«Che navighi forse soltanto alla vela?» fece osservare Pencroff. «Il vento è buono per la rotta che sembra seguire e deve avere interesse a economizzare il carbone, trovandosi molto lontano da ogni terra.»
«È possibile che abbiate ragione, signor Pencroff,» rispose Ayrton «e che quella nave abbia spento i fuochi. Lasciamo, dunque che si avvicini alla costa, e poi sapremo che cosa pensare.»
Ciò detto, Ayrton andò a sedersi in un angolo del salone e rimase silenzioso. I coloni discussero ancora della nave sconosciuta, ma senza che Ayrton prendesse parte alla conversazione.
Tutti si trovavano in una disposizione di spirito che non avrebbe loro permesso di continuare a lavorare. Gedeon Spilett e Pencroff erano singolarmente nervosi e andavano, venivano, non potendo star fermi. Harbert provava piuttosto curiosità. Nab solo conservava la sua calma abituale. Il suo Paese era là dove si trovava il suo padrone. Quanto all’ingegnere, rimaneva assorto nei suoi pensieri, e, in fondo, temeva, più che desiderare, l’arrivo di quella nave.
Intanto, il bastimento si era un poco avvicinato all’isola. Con l’aiuto del cannocchiale, era stato possibile appurare che si trattava di una nave di altura e non di uno di quei prahos malesi, di cui si servono abitualmente i pirati del Pacifico. Era, dunque, lecito credere che le apprensioni dell’ingegnere non fossero giustificate e che la presenza di quel bastimento nelle acque dell’isola di Lincoln non costituisse alcun pericolo. Pencroff, dopo una minuziosa osservazione, credette poter affermare che la nave era armata a brigantino e che correva in direzione obliqua alla costa, con le mure a dritta, le basse vele, le vele di gabbia e i velacci, come confermò Ayrton.
Ma, continuando con quell’andatura, il bastimento avrebbe dovuto in breve sparire dietro la punta del capo Artiglio, e per osservarlo sarebbe stato necessario salire sulle alture della baia Washington, vicino a Porto Pallone. Circostanza spiacevole, giacché erano già le cinque del pomeriggio e il crepuscolo non avrebbe tardato a rendere difficilissima qualunque osservazione.
«Che cosa faremo quando sarà scesa la notte?» chiese Gedeon Spilett. «Accenderemo un fuoco per segnalare la nostra presenza?»
Era un problema molto grave; tuttavia, quantunque l’ingegnere nutrisse dei dubbi, venne risolto affermativamente. Durante la notte la nave poteva sparire, allontanarsi per sempre e, scomparsa quella nave, ne sarebbe ritornata un’altra nelle acque dell’isola di Lincoln? Ora, chi poteva prevedere quel che l’avvenire riservava ai coloni?
«Sì,» disse il giornalista «dobbiamo far conoscere a quel bastimento, qualunque esso sia, che l’isola è abitata. Trascurare la probabilità che ci si offre, equivarrebbe senz’altro a crearci dei rammarichi per l’avvenire.»
Fu, dunque, deciso che Nab e Pencroff si sarebbero recati a Porto Pallone e che là, giunta la notte, avrebbero acceso un gran fuoco, il cui splendore avrebbe certamente attirato l’attenzione dell’equipaggio del brigantino.
Ma, mentre Nab e il marinaio si preparavano a lasciare GraniteHouse, il bastimento cambiò andatura e avendo poggiato verso l’isola, mise la prora sulla baia dell’Unione. Era un buon camminatore quel brigantino, perché si avvicinava rapidamente.
Allora Nab e Pencroff sospesero la partenza e il cannocchiale fu messo nelle mani d’Ayrton, affinché potesse riconoscere in modo definitivo se quella nave era, oppure no, il Duncan. Lo yacht scozzese era anch’esso attrezzato a brigantino. Si trattava dunque di sapere se un fumaiolo si elevasse tra i due alberi del bastimento avvistato, il quale non era allora che a una distanza di dieci miglia.
L’orizzonte era ancora chiarissimo. L’accertamento fu, quindi, facile e Ayrton lasciò tosto ricadere il cannocchiale, dicendo:
«Non è affatto il Duncan! Non poteva esserlo!…»
Pencroff inquadrò nuovamente il brigantino nel campo visivo del cannocchiale e constatò che quel brigantino, di tre o quattrocento tonnellate di stazza, era di forme meravigliosamente affinate, arditamente alberato e mirabilmente costruito per la corsa, sicché doveva essere un rapido «corridore» dei mari. Ma a quale nazione apparteneva? Questo era difficile dire.
