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Il Console si girò di scatto, vide un bell'uomo tra i cinquanta e i sessanta, col viso coperto di fuliggine e sudore che gli rigavano anche i capelli ondulati. — Magnifico — disse. — Gliene sono molto grato. — Esitò. — La conosco?

— Dottor Melio Arundez — si presentò l'uomo, muovendosi già verso l'area di parcheggio dove riposava Theo.

— Arundez — ripeté il Console, affrettandosi a raggiungerlo. Il nome gli risvegliò nella memoria un'eco bizzarra. Uno che conosceva? Che avrebbe dovuto conoscere? — Oddio, Arundez! — esclamò a un tratto. — L'amico di Rachel Weintraub, quando la ragazza venne qui, una ventina di anni fa.

— Il suo relatore universitario, a dire il vero — disse Arundez. — La conosco. Lei è andato in pellegrinaggio con Sol. — Si fermarono accanto a Theo, seduto con la testa fra le mani. — Il mio skimmer è laggiù — disse Arundez.

Il Console scorse un piccolo Vikken Zephyr biposto parcheggiato sotto gli alberi. — Magnifico. Porteremo Theo all'ospedale, poi devo andare immediatamente allo spazioporto.

— L'ospedale sembra un manicomio, tanto è pieno — disse Arundez. — Se era diretto alla nave, le suggerisco di portare con sé il governatore generale e utilizzare le attrezzature mediche di bordo.

Il Console esitò. — Come sa che ho una nave?

Arundez aprì la portiera e aiutò Theo a sistemarsi sulla stretta panca dietro i sedili anatomici frontali. — So tutto di lei e degli altri pellegrini, signor Console. Da mesi cerco di ottenere il permesso per recarmi nella Valle delle Tombe. Non immagina la rabbia che ho provato, quando ho saputo che la chiatta era partita in segreto con Sol a bordo. — Trasse un respiro profondo e rivolse al Console la domanda che ancora non aveva avuto il coraggio di formulare. — Rachel è viva?

"È stato il suo amante, quando lei era adulta" pensò il Console.

— Non so — rispose. — Cerco di tornare in tempo per aiutarla, se posso.

Melio Arundez annuì, si sistemò sul sedile di guida, indicò al Console di salire a bordo. — Tenteremo di arrivare allo spazioporto. Non sarà facile, con gli scontri lì intorno.

Il Console si abbandonò contro lo schienale; sentì i lividi, i tagli, la stanchezza, mentre il sedile lo avvolgeva. — Dobbiamo portare Theo… il governatore generale… al consolato o alla casa del governo o come diavolo la chiamano adesso.

Arundez scosse la testa e diede energia ai repulsori. — Ah-ha. Il consolato non esiste più, colpito da un missile vagante, secondo il bollettino sul canale di emergenza. Tutti i funzionari dell'Egemonia sono andati allo spazioporto per l'evacuazione, ancora prima che il suo amico venisse a cercarla.

Il Console guardò Theo Lane, ancora semisvenuto. — Andiamo — disse piano ad Arundez.

Quando attraversarono il fiume, lo skimmer si trovò sotto il fuoco di armi di piccolo calibro, ma le fléchettes si limitarono a grandinare contro lo scafo e l'unico raggio di energia passò sotto di loro e sollevò a dieci metri di altezza uno schizzo di vapore. Arundez guidava come un pazzo: ondeggiava, sobbalzava, si tuffava in picchiata, imbardava e di tanto in tanto faceva dei testa-coda, come se lo skimmer fosse un vassoio sopra un tappeto di biglie. Le imbottiture del sedile si strinsero intorno al Console, ma questi si sentì ugualmente sul punto di dare di stomaco. Sullo strapuntino posteriore, Theo aveva perso i sensi: la testa si muoveva liberamente da una parte e dall'altra.

— Il centro città è un disastro! — gridò Arundez, per superare il ruggito dei repulsori. — Seguirò l'antico viadotto fino all'autostrada dello spazioporto e poi taglierò per la campagna, tenendomi basso. — Girarono intorno a un edificio in fiamme che il Console riconobbe tardivamente come la casa in cui aveva abitato.

