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— Cioè?

— Una cosa qualsiasi. Ragioni di salute. Uno scandalo improvviso nel Dipartimento. Una vantaggiosissima offerta di lavoro da San Francisco. Non so quale sarà la ragione esatta. Ti sto solo dicendo…

— Lew, come è possibile che tu sappia cosa Sudakis farà a gennaio, se neppure lui lo sa?

— Lo so — insistetti.

— Come è possibile?

— È un’intuizione.

— Un’intuizione. Continui a ripetere sempre la stessa cosa. Il tuo lavoro ha a che fare con l’interpretazione degli orientamenti generali, non con previsioni di carattere individuale, eppure, ultimamente, non hai fatto altro che offrirci queste indicazioni isolate, queste trovate da mago con la sfera di cristallo, questi…

— Haig, ne ho sbagliata qualcuna?

— Non ne sono sicuro.

— Nessuna. Nemmeno una. Di molte non abbiamo ancora le prove definitive, ma non ne esiste una che sia stata contraddetta dagli sviluppi successivi, nessun consiglio si è rivelato poco saggio, nessun…

— È lo stesso, Lew. L’ultima volta ti dissi che noi non crediamo agli indovini. Non allontanarti da previsioni generiche su situazioni ben chiare, d’accordo?

— Sto solo cercando di fare l’interesse di Quinn.

— Certo. Ma penso che dovresti badare di più al tuo.

— Che cosa vuoi dire?

— Che se il tuo lavoro non assume, diciamo, un carattere meno anticonvenzionale, il sindaco sarà costretto a fare a meno dei tuoi servizi.

— Sciocchezze. Quinn ha bisogno di me, Haig.

— Lui comincia a pensare di no. Comincia a pensare che tu possa perfino rappresentare un danno.

— Allora non si rende conto di quanto ho fatto per lui. È almeno di mille chilometri più vicino alla Casa Bianca di quanto non sarebbe stato senza di me. Ascolta, Haig, non mi importa se tu e Quinn pensate che sono pazzo, ma ricordati che a gennaio questa città si sveglierà senza un assessore alla polizia, e questo stesso pomeriggio il sindaco dovrebbe iniziare a cercare un sostituto. Perciò voglio che tu glielo dica.

— Non lo farò. Per il tuo bene.

— Non essere ostinato.

— Ostinato? Ostinato? Sto cercando di salvarti la testa!

— Che male ci sarebbe se Quinn cominciasse a cercare in segreto un altro assessore? Se Sudakis non si dimette, Quinn lascerà perdere e nessuno ne saprà niente. Non posso permettermi di sbagliare una volta? Può darsi che abbia ragione Sudakis, ma se anche non fosse così, non sarebbe una tragedia, no? È una semplice informazione, forse utile, quella che sto offrendo, qualcosa di molto importante se vera, e…

— Nessuno dice che tu debba essere sempre nel giusto al 100%, e naturalmente non avremmo nessuna difficoltà a cercare, con discrezione, in caso di bisogno, un nuovo assessore. Le difficoltà semmai riguardano te, e questo sto cercando di evitarti. Senti, Quinn mi ha detto esplicitamente che se ti presenti ancora una volta con una delle tue profezie da magia nera, ti trasferisce al Dipartimento della Sanità o peggio, e lo farà, Lew, lo farà. Può darsi che tu abbia avuto un colpo di fortuna pazzesco, tirando fuori una notizia sensazionale come questa, ma…

— Non è fortuna, Haig — ribattei tranquillamente.

— Cosa?

— Non uso affatto i metodi stocastici. Non opero per congetture. Io “vedo”; proprio così, riesco a vedere nel futuro e a udire conversazioni, leggere titoli di giornali, osservare gli avvenimenti, posso ricavare qualsiasi tipo di dati dal futuro.

Era una bugia senza peso, attribuire a me i poteri di Carvajal. Da un punto di vista operativo, i risultati erano gli stessi e non aveva importanza chi fosse a “vedere”.

— È per questo che non sempre posso fornire dei dati che sostengano i miei appunti — continuai. — Guardo in gennaio, “vedo” Sudakis che dà le dimissioni e questo è tutto. Non ne so il perché, non intravedo ancora il quadro generale di causa ed effetto, ma solo il fatto. È una cosa diversa dalle previsioni degli orientamenti e una cosa totalmente differente, più assurda, molto meno plausibile, ma più sicura, sicura al 100%! Io posso “vedere” ciò che succederà.

