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«Maledizione! Siamo forse scoperti?» esclamò Pencroff.

Forse i coloni non erano stati veduti, ma certo Bob Harvey aveva ritenuto opportuno mandare un proiettile attraverso il fogliame sospetto, che mascherava quella parete dell’alta muraglia. Poco dopo, i colpi raddoppiarono e un altro proiettile, fendendo la cortina di fronde, lasciò scorgere un’apertura spalancata nel granito.

La situazione dei coloni era disperata. Il loro rifugio era stato scoperto. Essi non potevano opporre ostacoli a quei proiettili, né difendere la muraglia, le cui schegge volavano come mitraglia intorno a loro. Non potevano che rifugiarsi nel cunicolo superiore di GraniteHouse e abbandonare la loro dimora a tutte le devastazioni, quando a un tratto un rumore sordo si fece udire, seguito da grida spaventose.

Cyrus Smith e i suoi si precipitarono a una delle finestre…

Il brigantino, irresistibilmente sollevato su una specie di tromba liquida, s’era aperto in due e, in meno di dieci secondi, venne inghiottito assieme al suo equipaggio di criminali!

CAPITOLO IV

I COLONI SULLA SPIAGGIA «AYRTON E PENCROFF LAVORANO AL RECUPERO DEI RESTI DEL BRIGANTINO» CONVERSAZIONE DURANTE LA COLAZIONE «I RAGIONAMENTI DI PENCROFF» VISITA MINUZIOSA DELLO SCAFO DEL BRIGANTINO «LA CALA DELLE POLVERI INTATTA» LE NUOVE RICCHEZZE «GLI ULTIMI ROTTAMI» UN PEZZO DI CILINDRO SPEZZATO

«SONO SALTATI!» gridò Harbert.

«Sì! Saltati come se Ayrton avesse dato fuoco alle polveri!» rispose Pencroff, gettandosi nell’ascensore, assieme a Nab e al ragazzo.

«Ma che cosa è accaduto?» domandò Gedeon Spilett, ancora stupefatto per quella inattesa soluzione.

«Ah! Questa volta sapremo!» rispose vivamente l’ingegnere.

«Che cosa sapremo?»

«Più tardi! Più tardi! Venite, Spilett. L’importante è che i pirati siano stati sterminati.»

E Cyrus Smith, traendo con sé il giornalista e Ayrton, raggiunse sul greto Pencroff, Nab e Harbert.

Non si vedeva più nulla del brigantino, nemmeno l’alberatura. Dopo essere stato sollevato dalla tromba, si era inclinato sul fianco ed era colato a fondo in quella posizione, senza dubbio in seguito all’improvvisa apertura di qualche enorme via d’acqua. Ma siccome il canale in quel punto non misurava più di venti piedi di profondità, era certo che il fianco del brigantino immerso sarebbe riapparso durante la bassa marea.

Alcuni relitti galleggiavano alla superficie delle acque. Si vedeva tutta una droma costituita da alberi e pennoni di rispetto, stie con i loro volatili ancora vivi, casse e barili che, a poco a poco, salivano a galla, dopo essere sfuggiti dai boccaporti; ma non c’era alla deriva nessun rottame del bastimento sommerso, né tavole del ponte, né fasciame dello scafo, il che rendeva abbastanza inesplicabile l’affondamento improvviso dello Speedy.

Tuttavia, i due alberi, ch’erano stati spezzati a pochi piedi sopra la mastra, dopo aver rotto stragli e sartie, risalirono tosto alla superficie del canale, con le loro vele, di cui alcune spiegate e altre serrate. Ma non bisognava lasciare al riflusso il tempo di portar via tutte quelle ricchezze; Ayrton e Pencroff si gettarono quindi nella piroga con l’intenzione di ormeggiare quei rottami alla spiaggia dell’isola, oppure a quella dell’isolotto.

Ma mentre stavano per imbarcarsi, una riflessione di Gedeon Spilett li arrestò.

«E i sei pirati sbarcati sulla riva destra del Mercy?» diss’egli.

Infatti, non bisognava dimenticare che i sei uomini, la cui lancia s’era spezzata sugli scogli, si erano riavuti e si erano quindi ritirati sulla punta del Relitto.

I coloni guardarono in quella direzione. Nessuno dei fuggitivi era in vista. Forse, dopo aver veduto il brigantino inabissarsi nelle acque del canale, avevano preso la fuga nell’interno dell’isola.

