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Finalmente gli ultimi alberi si diradarono, permettendo ai coloni di vedere il mare. Ma il carretto continuò la sua strada, poiché nessuno dei suoi difensori poteva pensare ad abbandonarlo.

A un tratto Pencroff fermò l’onagro e con voce terribile:

«Ah, miserabili!» esclamò.

E con la mano mostrò una densa nuvola di fumo, che turbinava al disopra del mulino, delle stalle e della corte degli animali.

Un uomo s’agitava in mezzo a quei vapori.

Era Nab.

I suoi compagni mandarono un grido. Egli udì e corse loro incontro…

I deportati avevano abbandonato l’altipiano da circa mezz’ora, dopo averlo devastato!

«E il signor Harbert?» esclamò Nab. Gedeon Spilett ritornò allora presso il carro. Harbert era svenuto!

CAPITOLO X

HARBERT TRASPORTATO A GRANITEHOUSE «NAB RACCONTA L’ACCADUTO» VISITA DI CYRUS SMITH ALL’ALTIPIANO «ROVINA E DEVASTAZIONE» I COLONI DISARMATI DI FRONTE ALLA MALATTIA «LA CORTECCIA DI SALICE» UNA FEBBRE MORTALE «TOP ABBAIA ANCORA!»

I COLONI non si curarono più né dei pirati, né dei pericoli che minacciavano GraniteHouse, né delle rovine di cui era coperto l’altipiano. Lo stato di Harbert aveva l’assoluta precedenza. Il trasporto, forse, gli era stato funesto, provocando qualche lesione interna? Il giornalista non poteva dirlo, ma tanto lui che i suoi compagni erano disperati.

Il carretto fu condotto alla svolta del fiume. Su alcuni rami, disposti a barella, furono deposti i materassi su cui riposava Harbert svenuto. Dieci minuti dopo, Cyrus Smith, Gedeon Spilett e Pencroff erano ai piedi della muraglia, mentre a Nab venne lasciata la cura di ricondurre il carro sull’altipiano di Bellavista.

L’ascensore fu messo in movimento e poco dopo Harbert era disteso sul suo lettuccio di GraniteHouse.

Le cure che gli furono prodigate lo richiamarono in vita. Sorrise per un istante, ritrovandosi nella sua camera, ma poté appena mormorare qualche parola, tant’era grande la sua debolezza.

Gedeon Spilett esaminò le ferite. Temeva che, essendo imperfettamente cicatrizzate, si fossero riaperte… Nulla di tutto questo. Da che cosa derivava dunque quella prostrazione? Perché Harbert era peggiorato?

Il giovinetto fu preso allora da una specie di torpore febbrile e il giornalista e Pencroff rimasero vicino al suo letto.

Intanto, Cyrus Smith metteva Nab al corrente di quel che era successo al recinto e Nab raccontava al suo padrone gli avvenimenti di cui l’altipiano era stato teatro.

Soltanto nel corso della notte precedente i deportati s’erano mostrati sull’estremo limite della foresta nei pressi del Creek Glicerina. Nab, che vegliava presso il pollaio, non aveva esitato a far fuoco su uno di essi, che si accingeva ad attraversare il corso d’acqua; ma, poiché la notte era piuttosto scura, non aveva potuto sapere se quel miserabile era stato colpito. A ogni modo, lo sparo non era bastato ad allontanare la banda e Nab aveva avuto appena il tempo di risalire a GraniteHouse, ove, almeno, si trovò al sicuro.

Che cosa fare allora? Come impedire la devastazione di cui i deportati minacciavano l’altipiano? Aveva Nab la possibilità di comunicare con il suo padrone? E, d’altra parte, in quale situazione si trovavano anch’essi, gli ospiti del recinto?

Cyrus Smith e i suoi compagni erano partiti l’11 novembre ed era ormai il 29. In quei diciannove giorni Nab non aveva avuto altre notizie se non quelle recate da Top, che erano disastrose: Ayrton sparito, Harbert gravemente ferito, l’ingegnere, il giornalista, il marinaio, prigionieri, per così dire, nel recinto!

Che cosa fare? si chiedeva il povero Nab. Per sé, personalmente, nulla da temere, giacché i deportati non potevano raggiungerlo entro GraniteHouse. Ma le costruzioni, le piantagioni, tutti i frutti di tanto lavoro in balia dei pirati! Non era meglio lasciare Cyrus Smith giudice di quel che vi sarebbe stato da fare e prevenirlo, almeno, del pericolo che li sovrastava?

