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Paul Duré scosse la testa.

— Abbiamo risposto alla sua domanda? — disse Hardeen

— Sì.

— Allora lei deve rispondere alla nostra — disse il Vescovo. — Cos'è accaduto alla Madre?

— Quale madre?

— La Madre della Nostra Salvezza. La Sposa della Redenzione. La donna che lei ha chiamato Brawne Lamia.

Duré rifletté, cercò di ricordare i riassunti del Console con i racconti dei pellegrini sulla via di Hyperion. Brawne era incinta del figlio del primo cìbrido Keats. Il Tempio Shrike, su Lusus, l'aveva salvata dalla folla in tumulto, l'aveva inclusa nel pellegrinaggio. Nel racconto, Brawne aveva accennato al fatto che i seguaci del Culto Shrike l'avevano trattata con riverenza. Duré cercò di adattare tutto questo al confuso mosaico di quel che già sapeva. Inutile, era troppo stanco… e, si disse, troppo stupido, dopo la cosiddetta risurrezione. Non aveva e non avrebbe più avuto la brillante intelligenza di un tempo.

— Brawne era priva di sensi — disse. — Lo Shrike l'ha presa e agganciata a… a una cosa. Una sorta di cavo. Dal punto di vista cerebrale era morta, ma il feto era vivo e in buona salute.

— E la personalità che portava? — domandò il Vescovo, con voce tesa.

Duré ricordò le parole di Severn a proposito della morte di quella personalità nella megasfera. Ovviamente i due non sapevano niente della seconda personalità Keats… la personalità Severn, che in quel momento avvertiva Gladstone dei pericoli nascosti nella proposta del Nucleo. Duré scosse la testa. Era stanchissimo. — Non so niente della personalità che portava nell'iterazione Schrön — rispose. — Il cavo… la cosa che lo Shrike agganciò a Brawne… pareva infilato nella presa neurale come uno shunt corticale.

Il Vescovo annuì, chiaramente soddisfatto. — Le profezie procedono di buon passo. Lei ha portato a termine il compito di messaggero, Duré. Ora devo andare. — Si alzò, rivolse un cenno alla Vera Voce dell'Albero Mondo, lasciò la piattaforma e scese verso l'ascensore e il terminex.

Duré rimase seduto in silenzio di fronte al Templare per alcuni minuti. Il fruscio delle foglie mosse dal vento e il lieve dondolio della piattaforma in cima all'albero lo cullavano, lo invitavano ad assopirsi. In alto, il cielo si schiariva nelle delicate sfumature zafferano, mentre il mondo di Bosco Divino passava nel crepuscolo.

— La sua dichiarazione di un deus ex machina che per generazioni ci abbia fuorviati servendosi di false profezie è un'eresia terribile — disse infine il Templare.

— Sì, ma molte volte, nella lunga storia della mia Chiesa, terribili eresie si sono dimostrate sinistre verità, Sek Hardeen.

— Se lei fosse un Templare, potrei farla mettere a morte — rispose piano la figura incappucciata.

Duré sospirò. Alla sua età, nella sua situazione, stanco com'era, non aveva paura al pensiero della morte. Si alzò, piegò la testa in un breve inchino. — Devo andare, Sek Hardeen. Chiedo scusa, se qualcosa che ho detto ha offeso la sua sensibilità. Sono tempi confusi che disorientano. — E pensò: "I migliori mancano di convinzione, mentre i peggiori sono pieni di intensità appassionata".

Si girò e raggiunse l'orlo della piattaforma. Si bloccò.

La scala era sparita. Trenta metri di aria in verticale e quindici in orizzontale lo separavano dalla piattaforma successiva, in basso, dove l'ascensore aspettava. L'Albero Mondo formava uno strapiombo di mille e più metri nell'abisso di foglie. Duré e la Vera Voce di quell'Albero erano isolati lassù sulla piattaforma più alta. Duré si accostò alla ringhiera più vicina, offrì alla brezza della sera la faccia improvvisamente sudata, notò le prime stelle fare capolino nel cielo blu oltremare. — Cosa succede, Sek Hardeen?

