— Mi piace, Paul. Mi piace da matti.
— Bene. Tu sarai il mio uomo chiave. Voglio che tu ti concentri a tempo pieno sul lavoro di studio e previsione del contesto politico-nazionale in modo da poter elaborare i piani d’azione secondo il mio progetto. Lascia perdere i piccoli problemi locali, quelli che riguardano New York. Mardikian può organizzare da solo la campagna per la mia rielezione a sindaco. Tu studi il contesto più vasto, mi dici cosa pensano di volere quelli dell’Ohio, delle Hawaii e del Nebraska, mi dici cosa è probabile che vogliano tra quattro anni. Tu sarai l’uomo che mi farà presidente.
— Puoi starne certo.
— Sarai gli occhi che guarderanno nel futuro per me.
— Lo sai, amico.
Ci stringemmo le mani.
— Verso la Casa Bianca! — urlò Quinn.
— Washington, arriviamo! — sbraitai io.
Fu una cosa stupida, ma commovente. Immaginai la storia ai nostri piedi, noi in marcia verso la Casa Bianca con me in testa a sventolare la bandiera e suonare i tamburi. Ero così scosso dall’emozione che fui sul punto di dire a Quinn di lasciar perdere la cerimonia della Banca del Kuwait. Poi, però, vidi il volto triste di Carvajal apparire tra i granellini di polvere del raggio di luce che entrava dalla finestra e mi fermai.
Così non dissi nulla: Quinn fece il suo discorso e naturalmente si andò a impegolare in una serie di grossolane barzellette sulla situazione politica del Medio Oriente.
— Mi hanno detto che la settimana scorsa re Abdullah e il Primo Ministro Eleazar giocavano a poker al casinò di Eilat; il re aveva scommesso tre cammelli e un pozzo di petrolio e il primo ministro aveva rilanciato a cinque maiali e un sottomarino, così il re… — No, no, è troppo stupida per ripeterla. Naturalmente l’exploit di Quinn fu il pezzo forte dei notiziari della sera, e il giorno seguente la City Hall fu invasa da telegrammi risentiti. Mardikian mi telefonò per avvertirmi che il posto era picchettato dal B’nai B’rith, dall’Appello per gli Ebrei Uniti, dalla Lega di Difesa Ebrea e dall’intera squadra della Casa di Davide.
Ci andai anch’io, sgattaiolando molto poco ebraicamente tra la ressa di ebrei offesi e con il desiderio di chiedere scusa al mondo intero per avere permesso, con il mio silenzio, che accadesse tutto questo. Con il sindaco c’era anche Lombroso. Ci scambiammo una rapida occhiata. Mi sentivo soddisfatto — Carvajal non aveva forse previsto esattamente l’incidente? — impacciato e impaurito nello stesso tempo.
Lombroso mi strizzò rapidamente l’occhio, cosa che avrebbe potuto avere almeno dieci significati diversi, ma che io presi come un gesto rassicurante e di perdono.
Quinn non sembrava molto turbato. Un po’ nervosamente diede un colpetto alla scatola piena di telegrammi e disse amaramente: — È così che si comincia la caccia all’elettore americano. Non è un gran bell’inizio, vero, ragazzo?
— Non preoccuparti — esclamai con un tono volonteroso ed entusiasta da boyscout. — Questa è l’ultima volta che succederà una cosa del genere.
25
Telefonai a Carvajal.
— Ho bisogno di parlarvi.
Ci incontrammo lungo Hudson Promenade vicino alla 10a Strada. C’era un tempo sinistro, scuro, umido e caldo; il cielo era di un minaccioso giallo-verdino con nuvoloni neri addensati sul New Jersey e un senso di apocalisse imminente dominava ogni cosa. I raggi di un pallido sole nebbioso, più cinerei che dorati, si facevano largo tra uno strato di dense nubi ammassate in mezzo al cielo come una coperta spiegazzata. Un tempo assurdo, da melodramma, uno scenario rumoroso e oleografico per la nostra conversazione.
Gli occhi di Carvajal avevano uno splendore innaturale.
Sembrava più alto, più giovane, pareva danzasse sulle punte dei piedi lungo la Promenade. Come mai sembrava acquistare forza a ogni nostro incontro?
— Allora? — mi chiese.
— Voglio riuscire a “vedere”.
— Fatelo, allora. Non ho nessuna intenzione di fermarvi.
— Siate serio — scongiurai.
— Sono sempre serio. Come posso aiutarvi?
— Insegnatemi come si fa.
— Vi ho mai detto che si possa insegnare?
— Avete detto che tutti hanno questo dono ma pochissimi sanno come usarlo. D’accordo. Fatemi vedere come si fa a usarlo.
— Il modo di usarlo si può forse imparare, ma non insegnare.
— Per favore.
— Perché tanta fretta?
— Quinn ha bisogno di me. Voglio aiutarlo a diventare presidente.
— E allora?
— Voglio aiutarlo. Ho bisogno di “vedere”.
— Siete bravissimo a fare le previsioni, Lew.
— Non abbastanza, non abbastanza.
Si sentì un tuono venire da Hoboken. Un vento freddo e umido proveniente da ovest mosse le nubi raggruppate. Lo scenario naturale stava diventando grottesco, comico, esagerato.
Carvajal disse: — Supponiamo che vi dica di darmi il controllo completo della vostra vita. Supponiamo che vi chieda di lasciarmi prendere ogni decisione per voi, di modellare ogni vostra azione sui miei ordini, di mettere completamente la vostra esistenza nelle mie mani, supponiamo che dica che, se lo fate, c’è una possibilità che voi impariate a “vedere”. Una possibilità. Cosa rispondereste?
— Direi che è un affare.
— “Vedere” può non essere fantastico come pensate, sapete. In questo momento lo vedete come una chiave magica per tutto. Cosa succederebbe se si rivelasse solo un peso e un ostacolo? Se fosse una maledizione?
— Non penso che possa essere così.
— Come fate a saperlo?
— Un potere come questo può rappresentare un’enorme forza positiva. Per me può essere solo una cosa benefica. Vedo i possibili lati negativi, certo, ma… una maledizione? No.
— E se lo fosse?
Mi strinsi nelle spalle.
— Corro il rischio. È stata una maledizione per voi?
Carvajal si fermò e mi guardò in viso cercando i miei occhi.
Era il momento giusto perché un lampo squarciasse il cielo, i rullii di un potente tuono risuonassero lungo l’Hudson e una pioggia torrenziale si abbattesse sulla Promenade. Non accadde niente di tutto questo. Invece, cosa assurda, le nuvole direttamente sopra di noi si aprirono e un sole giallo e dolce abbracciò le sinistre minacce di temporale.
— Sì — rispose, calmo. — Una maledizione. Se non altro, una maledizione.
— Non vi credo.
— Cosa volete che me ne importi?
— Se anche è stata una maledizione per voi, non penso lo sarebbe per me.
— Molto coraggioso, Lew. O molto sciocco.
— Sia l’uno che l’altro. Ma voglio essere capace di “vedere”.
— Siete disposto a diventare mio discepolo?
Strana parola, stonata.