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Carissimo! Pensavo che ti fossi dimenticato di mio fascino. Vieni a casa Beaumont stasera. Abbiamo un ricevimento. Giocheremo giochi di tuo bel regalo. Accluso vi era un ritratto di Marie scolpito nel centro di un rubino sintetico.

Reich rispose: Abbattutissimo. Per stasera, niente. Ho perduto uno dei miei milioni.

Lei rispose: Mercoledì ti darò uno dei miei.

Lui rispose: Lieto di accettare. Porterò ospiti. Ti bacio. E andò a dormire.

E gridò alla vista dell’Uomo senza Volto.

Mercoledì mattina Reich visitò i laboratori della Sacramento e ne approfittò per scivolare non visto nella Segreta e impadronirsi di uno ionizzatore Rhodopsin, un tubo di rame grande la metà di una capsula fulminante, ma pericoloso il doppio di un normale cronoteleruttore.

Sarebbe scoppiato il finimondo se si fosse notata tale perdita nella stesura dell’inventario settimanale, e uno dei brillanti giovanotti avrebbe potuto aver guai con il governatore e buscarsi una condanna; ma per quel giorno il corpo di D’Courtney sarebbe già stato un cadavere putrescente.

Mercoledì pomeriggio Reich si recò in Melody Lane, nel cuore del quartiere dei Panty, e fece una capatina alla casa psicomusicale. Ci lavorava una ragazza molto sveglia che aveva composto certi motivetti spiritosi per il Reparto Vendite e canzonette di grande effetto per l’Ufficio Pubblicità ai tempi in cui la Sacramento si batteva all’ultimo sangue per soffocare certi moti operai, lassù nella Cintura degli Asteroidi.

Si chiamava Duffy Wygs; lei insisteva nell’affermare che Duffy non era un soprannome. Per anni e anni si era usato quel nome nella sua famiglia.

— Bene, Duffy? — La baciò.

— Bene, signor Reich. Ancora questo orribile tweed? Si capisce che non avete una donna che pensi a voi. — Lo guardò con aria strana. — Un giorno o l’altro ricorrerò a una telespia pro-Cuori Solitari e le farò diagnosticare il vostro modo di baciare. Insisto col credere che baciando non intendiate affatto far proposte.

— È così.

— Non siete affatto carino.

— Un uomo deve difendersi, Duffy. Quando bacia una ragazza non fa che dare il bacio d’addio al proprio denaro.

— Gli uomini! — esclamò la ragazza con aria disgustata. — Benissimo, bello mio. Che problema vi assilla?

— Il gioco d’azzardo — disse Reich. — Ellery West, il direttore del Reparto Ricreazione, si lamenta che alla Sacramento si gioca troppo. Personalmente me ne infischio.

— Così volete una canzone anti-azzardo?

— Sì, una cosa del genere. Qualcosa che impressioni. Qualcosa di non eccessivamente banale. Che abbia un’azione ritardata, non un effetto immediato. Preferisco che le influenze si esercitino a livello del subconscio.

Duffy annuì, prendendo rapidamente qualche appunto.

— E per favore, che sia un motivo sopportabile. Dovrò sorbirmelo Dio solo sa da quante persone, cantato, fischiettato, mugolato.

— I miei motivi si ascoltano sempre volentieri!

— Sì, ma una volta sola. Comunque, qual è il motivo più persistente che abbiate composto?

— Persistente?

— Come quegli slogan pubblicitari che non riuscite mai a togliervi di mente.

— Oh, li chiamiamo Pepsi.

— Perché?

— Perché dicono che il primo fu scritto secoli fa per le forme primitive di radio e televisione da un tipo che si chiamava Pepsi. Sarà! Io non lo so. Una volta ne scrissi uno. — Duffy trasalì al ricordo. — Non posso sopportare di ripensarci neppure adesso. Mi perseguitò per un anno intero.

— Scherzate.

