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Anche l’uomo cambia. Il suo corpo si è trasformato molte volte, sviluppa strani organi che tremolano come antenne dalle nodosità della sua pelle simile a cuoio, non ha occhi ed è liscio dalla bocca al cranio, poi ha molti occhi, è coperto di occhi, non è più né maschio né femmina ma di un sesso intermedio, è piccolo, è immenso, è liquido, è metallico, abolisce la morte, ride con un suono di tamburi, giace con i draghi, scrive poesie di erbe, costruisce vascelli di aria, diventa un dio, diventa un demonio, è tutto, è niente.

I continenti girano su se stessi come ippopotami che ballano una polka. La luna si abbassa nel cielo fino a frantumarsi con un meraviglioso “pingo” di vetro infranto che riecheggia per anni. Anche il sole si allontana dai suoi armeggii e io lo “vedo” scivolare via nella notte e aspetto che ritorni, ma non ritorna e un manto di ghiaccio scivola sulla pelle nera del pianeta e gli uomini diventano cose della notte.

Cosa “vedo”?

Ecco i capi del genere umano, i nuovi re e imperatori, gli dei non previsti, gli sciamani, gli stregoni. E questi sono i cantanti, questi i poeti e questi i creatori di immagini.

Questi sono i continenti sconosciuti da scoprire.

Vedo gli errori, vedo le miracolose conquiste che mi riempiono gli occhi di lacrime. Queste sono nazioni ancora sconosciute; queste sono nazioni rinate. Com’è questo linguaggio, tutto fischi e scatti? Com’è questa musica, tutta ringhi e colpi di martello? Meravigliosi sono i tempi futuri! Tutto ciò che potete immaginare accadrà e più, molto di più. Mi sono aperte tutte le porte?

Guardo il principe assassinato e il neonato salvatore?

Contemplo i milioni di domani della razza e li bevo tutti per fare della carne del futuro la mia stessa carne?

Cosa sono quelle strane costellazioni? Chi sono quei visi mascherati? Che cosa rappresenta questo idolo di pietra, alto come tre montagne?

Che cosa “vedo”, cosa “vedo”?

Tutto il tempo, tutto lo spazio.

No. Naturalmente non sarà così. Tutto ciò che “vedo” è quel tanto che rientra nei pochi striminziti anni che mi rimangono. Brevi messaggi insignificanti, come le confuse trasmissioni dei telefoni ricavati dalle lattine che costruivamo da ragazzi; niente splendori epici, niente apocalissi barocche. Pure, anche quei suoni indistinti e soffocati sono più di quanto avrei potuto sperare di avere quando dormivo come voi, quando ero una di quelle figure cieche e barcollanti che si muovevano goffamente attraverso quel regno delle tenebre che è il mondo.

32

Mardìkian mi trovò un avvocato. Si trattava di Jason Komurjian, un altro armeno, ovviamente, uno dei soci nella finanziaria di Mardikian, lo specialista in divorzi, un uomo dalla schiena immensa e dagli occhietti tristi, molto ravvicinati in una grossa faccia scura.

Lo consultai nel suo studio al 95° piano del Martin Luther King Building, uno studio ombroso e profumato d’incenso che poteva rivaleggiare con quello di Lombroso per pompa e fasto, un posto con ornamenti così ricchi e pesanti come quelli della cappella imperiale di una cattedrale bizantina.

— Divorzio — ripeté Komurjian con espressione sognante — volete il divorzio, per determinare, certo, una separazione definitiva. — Fece ruotare il concetto nelle arene dalle volte immense della sua coscienza come se si trattasse di qualche raffinata questione teologica, come se stessimo parlando della consustanzialità del Padre e del Figlio o delle dottrine della successione apostolica.

— Sì, dovrebbe essere possibile ottenerlo. Vivete separati al momento attuale?

— Non ancora.

Sembrò dispiaciuto. Le sue labbra pesanti si curvarono, la faccia bovina assunse un colore più scuro.

