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Circondata dagli uomini in giubba bruna al punto che non riusciva a vedere che spalle e schiene e calci di moschetto, Vera tremava ancora ansimante per la marcia affrettata, e sbatteva le palpebre per ricacciare le lacrime. La voce chiara, forte, coraggiosa, giovane, che parlava senza collera né incertezza, cantava le parole della ragione e della pace, cantava l’anima di Lev, l’anima di Vera, l’anima di tutti, la sfida e la speranza…

— Non si tratta — disse la voce cupa e asciutta, la voce di Falco, — di negoziare o di giungere a compromessi. Su questo siamo d’accordo. La vostra presenza numerica è imponente. Ma ricordate che noi rappresentiamo la legge e che siamo armati. Non desidero che ci siano violenze. Non sono necessarie. Siete voi che ce lo imponete, portando una folla così enorme per costringerci ad accettare le vostre richieste. Ciò è intollerabile. Se i vostri cercheranno di avanzare di un solo passo verso la città, ordineremo ai nostri uomini di fermarli. La responsabilità per i feriti e i morti sarà vostra. Ci avete costretti a prendere misure estreme per difendere la comunità umana di Victoria. Non esiteremo a farlo. Ora ordinerò alla folla di disperdersi e di tornare a casa. Se non ubbidirà prontamente, ordinerò ai miei uomini di usare le armi a volontà. Prima voglio procedere allo scambio degli ostaggi, secondo gli accordi. Le due donne, Vera Adelson e Luz Marina Falco, sono qui? Lasciamo che attraversino sane e salve la linea tra noi.

— Non esiste nessun accordo per lo scambio! — disse Lev, e la sua voce era piena di collera.

Herman Macmilan si era fatto largo tra i suoi uomini e aveva afferrato Vera per un braccio, come per impedirle di fuggire o forse per condurla avanti. Quella stretta pesante la sconvolse e la esasperò. Tremò di nuovo, ma non si svincolò e non disse niente a Macmilan. Adesso riusciva a vedere Lev e Falco; e restò immobile.

Lev era rivolto verso di lei, a una decina di metri, sulla piatta cima del colle. Il suo volto era straordinariamente luminoso nell’inquieta luce del sole. Elia gli stava al fianco e gli parlava, concitato. Lev scosse la testa e si rivolse di nuovo a Falco. — Non c’è stato nessun accordo, e non ci sarà. Lasci liberi Vera e gli altri. Sua figlia è già libera. Noi non mercanteggiamo, capite? E non badiamo alle minacce.

Le migliaia di persone ammassate sulla strada tacevano. Sebbene non tutti potessero udire ciò che veniva detto, il silenzio si era propagato tra loro: soltanto qua e là si sentiva il piagnucolio dei bambini piccoli, tenuti stretti dalle madri. Il vento soffiò più forte, e cadde. Le nubi sopra la baia di Songe si ammassavano più pesanti, ma non avevano ancora nascosto il sole.

Falco non rispondeva.

Alla fine si voltò bruscamente. Vera vide la sua faccia, rigida come ferro. Falco fece un gesto verso di lei, inequivocabilmente, invitandola a farsi avanti. Macmilan le lasciò il braccio. Incredula, Vera mosse un passo e un altro passo. I suoi occhi cercarono gli occhi di Lev: lui sorrideva. Era così facile la vittoria? Così facile?

Lo sparo del moschetto di Macmilan, accanto alla sua testa, la scagliò all’indietro, come per il rinculo dell’arma. Sbilanciata, fu gettata di lato dalla carica degli uomini in giubba bruna, e cadde carponi. Ci furono un crepitio, uno schiocco, un rombo, un acuto stridore sibilante come quello di un incendio, ma lontano, dove poteva ardere un incendio: lì c’erano soltanto uomini che si accalcavano e calpestavano e inciampavano. Vera si trascinò, cercando di nascondersi: ma non c’erano nascondigli, non c’era altro che il sibilo del fuoco, i piedi e le gambe, la calca e il terreno fradicio e pietroso.

C’era silenzio, ma non era un vero silenzio. Era un silenzio stupido, insensato, dentro la sua testa, dentro il suo orecchio destro. Scrollò il capo per scacciare quel silenzio. Non c’era abbastanza luce. Il sole era scomparso. Faceva freddo, il vento era freddo ma silenzioso. Rabbrividì e si sollevò a sedere, strinse le braccia contro il ventre. Che posto stupido per cadervi e giacere: s’irritò. Il suo bell’abito di seta arborea era infangato e macchiato di sangue, viscido sul petto e sulle braccia. Un uomo, giaceva al suolo accanto a lei. Non era grande e grosso. Le erano sembrati così giganteschi quando le stavano intorno: ma così, a terra, era esile, schiacciato al suolo come se cercasse di esserne parte, già semisommerso dal fango. Non era più un uomo, ma soltanto fango e capelli e una giubba bruna, lurida. Non era più un uomo. Non era rimasto nessuno. Lei aveva freddo, lì seduta, e quello era un posto assurdo: cercò di trascinarsi un poco. Non era rimasto nessuno che potesse travolgerla e farla cadere, ma non poteva ancora rialzarsi e camminare. D’ora in poi avrebbe dovuto sempre trascinarsi. Nessuno poteva più alzarsi. Non c’era nulla cui aggrapparsi. Nessuno poteva più camminare. Mai più. Giacevano tutti a terra, quei pochi che erano rimasti. Trovò Lev, dopo essersi trascinata per un tratto. Non era stato calpestato nel fango e nella terra come l’uomo dalla giubba bruna; c’era il suo volto, e gli occhi erano aperti e guardavano il cielo; ma non vedevano. Non era rimasta abbastanza luce. Non c’era più luce, e il vento non faceva rumore. Presto avrebbe piovuto: le nubi erano pesanti e compatte come un tetto. Una delle mani di Lev era stata calpestata, e le ossa fratturate spuntavano bianche. Vera si trascinò un po’ più in là, in un punto da dove non la vedeva, e prese l’altra mano di Lev. Era illesa, soltanto fredda. — Così… — disse, cercando di trovare le parole per confortarlo. — Così … Lev caro. — Udiva appena le parole che pronunciava, lontane nel silenzio. — Presto andrà tutto bene, Lev.

X

— Va tutto bene — disse Luz. — Va tutto bene. Non preoccuparti. — Doveva alzare la voce, e si sentiva sciocca a ripetere la stessa cosa: ma serviva sempre, per un po’. Vera si riadagiava e stava tranquilla. Ma poi avrebbe cercato ancora di sollevarsi e avrebbe chiesto cosa stava succedendo, ansiosa e impaurita. Avrebbe chiesto di Lev: — Lev sta bene? Aveva la mano ferita. — E poi avrebbe detto che doveva tornare in città a casa Falco. Non avrebbe mai dovuto venire insieme agli uomini armati di moschetto: era colpa sua, perché aveva tanto desiderato tornare a casa. Se si fosse riconsegnata come ostaggio le cose sarebbero andate meglio, no? — Va tutto bene, non preoccuparti — disse Luz, a voce alta perché l’udito di Vera era lesionato. — Va tutto bene.

E infatti la gente andava a letto la sera e si alzava al mattino, preparava i pasti e li consumava, parlava: tutto continuava. Luz continuava a vivere. La sera andava a letto. Era difficile addormentarsi, e quando dormiva si svegliava nel buio, sfuggendo a un’orribile folla di gente che spingeva e urlava; ma questo non era vero. Non accadeva. Era accaduto. La stanza era buia e silenziosa. Era accaduto, era finito, e tutto continuava.