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Bastarono alcuni giorni per condurre a buon fine quella faccenda. Dopo che la macchina fu avviata, Cyrus Smith lasciò i compagni a trafilare e s’occupò di fabbricare la sua pila.

Si trattava di ottenere una pila a corrente continua. È noto che gli elementi delle pile moderne si compongono generalmente di carbone di storta, di zinco e di rame. Il rame mancava totalmente all’ingegnere, che, malgrado le sue ricerche, non ne aveva trovato traccia nell’isola di Lincoln, e bisognava farne a meno. Il carbone di storta, vale a dire quella dura grafite che si trova nelle storte delle officine del gas, dopo che al carbon fossile è stato tolto l’idrogeno, si sarebbe potuto produrre, ma sarebbe stato necessario impiantare apparecchi speciali, con un lavoro complicato. Quanto allo zinco, si ricorderà che la cassa trovata alla punta del Relitto era foderata con un rivestimento di questo metallo, che non poteva essere meglio utilizzato. Cyrus Smith, dopo mature riflessioni, risolse, dunque, di fabbricare una pila semplicissima, somigliante a quella che Becquerel ideò nel 1820 e nella quale è adoperato unicamente lo zinco. Quanto alle altre sostanze, acido nitrico e potassa, erano a sua disposizione.

Ecco, dunque, come fu composta questa pila, i cui effetti dovevano essere prodotti dalla reazione reciproca dell’acido e della potassa.

Furono fabbricati barattoli di vetro, che vennero riempiti di acido nitrico. L’ingegnere li tappò con un turacciolo attraversato da un tubo di vetro chiuso alla sua estremità inferiore (e destinato a immergersi nell’acido) per mezzo di un tampone d’argilla, trattenuto da un pezzo di tela. Dall’estremità superiore di questo tubo, egli versò allora nel medesimo una soluzione di potassa, precedentemente ottenuta mediante l’incenerimento di diverse piante, e in questo modo l’acido e la potassa poterono reagire l’uno sull’altra attraverso l’argilla.

Cyrus Smith prese poi le due lamine di zinco e ne immerse una nell’acido nitrico, l’altra nella soluzione di potassa. Presto si produsse una corrente, che passò dalla lamina del barattolo a quella del tubo; le due lamine erano state unite con un filo metallico, per cui la lamina del tubo divenne il polo positivo e quella della fialetta il polo negativo dell’apparecchio. Ogni barattolo produceva, dunque, altrettante correnti, che, riunite, sarebbero bastate a provocare tutti i fenomeni della telegrafia elettrica.

Tale fu l’ingegnoso e semplicissimo apparecchio che Cyrus Smith costruì e che gli avrebbe presto consentito di stabilire una comunicazione telegrafica fra GraniteHouse e il recinto.

Il 6 febbraio fu iniziato l’impianto dei pali, muniti di isolatori di vetro, e destinati a sostenere il filo lungo la strada del recinto. Pochi giorni dopo il filo era steso, pronto a condurre, con una velocità di centomila chilometri al secondo, la corrente elettrica, che la terra avrebbe poi ricondotto al suo punto di partenza.

Erano state fabbricate due pile, una per GraniteHouse, l’altra per il recinto, poiché se il recinto doveva comunicare con GraniteHouse, poteva anche essere utile che GraniteHouse comunicasse con il recinto.

Quanto al ricevitore e al trasmettitore, furono semplicissimi a farsi. Alle due stazioni il filo s’avvolgeva su di un’elettrocalamita, cioè su di un pezzo di ferro dolce, circondato da un filo. Se la comunicazione fra i due poli era stabilita, la corrente, partendo dal polo positivo, attraversava il filo, passava nell’elettrocalamita, che si magnetizzava temporaneamente, e ritornava via terra al polo negativo. Se la corrente era interrotta, l’elettrocalamita si smagnetizzava subito. Bastava dunque collocare una lamina di ferro dolce davanti all’elettrocalamita, perché la lamina stessa ricadesse quando la corrente era interrotta. Ottenuto così questo movimento della lastra di ferro, Cyrus Smith poté assai facilmente collegarvi un ago disposto su un quadrante, il quale portava in evidenza le lettere dell’alfabeto, e in tal modo, stabilire la corrispondenza da una stazione all’altra.

