17
La mia testa ruotava vorticosamente mentre mi dirigevo verso casa, e continuò a ruotare per giorni e giorni. Mi sentivo drogato, ubriaco, intossicato da un senso di possibilità infinite, di aperture illimitate. Era come se fossi sul punto di immergermi in un’incredibile fonte di energia verso cui mi ero diretto, senza saperlo, tutta la vita.
Quella fonte di energia era il potere onniveggente di Carvajal.
Mi ero recato da lui sospettando già che fosse ciò che in realtà era e lui lo aveva confermato, ma aveva fatto anche di più di questo. Una volta terminate le schermaglie verbali e la fase di prova, Carvajal era stato così sollecito a raccontarmi la sua storia come se volesse attirarmi in un rapporto speciale basato sul dono che entrambi spartivamo in modo così disuguale.
Che cosa cercava da me? Che ruolo aveva in mente per me?
Amico? Uno spettatore partecipe? Compagno? Discepolo?
Erede?
Pensai a tutte queste possibili soluzioni Ma esìsteva anche la possibilità che io restassi completamente deluso, che Carvajal non avesse in mente nessun ruolo per me. I ruoli sono creati dai drammaturghi e Carvajal era un attore, non uno scrittore. Si limitava a prendere atto delle sue battute e seguiva il copione. E forse ai suoi occhi io ero semplicemente un nuovo personaggio entrato in scena per parlare con lui, comparso per ragioni a lui ignote e senza importanza, per ragioni, se ce n’erano, che riguardavano solo l’invisibile e forse l’inesistente autore del grande dramma dell’universo.
Questo era un aspetto di Carvajal che mi infastidiva profondamente, nello stesso modo in cui mi infastidiscono gli ubriachi. L’alcoolizzato — o il drogato o il tossicomane — è in senso letterale una persona fuori di sé. Il che significa che non si possono prendere sul serio le sue parole o le sue azioni. Sia che dica che vi ama, sia che dica che vi odia, o quanto ammira la vostra opera o rispetta la vostra integrità o condivide le vostre idee, non saprete mai fino a che punto è sincero, perché possono essere l’alcool o la droga a farlo parlare. Se propone un affare, non sapete quanto si ricorderà quando sarà nuovamente normale. Quindi le vostre trattative con lui da lucido non hanno essenzialmente nessun valore. Io sono una persona ordinata e razionale e quando tratto con qualcuno voglio provare la sensazione che vi sia un’azione reciproca. Non è così invece quando io penso di avere un rapporto vero e l’altro invece sta dicendo solo tutto quello che gli passa per la mente chimicamente alterata.
Con Carvajal provavo molte di queste stesse incertezze. Lui non agiva secondo motivazioni razionali, come l’auto interesse o il benessere generale; ogni cosa, persino la sua sopravvivenza, gli sembrava priva di importanza. Le sue azioni, perciò, non si conformavano né alla stocasticità né al buon senso: Carvajal era imprevedibile perché non seguiva schemi visibili, ma solo il copione, il sacro e inalterabile copione, che gli si rivelava in lampi di intuizione illogica e spezzettata. “Faccio ciò che mi vedo fare” aveva detto.
Senza mai chiedersi perché. Ottimo. “Vede” se stesso dare tutto il suo denaro ai poveri, così dà tutto il suo denaro ai poveri. Si “vede” attraversare il George Washington Bridge su un trampolo a molla e così fa, saltellando da una parte all’altra. Si “vede” mettere del H2SO4 nel bicchiere d’acqua del suo ospite e subito vi rovescia dentro l’acido solforico senza esitazione. Risponde alle domande con argomenti preordinati, sia che ciò che è preordinato abbia senso sia che non ce l’abbia. E così via. Essendosi arreso totalmente ai comandi del futuro rivelato, egli non sente nessuna necessità di esaminare motivazioni e conseguenze.
Peggio ancora che ubriaco, dopo tutto. Almeno un alcolizzato ha qualche lampo di coscienza razionale operante, per quanto confuso, in fondo alla mente.