«Più tardi ci occuperemo anche di loro» disse allora Cyrus Smith. «Possono ancora essere pericolosi, perché sono armati; ma, insomma, sei contro sei, le forze sono uguali. Badiamo, dunque, alle cose più urgenti.»

Ayrton e Pencroff s’imbarcarono sulla piroga e vogarono vigorosamente verso i resti della nave affondata.

La marea era allora stanca e altissima, poiché la luna era nuova da due giorni. Almeno un’ora abbondante doveva, dunque, trascorrere, prima che lo scafo del brigantino emergesse dalle acque del canale.

Ayrton e Pencroff ebbero il tempo di ormeggiare gli alberi e i pennoni per mezzo di cime, la cui estremità fu portata sul greto di GraniteHouse, ove appunto i coloni, unendo i loro sforzi, riuscirono ad alare a terra quei relitti. Poi la piroga raccolse tutto quel che galleggiava: stie, barili, casse; e ogni cosa fu immediatamente trasportata ai Camini.

Anche alcuni cadaveri galleggiavano. Fra gli altri Ayrton riconobbe quello di Bob Harvey e lo mostrò al compagno, dicendo con voce commossa:

«Ecco, Pencroff! Quello che sono stato anch’io.»

«Ma quello che non siete più, mio bravo Ayrton!» rispose il marinaio.

Era, però, strano che i corpi galleggianti fossero in così piccolo numero. Se ne contavano cinque o sei appena, e il riflusso cominciava già a spingerli in alto mare. Quasi certamente i pirati, sorpresi dall’affondamento, non avevano avuto il tempo di fuggire, ed essendosi il bastimento inclinato sul fianco, erano rimasti per la maggior parte prigionieri sotto le impavesate. Il riflusso, che stava per trascinare verso l’alto mare i cadaveri di quei miserabili, avrebbe risparmiato ai coloni la triste bisogna di sotterrarli in qualche angolo della loro isola.

Per due ore, Cyrus Smith e i suoi compagni furono unicamente occupati a tirare in secco i rottami, a mollare le inferiture delle vele, che erano intatte, e a metterle ad asciugare sulla sabbia. Essi parlavano assai poco, assorti com’erano nel lavoro; ma quanti pensieri attraversavano la loro mente! Il possesso di quel brigantino, o meglio di tutto quanto esso conteneva, rappresentava una fortuna. Infatti, una nave è come un piccolo mondo completo, e il materiale della colonia stava quindi per accrescersi di un buon numero d’oggetti utili. Sarebbe stato, «in grande», l’equivalente della cassa trovata alla punta del Relitto.

«E inoltre», pensava Pencroff, «perché dovrebbe essere impossibile rimettere a galla il brigantino? Se non c’è che una via d’acqua, si può turarla, e una nave di tre o quattrocento tonnellate è un vascello in confronto al nostro Bonadventure! E si può andar lontano con essa! Si va dove si vuole! Bisognerà che il signor Cyrus, Ayrton e io esaminiamo la cosa! Ne vale la pena!»

Infatti, se il brigantino era ancora in grado di navigare, le probabilità di rimpatrio dei coloni dell’isola di Lincoln venivano a essere singolarmente accresciute. Ma per risolvere questo importante quesito, conveniva aspettare che la marea fosse del tutto discesa, affinché lo scafo del brigantino potesse essere visitato in ogni sua parte.

Quando i relitti si trovarono al sicuro sulla spiaggia, Cyrus Smith e i suoi compagni si riunirono per una rapida colazione. Morivano letteralmente di fame. Fortunatamente, la dispensa non era lontana e Nab passava per un capocuoco svelto. Si mangiò, dunque, vicino ai Camini e durante il pasto non parlarono che dell’avvenimento inatteso, che aveva miracolosamente salvato la colonia.

«Miracolosamente è la parola più adatta,» ripeteva Pencroff «giacché bisogna confessare che quei bricconi sono morti proprio al momento giusto! GraniteHouse cominciava a diventare inabitabile!»

«E immaginate, Pencroff,» chiese il giornalista «come il fatto sia avvenuto e chi abbia potuto provocare l’esplosione del brigantino?»

«Eh, signor Spilett, niente di più semplice» rispose Pencroff. «Una nave di pirati non è tenuta come una nave da guerra! E dei deportati non sono dei marinai! Le cale del brigantino erano certamente aperte, perché ci cannoneggiava senza tregua, ed è bastata un’imprudenza o una disattenzione per far saltare in aria la baracca.»