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Ultima famosa roccaforte dell’assedio di New York, Bastion West Side era un ricordo di guerra.

I suoi dieci acri sconvolti dovevano rimanere tali perennemente a denunciare la follia che aveva provocato l’ultima guerra. Ma l’ultima guerra, come al solito, aveva mostrato di essere solo la penultima. Comunque, Bastion West Side era un ricordo di guerra. Il numero 99 era una fabbrica di ceramiche in rovina. Una serie di violente esplosioni si era verificata nel magazzino degli smalti e li aveva fusi formando una specie di arido e variopinto cratere lunare. Qui sorgeva la cosiddetta Casa Arcobaleno di Chooka Frood.

I piani superiori erano stati ripartiti e suddivisi in una serie di stanzucce che la facevano sembrare una conigliera, così intricata e labirintica, che un uomo inseguito poteva sgusciare dall’una all’altra agevolmente e rompere il più impenetrabile accerchiamento. Da questa complicata costruzione Chooka traeva ogni anno lauti guadagni.

I piani inferiori erano occupati dalla famosa Taverna e Fumeria d’oppio di Chooka.

Ma era la cantina dell’edificio che aveva permesso a Chooka Frood l’industria più lucrosa. Ci si arrivava infilandosi in un dedalo di viuzze tortuose, finché si scorgeva la striscia arancione che indicava la porta della Casa Arcobaleno di Chooka. Alla porta vi si faceva incontro un tipo ridicolmente solenne, nel classico costume del XX secolo, che vi chiedeva: — Taverna o Ventura? — Se rispondevate: — Ventura — vi conduceva dinanzi a una porta che pareva la pietra di un sepolcro dove, dopo essere stato costretto a pagare una somma enorme, vi mettevano in mano una torcia al fosforo. Tenendo alta la torcia, discendevate per una ripida scaletta di pietra. Disposti lungo le pareti della cantina c’erano sedili di pietra dove sedevano altri neofiti, ciascuno con la sua torcia. Lì il bagliore della vostra torcia si univa alla costellazione delle altre, finché si udiva l’acuto tintinnio di un campanello d’argento.

Avviluppata nelle note di una musica di fuoco, Chooka Frood faceva il suo ingresso nella cantina e si avviava a passi maestosi verso il centro della camera.

Quel giorno Powell fissò il naso a patata di Chooka, i suoi occhi senza espressione. Può darsi che sappia fingere bene, pensò.

Chooka si fermò nel mezzo della stanza, poi alzò le braccia in quello che doveva essere un gesto mistico.

Non sa fingere, decise tra sé Powell.

— Sono venuta a voi — cominciò Chooka con voce profonda — per aiutarvi a guardare nel profondo dei vostri cuori. Frugate nel fondo dei vostri cuori, voi che aspettate di vendicarvi di un certo Zerlan, abitante di Marte… voi che desiderate l’amore di una donna dagli occhi rossi venuta da Callisto… o le sostanze di quell’avaro di vostro zio che abita a Parigi…

Maledizione! Questa donna è una telespia!

Chooka si irrigidì. Spalancò la bocca dallo stupore.

Ricevete il mio messaggio, vero Chooka Frood?

La risposta giunse in frammenti spauriti. Era ovvio che la facoltà naturale di Chooka Frood non era mai stata coltivata. Chi? Ma chi siete… voi? Con la pazienza con cui avrebbe comunicato con un bambino di terzo grado, Powell sillabò: Nome — Preston Powell. Professione — Ispettore di Polizia. Scopo della mia venuta: interrogare una ragazza a nome Barbara D’Courtney. Ho sentito dire che ve ne servite in questa vostra commedia. Powell le trasmetté l’immagine della ragazza.

Fu patetico il modo con cui Chooka tentò di opporre resistenza.

Maledetta telespia. Andatevene.

Anche voi siete una maledetta telespia. Perché non siete venuta da noi a farvi istruire? Che genere di vita è questa per voi? C’è un vero lavoro che vi aspetta.

Con del vero denaro?

Powell represse a fatica l’ondata di esasperazione che lo aveva invaso.

Parleremo di questo più tardi, Chooka. Dov’è la ragazza?

Non ci sono ragazze.

