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Qui lo sconosciuto s’interruppe un istante. La sua voce tremava; ma riprese subito, in questi termini:

«La spedizione partì e si diresse attraverso il continente australiano. Essa fu naturalmente disgraziata, poiché Ayrton o Ben Joyce, come si vorrà chiamarlo, la dirigeva, ora preceduto, ora seguito dalla sua banda di deportati, che era stata preavvisata del colpo da fare.»

«Intanto il Duncan era stato mandato a Melbourne per essere riparato. Si trattava, dunque, di convincere lord Glenarvan a ordinare allo yacht di lasciare Melbourne e di raggiungere la costa est dell’Australia, ove sarebbe stato facile impadronirsene. Dopo aver condotto la spedizione abbastanza vicino a questa costa, in mezzo a vaste foreste, ove mancavano tutti i mezzi di sussistenza, Ayrton ottenne una lettera, ch’egli stesso s’era incaricato di portare al secondo del Duncan, lettera che ordinava allo yacht di raggiungere immediatamente, sulla costa est, la baia di Twofold, che si trovava ad alcune giornate di cammino dal punto ove la spedizione si era fermata. Là appunto Ayrton aveva dato convegno ai suoi complici.

«Nel momento in cui questa lettera stava per essergli consegnata, il traditore fu smascherato e non gli rimase che fuggire. Ma gli occorreva a ogni costo avere quella lettera, che doveva mettere in sua balia il Duncan. Ayrton riuscì a impadronirsene, e due giorni dopo, arrivava a Melbourne.

«Fino allora il criminale era riuscito nei suoi odiosi disegni. Egli stava per condurre il Duncan nella baia di Twofold, ove sarebbe stato facile ai deportati d’impadronirsene, e massacrato l’equipaggio, Ben Joyce sarebbe divenuto padrone di quei mari. Ma Dio doveva arrestarlo proprio quando la sua trama funesta stava per compiersi.

«Ayrton, giunto a Melbourne, consegnò subito la lettera al secondo comandante, Tom Austin, che ne prese conoscenza e tosto salpò; ma si pensi alla costernazione e alla collera di Ayrton, quando l’indomani seppe che il secondo conduceva il bastimento, non già sulla costa est dell’Australia, nella baia di Twofold, ma bensì sulla costa est della Nuova Zelanda. Volle opporsi, Austin gli mostrò la lettera!… E, infatti, per un errore provvidenziale del geografo francese che aveva redatto la lettera, era indicato come luogo di destinazione la costa est della Nuova Zelanda.

«Tutti i piani di Ayrton fallivano! Egli volle rivoltarsi. Venne imprigionato e poi condotto sulla costa della Nuova Zelanda, senza saper più che cosa sarebbe avvenuto dei suoi complici, né di lord Glenarvan.

«Il Duncan rimase a incrociare in quei paraggi fino al 3 marzo. Quel giorno Ayrton sentì delle detonazioni. Erano le cannonate del Duncan, e poco dopo lord Glenarvan e tutti i suoi giungevano a bordo.

«Ecco quello che era accaduto.

«Dopo mille fatiche, mille pericoli,lord Glenarvan aveva potuto giungere alla fine del suo viaggio e arrivare alla costa est dell’Australia, alla baia di Twofold. Il Duncan non c’era! Telegrafò a Melbourne. Gli si rispose: «Duncan partito dal 18 corrente per destinazione ignota».

«Lord Glenarvan non poté più pensare che una cosa: e cioè che lo yacht era caduto nelle mani di Ben Joyce e ch’era diventato un vascello di pirati!

«Nondimeno lord Glenarvan non volle abbandonare la partita. Era un uomo intrepido e generoso. S’imbarcò su una nave mercantile, si fece condurre sulla costa ovest della Nuova Zelanda, l’attraversò sul trentasettesimo parallelo, senza trovare alcuna traccia del capitano Grant; ma sull’altra costa, con grande sorpresa, e per volontà divina, ritrovò il Duncan agli ordini del secondo, che lo aspettava da cinque settimane!

«Era il 3 marzo 1855. Lord Glenarvan era, dunque, a bordo del Duncan; ma vi era anche Ayrton. Egli comparve innanzi al lord, che ne voleva ricavare tutto quello che il bandito poteva sapere in merito al capitano Grant. Ayrton ricusò di parlare. Lord Glenarvan allora gli disse che al primo scalo sarebbe stato consegnato alle autorità inglesi. Ayrton rimase muto.

