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Si issò, dunque, sul tagliamare e per il bompresso arrivò al castello di prua del brigantino. Insinuandosi allora fra i pirati distesi qua e là, fece il giro del bastimento e constatò che lo Speedy era armato di quattro cannoni, che dovevano lanciare proiettili da otto a dieci libbre. S’avvide anche, toccandoli, che detti cannoni erano a retrocarica. Erano dunque pezzi moderni, di facile uso e di terribile effetto.

Gli uomini sdraiati sul ponte dovevano essere circa una decina, ma era presumibile che altri, e più numerosi, dormissero nell’interno del brigantino. E d’altronde, ascoltandoli, Ayrton aveva creduto comprendere che erano una cinquantina a bordo. Erano molti, per i sei coloni dell’isola di Lincoln! Ma intanto, grazie alla devozione di Ayrton, Cyrus Smith non sarebbe stato sorpreso, e conoscendo la forza dei suoi avversari, avrebbe preso le disposizioni del caso.

Ad Ayrton non restava, dunque, che ritornare per render conto ai compagni della sua missione; si preparò quindi a raggiungere nuovamente la prua del brigantino, allo scopo di scivolare poi fino in mare.

Ma, a quest’uomo che voleva — come aveva detto «fare più del suo dovere, venne allora un’idea eroica. Equivaleva a sacrificare la sua vita, ma avrebbe salvato l’isola e i coloni. Cyrus Smith non avrebbe potuto, evidentemente, resistere a cinquanta banditi, armati di tutto punto, che, sia penetrando a viva forza in GraniteHouse, sia affamandovi gli assediati, ne avrebbero avuto ragione. E allora egli si raffigurò i suoi salvatori, coloro che avevano rifatto di lui un uomo e un onest’uomo, coloro ai quali doveva tutto, uccisi senza pietà, i loro lavori annientati, la loro isola mutata in un covo di pirati! Si disse che, insomma, era lui, Ayrton, la causa prima di tanti disastri, poiché il suo antico compagno, Bob Harvey, non aveva fatto che mettere in esecuzione i suoi stessi disegni, e un sentimento d’orrore s’impadronì di tutto il suo essere. Allora fu preso dall’irresistibile desiderio di far saltare il brigantino con tutti coloro che portava. Ayrton sarebbe perito nell’esplosione, ma avrebbe fatto il suo dovere.»

Ayrton non esitò. Raggiungere la cala delle polveri, che si trova sempre a poppa di un bastimento, era facile. La polvere non doveva mancare su una simile nave, e sarebbe bastata una scintilla per annientarla in un istante.

Ayrton si calò cautamente in batteria, sparsa di numerosi dormienti, che

l’ubriachezza, più che il sonno, teneva assopiti. Una lanterna era accesa, al piede dell’albero maestro circondato da una cavigliera carica d’armi da fuoco di tutte le specie.

Ayrton staccò dalla cavigliera una rivoltella e s’assicurò che fosse carica. Non gli occorreva di più per compiere l’opera di distruzione. S’inoltrò prudentemente verso poppa, in modo da arrivare sotto il casseretto del brigantino, ove doveva essere la cala delle polveri.

Malgrado la massima attenzione, era difficile strisciare su quel ponte quasi oscuro, senza urtare qualche pirata non abbastanza addormentato. Di qui, bestemmie e urli. Ayrton fu, più d’una volta, costretto a fermarsi. Ma, alla fine, arrivò alla paratia che chiudeva il compartimento di poppa e trovò la porta, che doveva aprirsi direttamente sulla cala.

Ayrton, costretto a doverla forzare, si mise all’opera. Era difficile riuscire in questa faccenda senza far rumore, poiché si trattava di spezzare un lucchetto. Ma sotto la mano vigorosa di Ayrton, il lucchetto saltò e la porta si aprì…

D’un tratto, un braccio s’appoggiò sulla spalla di Ayrton.

«Che cosa fai qui?» domandò con voce dura un uomo alto che, drizzandosi nell’ombra, levò bruscamente sulla faccia di Ayrton la luce d’una lanterna.

Ayrton si gettò all’indietro. A un rapido bagliore della lanterna, aveva riconosciuto il suo antico complice, Bob Harvey, ma non poteva esser stato riconosciuto da questi, che doveva credere Ayrton morto da gran tempo.

«Che cosa fai qui?» ripeté Bob Harvey, afferrando Ayrton per la cintura dei calzoni.

