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“Bevvi il primo martini della mia vita e mangiai il primo ’filet mignon’; mi sembrava di essere entrato nel Valhalla, sapete, o a Versailles. Una visita in uno strano mondo lucente dove tutti erano ricchi, potenti e maestosi. Quando mi sedetti all’immenso tavolo di rovere di fronte a mio padre, ebbi una visione. Cominciai a ’vedere’, ’vidi’ me stesso ormai vecchio, l’uomo che sono oggi, consunto, con ciuffi radi di capelli grigi, come mi ero già visto altre volte imparando a riconoscermi, e quel mio io sedeva in una sala riccamente arredata, una sala dallo stile agile ed elegante e con mobili fantasiosi, che in realtà era questa sala, e io ero al tavolo in compagnia di un uomo molto più giovane, un uomo alto e robusto che si chinava in avanti guardandomi con un’espressione nervosa e insicura e ascoltando ogni mia parola come se tentasse di impararla a memoria. Poi la visione si dissolse e mi ritrovai nuovamente con mio padre che mi stava chiedendo se mi sentivo bene e feci finta che fosse stato il martini a rendermi gli occhi vitrei e il volto contratto; infatti anche allora non ero un grande bevitore. Mi chiesi se quello che avevo ’visto’ fosse una specie di proiezione al futuro della situazione in cui mi trovavo in quel momento, cioè, se avevo visto me stesso anziano portare mio figlio al ’Merchants and Shippers’ Club del futuro. Per parecchi anni pensai a chi sarebbe stata mia moglie e come sarebbe stato mio figlio, e poi venni a sapere che non avrei avuto né moglie né figlio. Gli anni sono passati ed eccoci qui, io e voi, e voi sedete di fronte a me chino in avanti e mi guardate con un’espressione nervosa e insicura…”

Mi sentii correre un brivido lungo la schiena.

— Mi avete “visto” qui con voi più di quarant’anni fa?

Annuì con noncuranza e con lo stesso atteggiamento si girò per chiamare un cameriere, tagliando imperiosamente l’aria con l’indice come se fosse stato J.P.Morgan. Il cameriere arrivò di corsa al suo fianco e lo salutò ossequiosamente chiamandolo per nome. Carvajal ordinò un martini per me — perché lo aveva “visto”? — e uno sherry per sé.

— Vi trattano molto gentilmente — gli feci notare.

— È una questione d’onore per loro trattare ogni socio come se fosse il cugino dello Czar. Ciò che dicono di me in privato è probabilmente meno lusinghiero. La tessera di socio sarà sepolta con me e immagino che il circolo sarà ben felice che nessun altro piccolo e cencioso Carvajal gli contamini l’ambiente.

Gli aperitivi arrivarono quasi subito. Alzammo solennemente i bicchieri l’uno all’altro in un brindisi meccanico e rudimentale.

— Al futuro — esclamò Carvajal — allo splendente e seducente futuro — e scoppiò in una roca risata.

— Siete di buon umore oggi.

— Sì, mi sento allegro come non mi succedeva da anni. Una seconda primavera per il vecchio, eh?

La sua vivacità era sconcertante e mi metteva quasi paura.

Nei nostri due incontri precedenti Carvajal era riuscito a trovare delle riserve di energia ormai spente, ma oggi sembrava pronto, frenetico, pieno di una forza selvaggia attinta da qualche fonte tremenda.

Di colpo mi chiese: — Ditemi, Lew, avete mai avuto dei momenti di seconda vista?

— Penso di sì. Certamente, qualcosa di meno vivido di ciò che dovete provare voi. Ma penso che molte delle mie intuizioni siano basate su guizzi di vere e proprie visioni, lampi meno che minimi che vengono e spariscono così velocemente che non riuscirei a riconoscerli.

— Molto probabile.

— E poi sogni — proseguii. — Spesso in sogno ricevo premonizioni e presentimenti che poi si rivelano corretti. Come se il futuro fluttuasse verso di me e bussasse ai cancelli della mia coscienza addormentata.