«Il Duncan riprese la rotta del trentasettesimo parallelo. Intanto, lady Glenarvan tentò di vincere la resistenza del bandito. Alla fine, l’influenza di lei lo conquistò, e Ayrton, in cambio di quello che stava per dire, pregò lord Glenarvan di abbandonarlo su una delle isole del Pacifico, invece di consegnarlo alle autorità inglesi. Lord Glenarvan, deciso a tutto per sapere quanto concerneva il capitano Grant, acconsenti.

«Ayrton narrò allora tutta la sua vita, e ne risultò con certezza ch’egli non sapeva più nulla del capitano Grant, dal giorno in cui questi l’aveva sbarcato sulla costa australiana.

«Nondimeno, lord Glenarvan mantenne la parola data. Il Duncan continuò la sua rotta e arrivò all’isola di Tabor. Là doveva essere lasciato Ayrton, là, per un vero miracolo, venne ritrovato il capitano Grant con i suoi due uomini, precisamente sul trentasettesimo parallelo. Il deportato andava, dunque, a sostituirlo su quell’isolotto deserto; ed ecco le parole che lord Glenarvan pronunziò nel momento in cui Ayrton abbandonò lo yacht:

««Qui, Ayrton, sarete lontano da ogni terra e senza comunicazione possibile coi vostri simili. Non potrete fuggire dall’isolotto, ove il Duncan vi lascia. Sarete solo, sotto l’occhio di un Dio, che legge nel più profondo dei cuori; ma non sarete né perduto né ignorato, come il capitano Grant. Per indegno che siate nel ricordo degli uomini, gli uomini si ricorderanno di voi. Io so dove siete, Ayrton, e so dove trovarvi. Non lo dimenticherò mai!»

«E il Duncan salpò, sparendo in brevissimo tempo.

«Era il 18 marzo 1855. (Nota: Gli avvenimenti che sono qui succintamente narrati sono tolti da un’opera che alcuni dei nostri lettori conoscono senz’altro, I figli del capitano Grant. Qui, come anche più innanzi, si noterà una certa discordanza nelle date; ma si comprenderà in seguito perché le date vere non si siano potute dare prima. (Nota dell’Editore Hetzel). Fine nota)

«Ayrton era solo, ma né le munizioni, né le armi, né gli utensili, né le sementi gli mancavano. Era a sua disposizione, a disposizione di un deportato, la casa fabbricata dall’onesto capitano Grant. Non aveva che da lasciarsi vivere ed espiare nell’isolamento i delitti commessi.

«Signori, egli si penti, ebbe vergogna dei suoi delitti e fu molto infelice! Pensò che se gli uomini fossero venuti un giorno a ricercarlo su quell’isolotto, bisognava ch’egli fosse degno di ritornare fra loro! Quanto soffri, il miserabile! Quanto lavorò per rifarsi con il lavoro! Come pregò per rigenerarsi con la preghiera!

«Per due, tre anni fu così; ma Ayrton, abbattuto dall’isolamento, scrutando sempre se qualche nave fosse apparsa all’orizzonte della sua isola, chiedendosi se il tempo dell’espiazione fosse prossimo al suo termine, soffriva come nessuno ha mai sofferto! Oh, com’è dura la solitudine per un’anima rosa dai rimorsi!

«Ma il Cielo, indubbiamente, non trovava che lo sciagurato fosse abbastanza punito; ed egli sentì che, a poco a poco, diventava selvaggio! Sentì a poco a poco l’abbrutimento impadronirsi di lui! Egli non può dire se fu dopo due o quattro anni d’abbandono; ma, alla fine, divenne il miserabile che avete trovato!

«Non ho bisogno di dirvi, signori, che Ayrton o Ben Joyce e io non siamo che una sola persona!»

Cyrus Smith e i suoi compagni, alla fine del racconto, s’erano alzati. È difficile dire fino a che punto fossero commossi! Tanta miseria, tanti dolori e tanta disperazione messi a nudo davanti a loro!

«Ayrton,» disse allora Cyrus Smith «voi siete stato un grande criminale, ma il Cielo ha certamente giudicato che avete espiato i vostri delitti! L’ha provato riconducendovi fra i vostri simili. Ayrton, siete perdonato! E adesso, volete essere nostro compagno?»

Ayrton indietreggiò.

«Eccovi la mia mano!» disse l’ingegnere.

Ayrton si precipitò sulla mano che Cyrus Smith gli tendeva, e grosse lacrime sgorgarono dai suoi occhi.