— Nessuno di quelli che ci vivono — precisò Carvajal. — Quest’uomo sarà un forestiero. Ha avuto il mio indirizzo per errore — ha il numero dell’appartamento sbagliato — e deve ritirare una partita di droga, una sostanza usata dai tossicomani. Gli dirò che non ho nessuna droga e lui si rifiuterà di credermi; penserà che io stia facendo il doppio gioco e diventerà violento, cominciando ad agitare la pistola e minacciandomi.
— E io cosa faccio nel frattempo?
— State a guardare.
— A guardare? Me ne sto lì, con le braccia incrociate come uno spettatore?
— Solo a guardare. Come uno spettatore.
Notai un tono tagliente nella sua voce. Come se mi stesse dando un ordine: “Tu non farai niente in questa scena. Ne rimarrai completamente fuori, in un angolo, come un semplice spettatore.”
— Lo potrei colpire con una lampada. Potrei tentare di strappargli la pistola.
— Non lo farete.
— D’accordo. Poi, cosa succede?
— Qualcuno bussa alla porta. È uno dei miei vicini, che ha sentito il rumore ed è preoccupato. Il tipo armato si lascia prendere dal panico. Pensa che sia la polizia, o una banda rivale. Fa fuoco tre volte; poi rompe una finestra e fugge per la scala antincendio. I proiettili mi colpiscono al petto, a un braccio e a un lato della testa. Sopravvivo poco più di un minuto. Voi non venite colpito.
— E poi?
Carvajal si mise a ridere.
— E poi? E poi? Come posso saperlo io? Ve l’ho detto: “vedo” come attraverso un periscopio. Il periscopio arriva fino a quel momento, non oltre. Per me la percezione finisce lì.
Era calmissimo.
— È questa la cosa che avete “visto” quel giorno che abbiamo pranzato insieme al Merchants and Shippers Club?
— Sì.
— Avete osservato voi stesso morire sotto i colpi di una pistola e poi, con noncuranza, avete chiesto il menù?
— La scena non mi era per niente nuova.
— Quante volte l’avete “vista”?
— Non ho idea. Venti volte, cinquanta, forse cento. Come un sogno ricorrente.
— Un incubo ricorrente.
— Ci si abitua. Dopo le prime dieci volte la cosa cessa di avere una carica emotiva.
— Quindi, non è niente più di un film per voi? Come un vecchio giallo televisivo di James Cagney?
— Qualcosa del genere. La scena in sé diventa banale, noiosa, stereotipata, monotona. Sono le implicazioni sottintese che non perdono mai la loro forza, mentre i dettagli hanno ormai perso qualsiasi importanza.
— L’accettate. Non tenterete neppure di sbattere la porta sulla faccia di quell’uomo quando arriverà il momento. Non mi permetterete di nascondermi dietro la porta e dargli un colpo in testa. Non chiederete alla polizia di tenervi sotto controllo quel giorno.
— Certo che no. Che vantaggio ne potrei avere?
— Come esperimento…
Contrasse le labbra. Sembrava seccato del mio cocciuto ritornare su un tema che per lui era assurdo.
— Ciò che “vedo” è ciò che accadrà. Gli esperimenti li ho fatti 50 anni fa e sono falliti. No, non faremo niente, Lew. Reciteremo diligentemente le nostre parti. So che sarà così.
28
Nella mia nuova condizione parlavo con Carvajal ogni giorno, e se era necessario molte volte al giorno, di solito per telefono, per trasmettergli le ultime informazioni politiche interne: strategia, nuovi sviluppi, conversazioni con i delegati di altre città, elaborazioni di dati, qualunque cosa che potesse essere anche lontanamente collegata al nostro fine di portare Paul Quinn alla Casa Bianca.