— Parola d’onore. Era Tira, disse Molla. Lo scrissi per quel Panty sul matematico pazzo. Volevano qualcosa che ne rovinasse il successo, e furono accontentati. La gente si disgustò talmente che dovettero ritirare il Panty. Ci persero una fortuna.

— Fatemelo sentire.

— Non voglio infliggervi questo tormento.

— Su Duffy! Sono curioso.

— Ve ne pentirete.

— Non vi credo.

— E allora va bene, vecchio stupido — disse la ragazza e attirò a sé il pannello multivocale. — Questo vi ripagherà del vostro tiepido bacio. — Fece scorrere delicatamente le dita sul pannello. Nella stanza echeggiò un motivetto di ossessionante, indimenticabile banalità. Era la quintessenza stessa della banalità: Reich non aveva mai udito niente di simile. Qualunque melodia si cercasse di richiamare alla memoria, invariabilmente quel dannato motivetto si sovrapponeva. Poi Duffy cominciò a cantare con vocetta ossessionante:

Otto, amico; sette, amico;

sei, amico; cinque, amico;

quattro, amico; tre, amico;

due, amico. Uno!

Tira, disse Molla,

Molla, disse Tira.

Paura, Tensione, Ansietà

cominciano già.

— Mi sono servita di un trucchetto geniale per comporre questo motivo — disse Duffy continuando a suonare. — Notate la battuta dopo uno! È una semicadenza. Poi ce n’è un’altra dopo già. Così la canzone finisce con una semicadenza e non si può mai smettere di cantarla. La battuta finale vi costringe a ripeterla continuamente in un giro vizioso, così: Paura, Tensione, Ansietà cominciano già. RITORNELLO. Paura, Tensione, Ansietà cominciano già. RITORNELLO. Pau…

— Duffy! — protestò Reich.

— E c’è un’altra cosa — continuò lei dolcemente. — Gli ultimi due versi sono composti da tredici sillabe. Rimarreste sorpreso dell’effetto che hanno sul subcosciente. Contatele. Paura, Tensione, Ansie…

Reich si alzò in piedi tappandosi le orecchie.

— Quanto durerà questa tortura?

— Non meno di un mese.

— Paura, tensione, ans… Sono rovinato. Non c’è modo di uscirne?

— Ma certo — disse Duffy. — È facile. Prendervela con me. — Si strinse a lui e lo baciò. Reich restò impassibile. — Villano — mormorò Duffy. — Antipatico. Asino, sciocco. Quando ti deciderai ad accorgerti della mia esistenza? Svegliati, marmotta! Perché non ti mostri intelligente come ti credo?

— Perché sono più intelligente — disse Reich, e se ne andò.

La canzonetta gli si era insinuata nella mente e continuò a risuonargli dentro per tutta la strada. Tira disse Molla, Molla disse Tira. Paura, Tensione, Ansietà cominciano già. Un perfetto schermo mentale per un non-esper. Quale telespia avrebbe potuto penetrarlo? Paura, Tensione, Ansietà cominciano già.

— Ottimo — mugolò Reich, e prese una Cavalletta per raggiungere il banco di pegni di Jeremy Church nella zona Nord-ovest della città.

Paura, Tensione, Ansietà cominciano già.

La gestione di un Monte di pegni è tra le professioni più antiche che ci siano. Dilaga dalle profondità del passato alle estreme propaggini del futuro, immutabile come l’ambiente stesso del Monte di pegni. Addentrandovi nello scantinato che fungeva da deposito, ingombro di oggetti di ogni epoca, avevate l’impressione di trovarvi in un Museo dell’Eternità. E lo stesso Church, rinsecchito, bieco, col viso disfatto e segnato da un doloroso logorìo interiore, sembrava veramente l’ultimo rappresentante della stirpe umana.

Church uscì dall’ombra e si trovò faccia a faccia con Reich, illuminato dai raggi di sole che cadevano obliqui sul banco. Non trasalì. Non riconobbe Reich. Quasi sfiorando il suo mortale nemico andò a porsi dietro il banco e disse; — Desiderate, prego?