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— Credo che finirete davvero per impazzire se continuate a pensarci, Howard. Mettetevi in mente che una spiegazione naturale ci dev’essere per forza e poi cercate di dimenticare tutto. Tiro a indovinare, si capisce, ma potrebbe essere andata così.

Barney arrivò con le birre e aspettai che fosse tornato dietro il banco.

Dissi: — Howard, può darsi che un uomo, voglio dire un marziano di nome Yangan Dal, sia effettivamente morto oggi su Marte. Può darsi che fosse davvero l’ultimo marziano. E può darsi che in qualche modo la sua mente sia entrata in contatto con la vostra nel momento in cui moriva. Non dico che sia andata proprio così, ma non è impossibile crederlo. Fate conto che la spiegazione sia questa, Howard, e tenete duro. Comportatevi come se foste Howard Wilcox… e tutte le volte che vi viene un dubbio guardatevi nello specchio. Tornate a casa e fate la pace con vostra moglie; domattina andate in ufficio come se niente fosse e cercate di dimenticarvi tutta questa storia. Non vi pare che sia l’idea migliore?

— Be’, forse avete ragione. Alla prova dei fatti…

— È quella che conta. Finché non avrete una prova migliore attenetevi a quella.

Finimmo le nostre birre, lo accompagnai fuori e lo misi su un tassì. Gli ricordai di comprare dolci o fiori e di escogitare un alibi convincente, invece di continuare a pensare a quel che m’aveva raccontato.

Poi tornai nel palazzo del Tribune, salii da Cargan ed entrando nel suo ufficio chiusi la porta dietro di me.

Dissi: — È tutto a posto, Cargan. L’ho calmato.

— Cos’era successo?

— È proprio un marziano. Ed era l’ultimo marziano rimasto su Marte. Solo che non sapeva che noi eravamo venuti qui, credeva che fossimo morti tutti.

— Ma come… come è possibile che sia stato dimenticato là? Com’è possibile che non sapesse mente?

Dissi: — È un mezzo deficiente. Era in una clinica per minorati a Skar e qualcuno s’è dimenticato di lui; era chiuso a chiave nella sua stanza quando è stato azionato il pulsante che ci ha spediti qui. Non era fuori all’aperto e così non ha potuto ricevere i raggi mentaport che hanno trasmesso la nostra psiche attraverso lo spazio. È scappato dalla stanza, a Zandar ha trovato la piattaforma dove si è svolta la cerimonia e ha schiacciato il pulsante anche lui. Ci doveva essere ancora abbastanza energia da farlo arrivare fin qui.

Cargan fischiò piano tra i denti. — Gli hai detto la verità? È un tipo che sa tenere la bocca chiusa?

Scossi il capo. — No a tutte due le domande. Il suo qi non dev’essere più di quindici direi. Ma è il livello medio dell’intelligenza terrestre, e perciò qui se la caverà benissimo. Sono riuscito a convincerlo che è veramente il terrestre in cui la sua psiche s’è infilata per caso.

— Meno male che è entrato da Barney. Ora gli telefono per dirgli che tutto è a posto. Mi stupisce che non gli abbia dato qualche sonnifero prima di telefonarci.

Dissi: — Barney è uno di noi. Non l’avrebbe mai lasciato scappare. L’avrebbe trattenuto in un modo o nell’altro fino al nostro arrivo.

— Ma tu l’hai lasciato scappare. Sei sicuro che non ci sia pericolo? Non sarebbe stato meglio…

— Andrà tutto benissimo dissi. — Mi prendo io la responsabilità di tenerlo d’occhio finché non abbiamo tutto in mano noi. Dopo credo che dovremo di nuovo rinchiuderlo in qualche istituto. Ma sono contento di non averlo dovuto uccidere. È pur sempre uno di noi, deficiente o no. E probabilmente sarà così felice quando scoprirà di non essere l’ultimo dei marziani che non gli importerà di finire di nuovo in manicomio.

Tornai in sala cronaca e sedetti alla mia scrivania. Slepper non c’era, l’avevano mandato in qualche posto per qualcosa. Johnny Hale alzò gli occhi dal rotocalco che stava leggendo.

— Un bel caso? — domandò.

— Figurati — dissi. — Un ubriaco che voleva rendersi interessante. Mi stupisce che Barney ci abbia scomodati.