«Eppure,» aggiunse il marinaio «una bandiera sventola al picco, ma non ne distinguo i colori.»
«Fra meno di mezz’ora ne sapremo qualche cosa» rispose il giornalista. «D’altronde, è evidente che il capitano di quel bastimento ha intenzione di approdare, e di conseguenza, se non oggi, domani, al più tardi, faremo la sua conoscenza.»
«Non importa!» disse Pencroff. «È sempre meglio sapere con chi si ha a che fare, e non mi spiacerebbe distinguere bene i colori di quella bandiera.»
E, mentre così parlava, il marinaio non abbandonava il cannocchiale.
Il giorno cominciava a declinare e, con il giorno, calava anche il vento del largo. La bandiera, del brigantino, sempre meno tesata, s’impigliò fra le drizze e diventava così sempre più difficile poterla osservare.
«Non è una bandiera americana,» diceva di tratto in tratto Pencroff, «né inglese, il cui colore rosso si vedrebbe facilmente; né sono i colori francesi o tedeschi, e nemmeno il bianco della Russia o il giallo della Spagna… Si direbbe ch’è di una tinta uniforme… Vediamo… In questi mari… che cosa si potrebbe trovare più comunemente?… La bandiera cilena? Ma è tricolore… Brasiliana? È verde… giapponese? È nera e gialla… Mentre questa…»
In quel momento un soffio di vento spiegò la bandiera sconosciuta. Ayrton, afferrando il cannocchiale che il marinaio aveva deposto, se lo mise all’occhio, e con voce sorda:
«La bandiera nera!» esclamò.
E, infatti, una tela scura ondeggiava al picco del brigantino, e ora si poteva con molte buone ragioni considerare la nave in vista come sospetta!
L’ingegnere l’aveva dunque azzeccata con i suoi presentimenti? Era un bastimento di pirati? Uno schiumatore dei bassi mari del Pacifico, in concorrenza con i pirati malesi, che ancora li infestavano? Che cosa veniva a cercare sulle coste dell’isola di Lincoln? Vedeva in essa una terra sconosciuta, ignorata, atta a diventare un ricettacolo di carichi rubati? Veniva a domandare a quelle coste un ridosso per i mesi dell’inverno? L’onesto dominio dei coloni era forse destinato a trasformarsi in un covo infame, specie di capitale della pirateria del Pacifico?
Tutti questi dubbi si affacciarono istintivamente alla mente dei coloni. Non v’era dubbio, d’altronde, sul significato da attribuirsi al colore della bandiera inalberata. Era proprio quella dei corsari del mare! Era quella che avrebbe dovuto portare il Duncan, se i deportati fossero riusciti nei loro criminali disegni!
I coloni non si perdettero in discussioni.
«Amici,» disse Cyrus Smith «quella nave vorrà solo esaminare il litorale dell’isola? Potrebbe anche darsi che il suo equipaggio non sbarcasse. Siamo nelle mani del destino. Comunque, dobbiamo fare tutto il possibile per nascondere la nostra presenza. Il mulino esistente sull’altipiano di Bellavista è troppo facilmente visibile. Ayrton e Nab vadano a smontarne le ali. Dissimuliamo parimenti, sotto fronde più fitte, le finestre di GraniteHouse. Tutti i fuochi siano spenti. Nulla, insomma, tradisca la presenza dell’uomo su quest’isola!»
«E la nostra imbarcazione?» disse Harbert.
«Oh!» rispose Pencroff «è al sicuro a Porto Pallone, e sfido quei miserabili a trovarla!»
Gli ordini dell’ingegnere furono immediatamente eseguiti. Nab e Ayrton salirono sull’altipiano e presero le misure necessarie perché ogni indizio d’abitazione vi fosse dissimulato. Mentre si occupavano di questa faccenda, i loro compagni si recarono nel bosco dello Jacamar e ne ritornarono con una grande quantità di rami e di liane, che dovevano, a una certa distanza, parere verzura naturale e velare abbastanza bene le finestre aperte nella muraglia granitica. Nello stesso tempo, le munizioni e le armi furono disposte in modo da poter essere subito utilizzate, nel caso di un’aggressione improvvisa.