— Questo deve essere fatto il più presto possibile. La perdurante coabitazione mette in pericolo la plausibilità di qualsiasi causa per scioglimento di matrimonio. Anche oggi, anche oggi. Sistematevi in appartamenti separati. Stabilite canali finanziari separati. Dimostrate il vostro proposito, amico mio. Eh?

Afferrò un crocifisso ornato di gemme che si trovava sulla scrivania, una cosa tempestata di rubini e smeraldi, e cominciò a giocarci, facendo scorrere le sue dita spesse sulla superficie snella e liscia, e per un certo periodo si perse nelle proprie ruminazioni. Immaginai di udire i toni di un organo nascosto; vidi una processione di preti barbuti coperti di paramenti procedere attraverso i cori della sua mente. Poi alzò lo sguardo, trapassandomi con un’occhiata inaspettatamente intensa.

— Volete dare battaglia legale?

— No, niente di tutto questo. Vogliamo solo rompere, andarcene ognuno per la propria strada, una semplice cessazione.

— Naturalmente, avrete già discusso della cosa con la signora Nichols e sarete giunti a un accordo preliminare.

Arrossii.

— Ah, ecco… non ancora — balbettai, a disagio.

Komurjian disapprovò decisamente.

— Dovete pur iniziare il discorso, a un certo punto, lo capite anche voi. Presumibilmente, la sua reazione sarà tranquilla. Quindi il suo avvocato e io ci incontreremo e la cosa sarà fatta.

Prese un blocco per appunti.

— Per la divisione della proprietà.,.

— Può avere tutto quello che vuole.

— Tutto? — sembrò stupito.

— Non voglio avere il minimo screzio con lei.

Komurjian si appoggiò con entrambe le mani aperte sulla scrivania.

— E se vuole tutto? Tutti i beni in comune? Cedete senza una parola?

— Non farà una cosa del genere.

— Non è una seguace della Dottrina del Transit?

Stupito, gli chiesi come facesse a saperlo.

— Haig e io abbiamo discusso il caso, penso che capirete.

— Vedo.

— E quelli del Passaggio sono imprevedibili.

Riuscii a soffocare una risata.

— Sì. Ne so qualcosa.

— Per un capriccio, potrebbe anche chiedere tutti i beni.

— Oppure, sempre per un capriccio, non volerne nessuno.

— È vero. Non si sa mai. Allora le vostre istruzioni sono di accettare qualsiasi posizione lei assuma?

— Aspettiamo e vediamo. Generalmente è una persona ragionevole, credo. Perciò prevedo che non farà delle richieste strane circa la divisione delle proprietà.

— E per il saldo del reddito? Non vorrà essere ancora mantenuta da voi? Avete un normale contratto a due, vero?

— Sì. La cessazione pone termine a ogni responsabilità finanziaria.

Komurjian cominciò a barbugliare a voce bassissima, quasi impercettibile. Che noiosa routine doveva sembrargli tutto questo, il continuo spezzare delle unioni sacramentali!

— Quindi non dovrebbero esserci problemi, vero? Ma dovete annunciare la vostra intenzione a vostra moglie, signor Nichols, prima che procediamo oltre.

Cosa che feci. Sundara ormai era così occupata e presa dalle sue molteplici attività dottrinali — le riunioni operative, i suoi cerchi di volatilità, gli esercizi di autodistruzione, i doveri missionari e tutto il resto — che passò quasi una settimana prima che riuscissi a scambiare qualche parola con lei in pace e in casa. Intanto, mi ero ripetuto il discorso a memoria almeno mille volte, cosicché le mie battute erano ormai consumate come delle rotaie; se c’era un esempio di fedele ripetizione del copione, questa lo sarebbe stata sicuramente.

Con l’aria quasi di scusarmi, come se fosse un’intrusione nella sua vita privata chiederle il privilegio di poter scambiare due parole con lei, una sera, sul presto, dissi che volevo parlarle di una cosa importante; e poi le annunciai, come avevo ripetuto infinite volte, che chiedevo il divorzio. Dicendo questo, capii qualcosa di come dovesse essere il “vedere” di Carvajal, perché avevo vissuto questa scena così spesso con la fantasia che ormai mi sembrava un avvenimento del passato.