Nab ebbe allora l’idea di servirsi di Jup, affidandogli un biglietto. Conosceva l’estrema intelligenza dell’orango, ch’era stata sovente messa alla prova. Jup comprendeva la parola recinto, pronunciata spesso in sua presenza, e varie volte aveva condotto colà il carro in compagnia di Pencroff. Non era ancora giorno fatto. L’agile orango avrebbe certo saputo passare inosservato nei boschi, di cui, d’altronde, i pirati l’avrebbero creduto un abitatore.

Nab non esitò. Scrisse il biglietto, l’attaccò al collo di Jup, condusse la scimmia alla porta di GraniteHouse, dalla quale lasciò scendere fino a terra una lunga corda; poi, a più riprese, gli ripete queste parole:

«Jup! Jup! Recinto! Recinto!».

L’animale comprese, afferrò la corda, si lasciò scivolare rapidamente fin sul greto e disparve nell’ombra, senza che l’attenzione dei deportati fosse stata menomamente destata.

«Hai fatto bene, Nab,» rispose Cyrus Smith «ma, non avvertendoci, forse avresti fatto meglio ancora!»

E così dicendo Cyrus Smith pensava ad Harbert, il cui trasporto sembrava averne gravemente compromesso la convalescenza.

Nab finì il suo racconto. I deportati non s’erano mostrati sulla spiaggia. Non conoscendo il numero degli abitanti dell’isola, potevano supporre che GraniteHouse fosse difesa da forze rilevanti. Dovettero ricordarsi che, durante l’attacco del brigantino, numerosi colpi di armi da fuoco li avevano accolti, tanto dalle rocce inferiori, che da quelle superiori, e indubbiamente non vollero esporsi. Ma l’altipiano di Bellavista era loro aperto e non cadeva sotto i tiri di GraniteHouse. Essi si abbandonarono, dunque, al loro istinto di depredazione, saccheggiando, bruciando, facendo il male per il male, e non si ritirarono che mezz’ora prima dell’arrivo dei coloni, che, forse, credevano ancora rinchiusi nel recinto.

Nab s’era precipitato fuori del suo rifugio. Era risalito sull’altipiano, a rischio di esser colpito da qualche proiettile; aveva tentato di spegnere l’incendio, che distruggeva le costruzioni del pollaio, lottando, ma invano, contro il fuoco, sino al momento in cui il carro era apparso al limite del bosco.

Questi erano stati i gravi avvenimenti svoltisi durante l’assenza dei coloni. Era evidente che la presenza dei deportati costituiva una minaccia permanente per i coloni dell’isola di Lincoln, sino allora così felici, e che adesso invece, potevano aspettarsi sventure anche più gravi!

Gedeon Spilett rimase a GraniteHouse, vicino ad Harbert e a Pencroff, mentre Cyrus Smith, accompagnato da Nab, andò a esaminare con i suoi occhi l’entità del disastro.

Era una fortuna che i deportati non si fossero avanzati sino ai piedi di GraniteHouse. I laboratori dei Camini non sarebbero sfuggiti alla devastazione. Ma, tutto considerato, questo male sarebbe stato forse più facilmente riparabile delle rovine accumulate sull’altipiano di Bellavista!

Cyrus Smith e Nab si diressero verso il Mercy e ne risalirono la riva sinistra senza incontrare alcuna traccia del passaggio dei deportati. Nemmeno dall’altra parte del fiume, nel fitto bosco, ebbero a osservare indizi sospetti.

D’altra parte, ecco ciò che si poteva pensare, secondo ogni probabilità: o i deportati sapevano del ritorno dei coloni a GraniteHouse, per averli veduti passare sulla strada del recinto; o, dopo la devastazione dell’altipiano, s’erano cacciati nel bosco dello Jacamar, seguendo il corso del Mercy, e ignoravano il loro ritorno.

Nel primo caso, erano senza dubbio ritornati verso il recinto ormai indifeso, e che racchiudeva risorse per loro preziose.

Nel secondo caso dovevano aver raggiunto di nuovo il loro accampamento, ivi aspettando qualche buona occasione per ricominciare l’attacco.