La ragione per cui riversavo tutte queste informazioni nella mente di Carvajal era l’effetto periscopico; egli non poteva “vedere” nulla che la sua coscienza non avesse in qualche modo percepito, e ciò che non poteva “vedere” non poteva nemmeno passarlo a me. Quello che io facevo, dunque, era trasmettere a me stesso messaggi tratti dal futuro, messaggi che mi ritornavano attraverso Carvajal. Le cose che gli dicevo erano, naturalmente, inutili a questo proposito, perché io le conoscevo già; ma ciò che gli avrei detto da qui a un mese poteva essermi d’aiuto oggi; dal momento che l’informazione doveva entrare in qualche punto del quadro generale, cominciavo qui l’immissione di dati, passando a Carvajal delle notizie che egli aveva “visto” mesi o anche anni fa. Nel suo rimanente anno di vita, Carvajal sarebbe diventato la mia cassaforte dei futuri avvenimenti politici.
E Carvajal, giorno per giorno, mi restituiva i dati elaborati, per lo più cose che avevano a che fare con il destino futuro di Quinn. A mia volta li passavo a Haig Mardikian, di solito, anche se alcuni erano di competenza di George Missakian — relazioni pubbliche — e alcuni, che avevano a che fare con questioni finanziarie, finivano sulla scrivania di Lombroso. Altri li portavo direttamente a Quinn. I miei appunti attinti da Carvajal, in una settimana normale, includevano questioni di questo tipo:
— Invitare a colazione il Commissario dello Sviluppo Comunale Spreckels. Suggerirgli la possibilità di ottenere la carica di giudice.
— Assistere al matrimonio del figlio del Sen. Wilkom del Massachusetts.
— Avvertire Con Ed, confidenzialmente, che non c’è nessuna speranza di okay per la proposta dell’impianto di fusione in Flatbush.
— Fratello del Gov, segnalarlo alla Triboro Authority. Discusso questione nepotismo in anticipo scherzando a una conferenza stampa.
— Convocare Portavoce dell’Assemblea Feinberg per un leggero giro di vite riguardo al progetto di legge sul collegamento stradale New York-Massachusetts-Connecticut.
— Giro della Sede Storica del Distretto Garment con il nuovo console generale d’Israele. Includere nel gruppo: Leibman, Berkowitz, signora Weisbard, il Rabbino Dubin e anche la signora O’Neill.
A volte capivo perché il mio futuro io raccomandasse un certo corso di azione a Quinn, ma altre volte ero del tutto confuso. (Perché, per esempio, dirgli di porre il veto a un’innocua proposta del City Council per la riapertura di una zona verde a sud di Canal Street? In che modo ciò l’avrebbe aiutato a diventare presidente?) Carvajal non mi era di nessun aiuto. Si limitava a passarmi dei suggerimenti che traeva da quello che sarebbe stato il mio io tra otto o nove mesi. Dal momento che lui sarebbe morto prima che una qualsiasi di queste cose potesse manifestare le sue implicazioni definitive, Carvajal non aveva nessuna idea di quale effetto potessero produrre. Mi dava tutto a condizione di prendere-o-lasciare. Non andare a scavare i perché. Segui il copione, Lew, segui il copione.
E io seguivo il copione.
Le mie ambizioni politiche riflesse cominciavano ad assumere il carattere di una missione divina: usando il dono di Carvajal e le doti di Quinn, sarei riuscito a riplasmare il mondo e a renderlo un Posto Migliore con un non meglio specificato carattere ideale. Sentivo i pulsanti canali del potere in mio possesso. Mentre prima avevo visto nella presidenza di Quinn uno scopo degno di essere raggiunto in se stesso, ora inseguivo l’utopistico sogno di creare un mondo guidato dalla facoltà di “vedere”. Pensavo ancora in termini di manipolazione, di rispiegamento di motivazioni, di macchinazioni politiche, ma solo proiettando tutto in funzione del fine più alto per cui immaginavo di lavorare.
Giorno dopo giorno incanalavo i miei appunti a Quinn e ai suoi tirapiedi. Mardikian e il sindaco pensavano che quelle annotazioni fossero il risultato delle mie previsioni, il prodotto dei miei sondaggi, dei miei computer e del mio astuto cervello. Dal momento che il mio curriculum di intuizioni stocastiche, con il passare degli anni, veniva considerato eccellente, essi facevano tutto quello che dicevo loro. Senza fare domande. Di tanto in tanto, Quinn rideva e commentava: — Ragazzo, non mi sembra che questo appunto abbia molto senso.