Ma forse sono stato troppo duro. Forse esistevano dei disegni che io non riuscivo a vedere. Poteva darsi che l’interesse di Carvajal per me fosse autentico, che egli volesse davvero farmi avere un ruolo reale nella sua vita solitaria. Che egli volesse diventare la mia guida, essere una specie di padre, trasmettermi, nei mesi di vita che gli rimanevano, quella conoscenza che poteva impartire. A ogni modo io avevo trovato un ruolo per lui. Volevo che mi aiutasse a far eleggere Paul Quinn presidente.
Il fatto che Carvajal non potesse vedere fino alle elezioni dell’anno seguente era un intoppo, ma non necessariamente grave. Avvenimenti di grossa portata come la successione presidenziale hanno radici profonde; decisioni prese oggi possono influenzare le svolte e le tendenze politiche degli anni futuri; le conoscenze di Carvajal sul prossimo anno potrebbero già permettere a Paul Quinn di crearsi delle alleanze che lo porterebbero all’elezione nel 2004. Questa idea mi ossessionava al punto che intendevo manovrare Carvajal a beneficio di Quinn. Con un astuto gioco di domande-risposte avrei potuto carpirgli delle informazioni di importanza vitale.
18
Fu una settimana agitata. Sul fronte politico ci furono solo notizie cattive. In tutto il paese i Nuovi Democratici facevano a gara ad assicurare il loro appoggio al senatore Kane, e Kane, invece di mantenere la sua scelta vicepresidenziale aperta secondo la tradizionale usanza dai candidati più in vista, si sentì così sicuro che a una conferenza stampa annunciò allegramente che avrebbe voluto che Socorro entrasse in lista con lui. Quinn, che aveva iniziato a ottenere consensi in campo nazionale dopo la faccenda del coagulamento del petrolio, cessò di colpo di interessare ai capi di partito a ovest dell’Hudson. Gli inviti a parlare si assottigliarono fino a cessare del tutto; le richieste di foto autografate si ridussero a un’inezia, segni di poca importanza, ma abbastanza significativi. Quinn sapeva cosa stava succedendo e non ne era certo soddisfatto.
— Com’è che si è verificata così in fretta questa alleanza Kane-Socorro? — chiese. — Un giorno sono la grande speranza bianca del partito e il giorno dopo le porte di tutti i circoli mi vengono sbattute sulla faccia.
Ci lanciò la famosa, profonda occhiata alla Quinn, con gli occhi che passavano da un uomo all’altro alla ricerca di quello che in qualche modo l’aveva tradito. La sua presenza era dominante come sempre; la vista, poi, del suo disappunto era intollerabilmente dolorosa.
— Aspetta — gli promisi. — Si stanno profilando nuove situazioni. Dammi un mese e ti preparerò lo schema del prossimo anno.
— Aspetterò un mese e mezzo — ribatté lui, di cattivo umore.
La sua rabbia svanì dopo un paio di giorni piuttosto tesi.
Era troppo occupato con i problemi locali che si moltiplicarono di colpo — la tradizionale inquietudine sociale da afa che colpisce New York ogni estate come una nuvola di zanzare — per rimpiangere una nomina che in realtà non avrebbe voluto.
Fu anche una settimana di problemi familiari. L’adesione sempre più completa di Sundara alla Transit cominciava a innervosirmi sul serio. Il suo comportamento ormai era folle, imprevedibile e immotivato come quello di Carvajal; essi, però, giungevano alla loro strana pazzia da direzioni opposte: l’atteggiamento di Carvajal era dominato dalla cieca obbedienza a una rivelazione inesplicabile, quello di Sundara dal desiderio di liberarsi da ogni schema e struttura.
Faceva qualunque cosa le girasse in testa. Il giorno in cui andai a trovare Carvajal, Sundara si recò all’Edificio Municipale e fece domanda per avere la licenza da prostituta. La cosa le portò via quasi tutto il pomeriggio, perché dovette sottoporsi alla visita medica, a un colloquio con il sindacato, alla schedatura con fotografia e impronte digitali e tutte le altre complicazioni burocratiche. Quando tornai a casa, con la testa ancora piena di Carvajal, lei agitò con aria trionfante la piccola tessera laminata che le permetteva di vendere legalmente il proprio corpo ovunque nei cinque distretti.