Al tavolo, la sagoma in tonaca e cappuccio era avvolta nel buio. — Fra diciotto minuti standard, Porta del Paradiso cadrà in mano agli Ouster. Le nostre profezie dicono che sarà distrutto. Di certo saranno distrutti il suo teleporter e i trasmettitori astroteclass="underline" in pratica, il pianeta cesserà di esistere. Esattamente un'ora standard più tardi, i cieli di Bosco Divino si accenderanno per i fuochi di fusione delle navi da guerra Ouster. Le profezie dicono che tutti i membri della Confraternita rimasti sul pianeta… e ogni altro, anche se da tempo i cittadini dell'Egemonia sono partiti via teleporter… periranno.

Duré tornò lentamente al tavolo. — È importantissimo che vada su Tau Ceti Centro — disse. — Severn… un amico mi aspetta. Devo parlare al PFE Gladstone.

— No — disse la Vera Voce dell'Albero Mondo Sek Hardeen. — Aspetteremo. Vedremo se le profezie sono esatte.

Il gesuita serrò i pugni, esasperato, lottando contro l'ondata di violenta emozione che gli faceva desiderare di colpire la figura in tonaca. Chiuse gli occhi e recitò due Ave Maria. Non ne ricavò alcun aiuto.

— La prego — disse. — Le profezie riceveranno conferma o smentita con o senza la mia presenza qui. Dopo, sarà troppo tardi. Le navi torcia della FORCE faranno esplodere la sfera di anomalia e il teleporter non esisterà più. Per anni saremo tagliati fuori dalla Rete. Forse miliardi di vite dipendono dal mio immediato ritorno su Tau Ceti Centro.

Il Templare incrociò le braccia e nascose le mani nelle pieghe della tonaca. — Aspetteremo — disse. — Tutte le cose predette accadranno. Nel giro di minuti, il Signore della Sofferenza sarà liberato su coloro che si trovano nelle Rete. Non credo al Vescovo: chi ha cercato la Redenzione non sarà risparmiato. Ce ne andremo meglio qui, padre Duré, dove la fine sarà rapida e indolore.

Duré cercò qualcosa di decisivo da dire, da fare. Non trovò niente. Si sedette al tavolo e fissò il Templare incappucciato e silenzioso. In alto, le stelle spuntarono in moltitudini infuocate. Il mondo-foresta di Bosco Divino frusciò un'ultima volta alla brezza della sera e parve trattenere il fiato, in attesa.

Paul Duré chiuse gli occhi e pregò.

37

Camminiamo per tutto il giorno, Hunt e io, e verso sera troviamo una locanda in cui c'è del cibo preparato per noi — un pollo, budino di riso, cavolfiore, un piatto di maccheroni e altro — anche se non ci sono persone, né segni di persone, a parte il fuoco che arde come se sia stato appena acceso e il cibo ancora caldo sui fornelli.

Hunt è spaventato, per questa scoperta e per i terribili sintomi di privazione dovuti alla perdita di contatto con la sfera dati. Capisco benissimo la sua sofferenza. Per una persona nata e cresciuta in un mondo dove i dati sono sempre a portata di mano, la comunicazione con chiunque in qualsiasi posto è un fatto assodato e la distanza significa solo un passo nel teleporter: l'improvviso ritorno alla vita come la conobbero i nostri antenati sarebbe come risvegliarsi ciechi e storpi. Ma dopo le escandescenze delle prime ore di camminata, Hunt alla fine è diventato tetro e taciturno.

— Ma il PFE ha bisogno di me! — aveva gridato all'inizio.

— Ha bisogno delle informazioni che le portavo — replicai. — Però non possiamo farci niente.

— Ma dove siamo? — domandò Hunt per la decima volta.

Gli avevo già spiegato l'esistenza di questa Vecchia Terra alternativa, ma adesso si riferiva ad altro.

— In quarantena, credo — risposi.

— Il Nucleo ci ha portati qui?

— Posso solo presumerlo.

— Come torniamo?

— Non so. Immagino che, quando si sentiranno sicuri, comparirà un teleporter.

Hunt imprecò sottovoce. — Perché mettere in quarantena anche me, Severn?

Mi strinsi nelle spalle. Forse perché aveva udito quel che avevo detto su Pacem, ma non ne ero sicuro. Non ero sicuro di niente.

La strada attraversava prati e vigneti, serpeggiava su basse colline e vallate da dove si scorgeva di sfuggita il mare.

— Dove va, questa strada? — aveva domandato Hunt, proprio prima che scoprissimo la locanda.