— Sì, infatti la mente che dorme è molto più ricettiva a cose di quel genere.

— Ma ciò che percepisco in sogno mi giunge sotto forma simbolica, come una metafora più che un film. Poco prima che Gilmartin fosse arrestato sognai che veniva fucilato da un plotone di esecuzione, per esempio. L’informazione giusta mi era arrivata ma non in forma testuale.

— No. Il messaggio vi è arrivato in modo accurato e testuale, ma la vostra mente lo ha reso confuso e l’ha cifrato perché stavate dormendo e non potevate far funzionare nel modo giusto i vostri ricettori. Solo la mente razionale sveglia può trattare e integrare in modo attendibile i messaggi. La maggior parte delle persone sveglie, però, respingono i messaggi e quando dormono sono le loro menti a confondere ciò che si presenta loro.

— Pensate che siano molte le persone che ricevono messaggi dal futuro?

— Credo che capiti a tutti — rispose con fòga. — Il futuro non è il regno inaccessibile e intangibile che si pensa. Però sono così pochi ad ammettere la sua esistenza, eccetto che come concetto astratto. Così pochi permettono che i suoi messaggi li raggiungano!

La sua espressione aveva una strana intensità. Abbassò la voce e proseguì: — Il futuro non è un costrutto verbale. È un posto con una sua propria esistenza. In questo momento, mentre sediamo qui, noi siamo anche là, là + 1, là + 2, là + n, un’infinità di “là”, tutti simultaneamente, prima e dopo la nostra attuale posizione lungo la nostra linea di tempo. Quelle altre posizioni non sono né più né meno “reali” di questa. Semplicemente, sono in un posto che per caso non è il posto in cui hanno solitamente sede le nostre percezioni.

— Ma occasionalmente le nostre percezioni…

— Sconfinano. Vagano in altri segmenti della linea del tempo. Raccolgono avvenimenti o stati d’animo o stralci di conversazione che non appartengono all’“adesso”.

— Sono le nostre percezioni che vagano o sono gli eventi stessi a non essere ancorati bene al loro “adesso”?

Carvajal si strinse nelle spalle. — Ha importanza? Non c’è modo di saperlo.

— Ma non vi interessa sapere come funziona? Tutta la vostra vita è stata modellata da questo e voi semplicemente…

— Ve l’ho detto, ho molte teorie. Così tante, che tendono a cancellarsi l’una con l’altra. Lew, Lew, pensate che non mi interessi? Ho passato tutta la vita a cercare di capire questo mio talento, la mia facoltà, e posso dare a ogni vostra domanda una dozzina di risposte, ciascuna plausibile come la successiva. La teoria della doppia linea del tempo, per esempio. Ve ne ho parlato?

— No.

— Ecco, allora.

Con calma, tirò fuori una penna e disegnò due righe parallele attraverso la tovaglia. Alle due estremità di una riga mise X e Y, all’altra X' e Y'.

— La linea che va da X a Y è il corso della storia come la conosciamo noi. Inizia con la creazione dell’universo al punto X e finisce con l’equilibrio termodinamico a Y, va bene? E queste sono alcune date significative del suo corso.

Con colpetti precisi vi tratteggiò delle lineette perpendicolari, cominciando dal lato della tavola più vicino a sé e proseguendo verso di me.

— Questa è l’era dell’uomo di Neanderthal. Questo è il tempo di Gesù. Questo è il 1939, l’inizio della II Guerra Mondiale. E anche l’inizio di Martin Carvajal. Voi quando siete nato? Intorno al 1970?

— Nel 1966.

— 1966. Benissimo. Questo siete voi, 1966. E questo è l’anno corrente, 1999. Questo, poi, è l’anno della vostra morte, 2056. Questo per quanto riguarda la linea X–Y. Adesso prendiamo l’altra, la linea X'–Y', anche questo è il corso della storia di questo universo, lo stesso corso di storia indicato da un’altra linea. Solo che procede in senso inverso.