— L'autostrada per lo spazioporto è aperta?

Arundez scosse la testa. — Non ce la faremmo mai. Lì, nell'ultima mezz'ora, i paracadutisti non hanno smesso un attimo di scendere.

— Gli Ouster cercano di distruggere la città?

— No. Potevano farlo restando in orbita, senza tutto questo casino. Pare che vogliano assediare la capitale. Gran parte delle loro navette e dei paracadutisti atterra almeno a dieci chilometri di distanza.

— Sono i reparti della FAD, a resistere?

Arundez rise, mettendo in mostra denti candidi contro pelle abbronzata. — Quelli ormai sono a metà strada per Endymion e Port Romance… anche se rapporti di dieci minuti fa, prima che le linee di trasmissione fossero disturbate, dicono che pure queste due città sono sotto attacco. No, quel po' di resistenza che vede proviene da qualche decina di marines della FORCE lasciati indietro a proteggere la città e lo spazioporto.

— Allora gli Ouster non l'hanno distrutto né occupato?

— Non ancora. Almeno, fino a qualche minuto fa. Fra poco vedremo di persona. Si regga forte!

La corsa di dieci chilometri fino allo spazioporto, sull'autostrada VIP o le corsie aeree superiori, richiedeva normalmente qualche minuto; ma la manovra aggirante di Arundez, su e giù per le alture, fra le vallate e in mezzo agli alberi, aggiunse tempo al viaggio e lo rese più movimentato. Il Console girò la testa per guardare i fianchi montuosi e le catapecchie del campo profughi in fiamme passare come un lampo alla sua destra. Uomini e donne si acquattarono contro i massi e sotto gli alberi, coprendosi la testa al passaggio dello skimmer. Una volta il Console vide una squadra della FORCE:Marines trincerata sulla cima di un colle, ma l'attenzione dei soldati era rivolta a un'altura più a nord, dalla quale proveniva il fuoco di lance laser. Nello stesso istante anche Arundez scorse i marines e lanciò bruscamente a zigzag lo skimmer verso sinistra, infilandosi in una stretta gola una frazione di secondo prima che le cime degli alberi sulla cresta più in alto fossero tagliate di netto come da cesoie invisibili.

Finalmente superarono con un rombo un'ultima cresta e videro più avanti i cancelli occidentali e le palizzate dello spazioporto. Il perimetro risplendeva del bagliore azzurro e viola dei campi di contenimento e di interdizione. A un chilometro dallo spazioporto, un raggio laser compatto e visibile saettò e li agganciò; dalla radio uscì una voce: — Skimmer non identificato, atterrate immediatamente o sarete distrutti.

Arundez atterrò.

La linea di alberi, dieci metri più avanti, parve scintillare; all'improvviso furono circondati da spettri in polimero mimetico attivato. Arundez aveva aperto le torrette dell'abitacolo e ora fucili di assalto prendevano di mira lui e il Console.

— Venite via dalla macchina — disse una voce disincarnata, dietro uno scintillio mimetico.

— Abbiamo con noi il governatore generale — disse il Console. — Dobbiamo entrare.

— All'inferno — disse bruscamente una voce con la cadenza della Rete. — Fuori!

Il Console e Arundez si affrettarono a sganciare le reti di sicurezza; stavano per scendere, quando dallo strapuntino posteriore provenne una voce. — Tenente Mueller, è lei?

— Ah, sì, signore.

— Mi conosce, tenente?

Lo scintillio mimetico si depolarizzò: un giovane marine in completa tenuta da guerra era fermo a meno di un metro dallo skimmer. Il viso era niente di più di un visore nero, ma la voce era giovanile. — Sì, signore… ah… governatore. Senza occhiali, non l'ho riconosciuta subito. Ma lei è ferito, signore.

— Lo so, tenente. Proprio per questo mi hanno accompagnato qui. Non riconosce l'ex Console dell'Egemonia su Hyperion?

— Mi spiace, signore — disse il tenente Mueller, rimandando i suoi uomini al riparo degli alberi. — La base è chiusa.