L’impianto fu interamente completato il 12 febbraio. Quel giorno Cyrus Smith, lanciando la corrente attraverso il filo, domandò se tutto andava bene al recinto, e alcuni istanti dopo ricevette da Ayrton una risposta soddisfacente.

Pencroff non stava più in sé dalla gioia, e ogni mattina e sera lanciava un telegramma al recinto, telegramma che non restava mai senza risposta.

Questo modo di comunicazione presentava due effettivi vantaggi; anzitutto perché permetteva di constatare la presenza di Ayrton al recinto e poi perché non lasciava mai costui in un completo isolamento. Del resto, Cyrus Smith non lasciava mai passare una settimana senza andarlo a trovare e Ayrton pure veniva di tanto in tanto a GraniteHouse.

La bella stagione trascorse così in mezzo ai soliti lavori. Le ricchezze della colonia, specialmente in ortaggi e cereali, crescevano di giorno in giorno, e le pianticelle portate dall’isola di Tabor avevano magnificamente attecchito. L’altipiano di Bellavista offriva un aspetto molto rassicurante. Il quarto raccolto di grano era stato magnifico, e naturalmente nessuno pensò di contare se i quattrocento miliardi di chicchi venivan tutti fuori alla mietitura. Tuttavia, Pencroff aveva avuto l’idea di farlo, ma quando Cyrus Smith gli ebbe detto che, pur contando trecento chicchi al minuto, cioè novemila all’ora, gli sarebbero occorsi circa cinquemilacinquecento anni per compiere la sua operazione, il bravo marinaio credette di dovervi rinunziare.

Il tempo era magnifico e la temperatura caldissima durante la giornata; ma, alla sera, le brezze provenienti dal largo temperavano gli ardori dell’atmosfera e procuravano notti fresche agli abitanti di GraniteHouse. Nondimeno, vi furono alcuni temporali, che, se non erano di lunga durata, colpivano però l’isola con straordinaria violenza. Per alcune ore i lampi non cessavano di incendiare il cielo e i brontolii del tuono proseguivano ininterrottamente.

In quel periodo la colonia era estremamente prospera. Nel pollaio abbondavano gli ospiti e i coloni si nutrivano a esuberanza, poiché era urgente ridurre la popolazione a un numero più moderato. I porci avevano già prolificato e si capisce che le cure da dedicare a questi animali assorbivano gran parte del tempo di Nab e di Pencroff. Gli onagri, che anch’essi avevano dato due graziose bestiole, erano molto spesso montati da Gedeon Spilett e da Harbert, divenuto un eccellente cavaliere sotto la direzione del giornalista, e venivano pure attaccati al carretto per trasportare a GraniteHouse la legna e il carbon fossile o i diversi prodotti minerali che l’ingegnere adoperava.

Parecchie ricognizioni furono effettuate in quel periodo fino nel più fitto delle foreste del Far West. Gli esploratori potevano arrischiarvisi senza temere gli eccessi di temperatura, giacché i raggi del sole penetravano appena tra le folte fronde intrecciate sul loro capo. Visitarono così tutta la riva sinistra del Mercy, che costeggiava la strada che andava dal recinto alla foce del Creek della Cascata.

Ma durante queste escursioni, i coloni ebbero cura di essere bene armati, poiché incontravano frequentemente certi cinghiali, estremamente selvatici e ferocissimi, contro i quali bisognava lottare seriamente.

Durante quella stagione venne pure mossa una guerra terribile ai giaguari. Gedeon Spilett aveva votato loro un odio tutto speciale e il suo allievo Harbert lo assecondava bene. Armati com’erano, non temevano per nulla l’incontro di una di quelle belve. Il coraggio di Harbert era magnifico e il sangue freddo del giornalista stupefacente. Così, una ventina di magnifiche pelli ornavano già il salone di GraniteHouse e se la fortunata caccia continuava, la razza dei giaguari sarebbe stata in breve estinta sull’isola, e i cacciatori perseguivano appunto quello scopo.