Ma Ayrton, senza rispondere, respinse vigorosamente il capo dei deportati e cercò di slanciarsi nel deposito delle polveri. Un colpo di rivoltella in mezzo a quei barili di polvere e tutto era finito!…

«A me, ragazzi!» aveva gridato Bob Harvey.

Due o tre pirati, svegliati da quel grido, s’erano alzati e gettandosi su Ayrton, tentarono di atterrarlo. Il vigoroso Ayrton si sbarazzò dalle loro strette. Due sue rivoltellate rimbombarono e due deportati caddero; ma una coltellata ch’egli non poté evitare gli incise le carni della spalla.

Ayrton capì che non poteva più effettuare il suo disegno. Bob Harvey aveva richiuso la porta della cala e nel corridoio cominciava un movimento, che indicava il risveglio generale dei pirati. Bisognava che Ayrton si risparmiasse per combattere a fianco di Cyrus Smith. Non gli rimaneva che fuggire!

Ma la fuga era ancora possibile? La cosa era molto dubbia, benché Ayrton fosse deciso a tentare il tutto per tutto pur di raggiungere i compagni.

Gli restavano ancora quattro colpi da sparare. Due ne sparò allora, uno dei quali diretto su Bob Harvey, che però non rimase ferito gravemente. Ayrton, allora, approfittando di un movimento all’indietro dei suoi avversari, si precipitò verso la scala del boccaporto, in modo da raggiungere il ponte del brigantino. Passando davanti alla lanterna, la mandò in frantumi con il calcio della rivoltella e ne seguì una profonda oscurità, che doveva favorire la sua fuga.

Due o tre pirati, destati dal rumore, scendevano la scala in quel momento. Un quinto colpo di rivoltella di Ayrton ne gettò uno giù dai gradini, mentre gli altri si traevano in disparte, non comprendendo nulla di quel che succedeva. Ayrton in due salti fu sul ponte del brigantino e in capo a tre secondi, dopo aver scaricato per l’ultima volta la rivoltella in viso a un pirata che stava afferrandolo per il collo, scavalcò il parapetto e si gettò in mare.

Ayrton non aveva fatto sei bracciate nell’acqua che già le palle crepitavano intorno a lui come una gragnuola.

Quale dovette essere l’emozione di Pencroff, ricoverato sotto una roccia dell’isolotto, e quella di Cyrus Smith, del giornalista, di Harbert, di Nab, appiattati nei Camini quando udirono quelle detonazioni esplodere a bordo del brigantino! S’erano tutti slanciati sulla spiaggia e, con i fucili spianati, si tenevano pronti a respingere ogni aggressione.

Per loro, non c’era più dubbio! Ayrton, sorpreso dai pirati, era stato massacrato e probabilmente quei miserabili avrebbero approfittato della notte per operare uno sbarco sull’isola.

Una mezz’ora passò in preda ad ansie mortali. Anche quando le detonazioni cessarono, né Ayrton, né Pencroff riapparvero. L’isolotto era, dunque, invaso? Non bisognava correre in aiuto di Ayrton e di Pencroff? Ma come? La marea, alta in quel momento, rendeva il canale insuperabile. La piroga non c’era più! Si può immaginare la terribile inquietudine che s’impadronì di Cyrus Smith e dei suoi compagni!

Finalmente, verso mezzanotte e mezzo, una piroga, con due uomini, s’accostò alla riva. Erano Ayrton, leggermente ferito alla spalla, e Pencroff, sano e salvo, che furono ricevuti dagli amici a braccia aperte.

Tutti si rifugiarono subito ai Camini.

Quivi giunti, Ayrton narrò quant’era accaduto e non nascose il suo disegno di far saltare il brigantino, e come avesse tentato di metterlo in esecuzione.

Tutte le mani si tesero verso Ayrton, che non dissimulò ai compagni la gravità della situazione. I pirati erano sull’avviso. Sapevano ormai che l’isola di Lincoln era abitata. Non vi sarebbero sbarcati, quindi, che in buon numero e bene armati! Nulla avrebbero rispettato. Se i coloni fossero caduti nelle loro mani, non potevano sperarne pietà!

«Ebbene! Sapremo morire!» disse il giornalista. «Rientriamo e vegliamo» disse l’ingegnere.

«Abbiamo qualche probabilità di cavarcela, signor Cyrus?» chiese il marinaio.

«Sì, Pencroff.»

«Uhm! Sei contro cinquanta!»