Mardikian rimase in silenzio a lungo.

Alla fine disse, con voce roca e soffocata: — Lew, dici sul serio?

— Serissimo.

— Se vado a chiamare Quinn, gli ripeterai esattamente quello che mi hai appena detto? Esattamente?

— Sì.

— Aspetta qui.

Aspettai. Cercai di non pensare a niente. Mantenendo la mente vuota, lasciando fluire la corrente stocastica: avevo agito stupidamente, avevo calcato troppo la mano? Non mi sembrava. Pensavo che fosse giunto il momento di rivelare qualcosa di quello che stavo davvero facendo. Per essere più credibile, avevo tralasciato il ruolo avuto da Carvajal in tutta la faccenda, ma per il resto non avevo nascosto niente e mi sentivo estremamente rilassato, invaso da una calda ondata di sollievo, ora che finalmente mi ero tolto la maschera.

Dopo circa un quarto d’ora Mardikian ritornò. Il sindaco era con lui. Fecero alcuni passi nell’ufficio e si fermarono vicino alla porta, l’uno a fianco dell’altro, formando una coppia stranamente malassortita: Mardikian bruno e altissimo, Quinn biondo, basso, robusto. Avevano un’aria terribilmente solenne.

Mardikian ordinò: — Ripeti al sindaco quello che hai detto a me, Lew.

Allegramente, ripetei la mia confessione, usando, per quanto mi era possibile, le stesse parole. Quinn ascoltò senza cambiare espressione. Quando finii, mi chiese: — Da quanto tempo lavori per me, Lew?

— Dall’inizio del ’96.

— Quasi quattro anni. E da quando tiri fuori le tue previsioni direttamente dal futuro?

— Non da molto tempo. Solo dalla primavera scorsa. Ti ricordi quando ti spinsi a far approvare dal City Council quel progetto di legge sul coagulamento del petrolio, poco prima che saltassero in aria quelle petroliere al largo del Texas e della California? Fu in quel periodo. Quella non era solo una congettura. Poi, ci furono altre cose, quei consigli che a volte ti sembravano assurdi…

— Come in una sfera di cristallo — fece Quinn con aria pensierosa.

— Si, proprio. Ti ricordi il giorno in cui mi parlasti della tua decisione di presentarti per le elezioni del 2004, Paul, ti ricordi cosa mi dicesti? “Tu sarai gli occhi che guarderanno nel futuro per me.” Allora non sapevi ancora quanto avevi ragione!

— Pensavo che un paio di settimane di riposo ti avrebbero aiutato a rimetterti. Ma adesso vedo che il problema è molto più profondo.

— Cosa?

— Per quattro anni sei stato un buon amico e un collaboratore prezioso. Non intendo sottovalutare il valore dell’aiuto che mi hai dato. Forse attingevi le tue idee da analisi intuitive degli orientamenti, o forse dai computer, o forse da uno spirito che ti sussurrava preziose informazioni a un orecchio ma, comunque, mi davi consigli utili. Adesso, però, non posso rischiare di tenerti nel mio staff dopo quello che hai detto. Se cominciano a circolare delle voci che le decisioni più importanti di Paul Quinn vengono prese da un guru, da un profeta, da un Rasputin chiaroveggente, che io non sono altro che un burattino che sgambetta nell’oscurità, sono un uomo rovinato, finito. Ti metteremo in congedo illimitato a cominciare da oggi, e tu percepirai il tuo stipendio fino alla fine dell’anno fiscale, d’accordo? Così avrai più di sette mesi per rimettere in piedi il tuo vecchio studio di consulenze, prima che tu sia cancellato dal libro-paga municipale. Con il divorzio e tutto il resto, non ti trovi, probabilmente, in condizioni finanziarie floride e io non voglio danneggiarti. Facciamo un patto: io non rilascerò nessuna dichiarazione pubblica sulla ragione delle tue dimissioni e tu non darai pubblicità alla presunta origine dei consigli che mi davi. Ti sembra abbastanza corretto?

— Mi stai cacciando via? — balbettai.