Leggo nella mente dei clienti seduti qui accanto a me. Quel vecchio caprone ossessionato dalla donna dagli occhi rossi. Powell ne captò delicatamente il pensiero. È già stato qui. Aspetta che arrivi Barbara D’Courtney. Voi la vestite di raso laminato d’argento. La conducete qui dopo circa mezz’ora. A lui piace il suo aspetto. Lei cade in trance al suono delle vostre musiche.

Siete pazzo!

È la donna che è stata ingannata da quello Zelan? Ha visto spesso la ragazza, crede in lei. Dov’è la ragazza, Chooka?

No!

Vedo. Di sopra. Ma dove esattamente Chooka? Non potete fuorviare un primo grado. Forse se vi lasciate educare dalla Lega… Quarta stanza a sinistra; dopo l’angolo formato dal corridoio. Avete un impenetrabile labirinto lassù, Chooka. Lasciate che lo capti ancora una volta per essere ben sicuro…

Confusa e mortificata Chooka gridò: — Fuori di qui sporco poliziotto!

— Scusatemi vi prego — disse Powell. — Faccio il mio mestiere. — Si alzò e uscì dalla stanza.

Questa brillante indagine ebbe luogo in quel minuto secondo che ci volle perché Reich discendesse dal diciottesimo al diciannovesimo gradino che conduceva alla cantina di Chooka Frood. Reich udì il grido di rabbia di Chooka e la risposa di Powell. Si voltò di scatto e rifece di corsa gli scalini fino al piano terreno. Passando di corsa davanti al sorvegliante gli gettò in mano una sovrana e gli sibilò: — Mai stato qui, capito?

— Nessuno è mai stato qui, signore.

Percorse rapidamente i vari locali della Taverna. Paura, Tensione, Ansietà cominciano già. Scivolò rapido tra le ragazze e altra gente che tentava di trattenerlo, poi si rinchiuse in una cabina telefonica, compose il numero di BD 12232. Il viso di Church gli apparve sullo schermo.

— È un bel pasticcio. C’è qui Powell.

— Oh, Dio mio!

— Dove diavolo è Quizzard?

— Pensavo che fosse lì.

— Powell era nella cantina, ha captato tutto da Chooka. Puoi scommettere che Quizzard non c’era. Dove diavolo era?

— Non lo so, Ben, È sceso con sua moglie e…

— Powell deve aver scoperto dov’è la ragazza. Forse ho solo cinque minuti per arrivare primo. Quizzard avrebbe dovuto pensarci.

— Deve essere di sopra, nello sgabuzzino.

— C’è un modo rapido per salirvi? Una scorciatoia che io possa usare per arrivar primo?

— Se Powell ha teleanalizzato Chooka, ha captato anche la scorciatoia.

— Non è detto. Forse si è concentrato solo sulla ragazza. È bene che io tenti.

— Dietro la scalinata centrale. C’è un bassorilievo di marmo. Fa ruotare a destra la testa della donna scolpita. Vedrai che le figure si staccano l’una dall’altra e troverai l’ingresso di un ascensore pneumatico.

Reich appese il ricevitore. Uscì dalla cabina, trovò il bassorilievo, fece ruotare con furia selvaggia la testa della donna e attese che il blocco di marmo si fendesse. Apparve una porta d’acciaio. La spalancò e si precipitò dentro l’apertura. Istantaneamente una lastra di metallo gli si attaccò alle suole, e in un sibilo d’aria compressa Reich fu sollevato fino al piano superiore. Per effetto magnetico la lastra rimase immobile mentre lui apriva la porta e balzava fuori dall’ascensore.

— Quizzard! — urlò Reich.

Nessuna risposta.

Reich percorse metà del corridoio, poi, a caso, infilò una porta.

— Quizzard! — urlò ancora.

Si udì una risposta soffocata. Reich girò sui tacchi, corse a un’altra porta e la aprì. Una donna dagli occhi rossi per effetto di un intervento di chirurgia estetica gli sbarrò il cammino, e Reich le andò a finire contro. Lei scoppiò in una inesplicabile risata. Reich arretrò, fece per riaprire la porta da cui era entrato; ma sbagliò ed evidentemente afferrò la maniglia di un’altra perché non si trovò più nel corridoio.