia è fatta per usarla, non per metterla da parte. Coraggio, serviti.

— La magia oltre la magia — sbuffò sprezzante la Nonnina. Prese il biscotto e ci spalmò della marmellata. Dopo un po’ ci spalmò anche della crema.

La zolletta di zucchero cadde a terra e fu immediatamente circondata da un’altra squadra di formiche, pronte ad assicurarla a una lunga fila di formiche rosse provenienti dall’orto, che lavoravano come loro schiave.

Tagliangolo si agitò imbarazzato sulla sua poltrona, che scricchiolò.

— Esmerelda — cominciò. — Volevo domandarti…

— No — tagliò corto lei.

— In realtà, stavo per dirti che pensiamo di potere ammettere all’Università qualche altra ragazza. Su base sperimentale. Una volta che avremo separato i servizi igienici.

— Questo dipende da te, naturalmente.

— E… e ho pensato che, dato che sembriamo destinati a diventare un istituto con istruzione mista, ho pensato, cioè…

— Allora?

— Se tu non avresti obiezioni a diventare, cioè, se accetteresti una Poltrona.

Si appoggiò allo schienale. La zolletta di zucchero passò sotto la sua poltrona su rulli fatti di fiammiferi. Lo squittio delle trasportatrici schiave era quasi impercettibile.

— Uhm — fece la Nonnina. — Non vedo perché no. Sai, ho sempre desiderato una di quelle grandi poltrone di vimini, con il tettuccio parasole. Se non è troppo disturbo.

— Non è esattamente ciò che intendevo — disse Tagliangolo, che si affrettò ad aggiungere: — Ebbene sono certo che si possa fare. No, voglio dire, verresti a tenere lezione agli studenti? Una volta ogni tanto.

— Su che cosa?

L’Arcicancelliere esitò, in cerca di un soggetto.

— Erbe? — arrischiò. — Qui non siamo molto ferrati in fatto di erbe. E "menteologia". Esk me ne ha parlato parecchio. Sembra affascinante.

Con uno strattone finale la zolletta di zucchero scomparve in una fessura della parete vicina.

Tagliangolo fece un cenno di testa in quella direzione. — Ci vanno giù pesanti con lo zucchero, ma non abbiamo cuore di prendere provvedimenti.

La Nonnina aggrottò la fronte. Poi, attraverso la foschia che gravava sulla città, accennò alla neve che brillava in lontananza sulle Ramtop.

— La strada è lunga — disse. — Alla mia età, non posso continuare ad andare avanti e indietro.

— Potremmo comperarti una scopa molto migliore — offrì Tagliangolo. — Una che non abbia bisogno di avviarla correndo. E tu, tu potresti avere un appartamento qui. E tutti i vecchi vestiti che puoi portare — aggiunse, usando l’arma segreta. Aveva saggiamente investito in una chiacchierata con la signora Whitlow.

— Uhm — bofonchiò la Nonnina. — Di seta?

— Nera e rossa. — La mente del mago fu attraversata dall’immagine della Nonnina abbigliata di seta nera e rossa. Addentò con vigore il suo biscotto.

— E forse d’estate potremmo portare degli studenti al tuo cottage per studi extra-murali.

— Chi è Extra Muriel?

— Voglio dire, c’è un sacco di cose che possono imparare, ne sono sicuro.

La Nonnina rimase a pensarci. Di certo, il gabinetto aveva bisogno di una bella ripassata prima che il tempo si facesse troppo caldo, e per primavera il recinto delle capre necessitava di una ripulita a fondo. Inoltre, zappare il campicello delle Erbe era un lavoro pesante. Il soffitto della camera da letto era in uno stato pietoso e certe tegole dovevano essere fissate.

— Cose pratiche — disse alla fine in tono riflessivo.

— Assolutamente.

— Uhm. Be’, ci penserò — concluse la Nonnina, vagamente conscia che era meglio non slanciarsi troppo per un primo appuntamento.

— Forse potrei chiederti se vorresti cenare con me questa sera e darmi una risposta? — Gli occhi di Tagliangolo brillavano.

— Cosa c’è da mangiare?

— Carne fredda e patate — La signora Whitlow aveva fatto bene il suo lavoro.

Ce n’era in abbondanza.

Esk e Simon continuarono a sviluppare un tipo del tutto nuovo di magia. Che nessuno riusciva esattamente a comprendere ma che, tuttavia, ognuno riteneva assai valido e in qualche modo confortante.

Cosa forse più importante, le formiche usarono tutte le zollette di zucchero che arrivarono a rubare per costruire una piccola piramide di zucchero in una cavità del muro nella quale deposero, con grande cerimonia, il corpo mummificato di una regina morta. Sulla parete di una delle minuscole camere nascoste tracciarono, nei geroglifici degli insetti, il vero segreto della longevità.

Lo avevano compreso appieno e probabilmente avrebbe avuto delle implicazioni importanti per l’universo, se non fosse stato dilavato per intero dalla successiva Inondazione dell’Università.

FINE