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Il consulente scosse la testa, stupito, rattristato, come un adulto al quale avessero rivolto per la millesina volta l'infantile domanda: Perché il cielo è azzurro, papà?

— Signora, è semplicemente impossibile dare una risposta che abbia senso in termini di coordinate tridimensionali umane. In un certo senso noi… il Nucleo… esistiamo all'interno della Rete e al di là della Rete. Nuotiamo nella realtà del piano dati che voi chiamate sfera dati, ma in quanto agli elementi fisici… quel che i vostri antenati chiamavano hardware, troviamo necessario…

— Mantenere segreta la sede — terminò per lui Gladstone. Incrociò le braccia. — Si rende conto, consulente Albedo, che nell'Egemonia ci sarà gente, milioni di persone, fermamente convinta che il Nucleo, la vostra Commissione di Consulenza, ha tradito l'umanità?

Albedo allargò le braccia. — Sarà increscioso, signora. Increscioso, ma comprensibile.

— In teoria i vostri previsori sono quasi infallibili, consulente. Eppure non ci avete avvertiti che la flotta Ouster avrebbe distrutto pianeti interi.

La tristezza del bel viso della proiezione era quasi convincente. — Signora, è appena giusto ricordarle un altro avvertimento della Commissione di Consulenza: includere Hyperion nella Rete avrebbe introdotto una variabile casuale che perfino la Commissione non avrebbe potuto calcolare.

— Ma qui non si tratta di Hyperion! — sbottò Gladstone, alzando la voce. — Si tratta di Bosco Divino in fiamme! Di Porta del Paradiso ridotto a scorie vetrificate. Di Mare Infinitum in attesa del prossimo colpo di maglio! A cosa serve, la Commissione di Consulenza, se non è in grado di prevedere un'invasione di questa portata?

— Abbiamo predetto l'inevitabilità della guerra con gli Ouster, signora. Abbiamo anche predetto il grave rischio di difendere Hyperion. Deve credermi, l'inclusione di Hyperion nelle equazioni porta il fattore di attendibilità a un livello così basso come…

— E va bene — sospirò Gladstone. — Devo parlare con qualcun altro del Nucleo, Albedo. Qualcuno nella vostra indecifrabile gerarchia di intelligenze che abbia davvero potere decisionale.

— Le garantisco che rappresento tutti gli elementi del Nucleo, quando…

— Sì, sì. Ma voglio parlare con uno dei… dei Poteri, mi pare che li chiamiate. Uno delle IA anziane. Uno che abbia autorità, Albedo. Devo parlare con uno che possa dirmi perché il Nucleo ha rapito il mio pittore Severn e il mio aiutante Leigh Hunt.

L'ologramma parve stupito. — Sull'onore di quattro secoli di alleanza le assicuro, signora Gladstone, che il Nucleo non ha niente a che fare con la deprecabile scomparsa di…

Gladstone si alzò. — Per questo devo parlare a un Potere. Il tempo delle assicurazioni è terminato, Albedo. Occorrono parole chiare, se le nostre due razze vogliono sopravvivere. Non c'è altro. — Si interessò alle veline fax-notes sulla scrivania.

Il consulente Albedo si alzò, le rivolse un cenno di saluto e con uno scintillio si smaterializzò.

Gladstone fece comparire il teleporter privato, enunciò i codici dell'infermeria della Casa del Governo e iniziò a varcare il portale. L'istante prima di toccare la superficie opaca del rettangolo di energia, esitò: per la prima volta in vita sua si sentì inquieta all'idea di varcare un teleporter.

E se il Nucleo avesso voluto rapire anche lei? O ucciderla?

Meina Gladstone capì all'improvviso che il Nucleo aveva potere di vita e di morte su ogni cittadino della Rete che usasse un teleporter… ossia qualsiasi cittadino di una certa importanza. Non era stato necessario rapire e trasferire chissà dove Leigh e il cìbrido Severn… bastava la persistente abitudine di considerare i teleporter il perfetto sistema di trasporto, per creare la convinzione inconscia che i due erano andati da qualche parte. Il suo aiutante e l'enigmatico cìbrido avrebbero potuto facilmente essere stati traslati… nel nulla. Atomi sparpagliati e disseminati attraverso un'anomalia. I teleporter non "teleportavano" persone e cose… il concetto era di per sé una sciocchezza; ma non era forse una sciocchezza maggiore, fidarsi di un congegno che forava il tessuto dello spazio-tempo e consentiva di attraversare "botole" buco nero? E lei faceva una sciocchezza, a confidare che il Nucleo la trasportasse nell'infermeria?

Gladstone pensò alla Sala di Guerra: tre giganteschi locali collegati da teleporter a vista, attivati in permanenza, ma sempre tre sale, separate come minimo da migliaia di anni-luce di spazio reale, da decenni di tempo reale, anche viaggiando col motore Hawking. Ogni volta che Morpurgo o Singh o uno degli altri si muoveva da una mappa olografica al pannello per tracciare diagrammi, percorreva distese smisurate di spazio e di tempo. Per distruggere l'Egemonia o chiunque altro, al Nucleo bastava pasticciare con i teleporter, permettere un lieve "errore" nella designazione del bersaglio.

"Al diavolo tutto quanto" si disse Meina Gladstone; varcò il portale, per fare visita a Paul Duré, nell'infermeria della Casa del Governo.

39

Le due stanze al primo piano della casa in Piazza di Spagna sono piccole, strette, alte di soffitto e — a parte una fioca lampada in ogni camera, quasi accesa da fantasmi in attesa di una visita di altri fantasmi — buie. Il mio letto si trova nella più piccola delle due, quella rivolta alla piazza, anche se stanotte dalla finestra si vedono solo le tenebre segnate da ombre più fitte e sottolineate dal continuo gorgoglio dell'invisibile fontana del Bernini.

Rintocchi di campana segnano le ore: provengono da una delle torri gemelle di Trinità dei Monti, la chiesa acquattata come un grosso gatto fulvo nel buio in cima alla scalinata; ogni volta che sento le campane suonare i brevi rintocchi delle prime ore del mattino, immagino mani spettrali che tirino funi marce. O forse mani marce che tirino spettrali funi di campane: non so quale immagine si adatti meglio alle macabre fantasie di questa notte infinita.

La febbre mi prende, stanotte, umida e pesante e soffocante come una spessa coperta zuppa di acqua. La pelle prima scotta, poi è viscida al tatto. Due volte ho avuto attacchi di tosse; al primo, Hunt è arrivato di corsa dal divano nell'altra stanza e ha sbarrato gli occhi alla vista del sangue che avevo vomitato sul copriletto di damasco; la seconda volta, ho cercato di soffocare meglio che potevo la tosse, sono andato barcollando alla catinella posta sul cassettone e vi ho sputato meno sangue nero e catarro scuro. Hunt non si è svegliato, la seconda volta.

Essere di nuovo qui. Fare tanta strada, per venire in queste stanze buie, in questo letto sinistro. Quasi ricordo di essermi svegliato qui, miracolosamente guarito; quasi ricordo il "vero" Severn e il dottor Clark e perfino la piccola signora Angeletti nell'altra stanza. Quel periodo di convalescenza dalla morte; quel periodo di comprensione di non essere Keats, di non trovarmi sulla vera Terra, di non essere nel secolo in cui avevo chiuso gli occhi la notte prima… di non essere umano.

A un'ora imprecisata, dopo le due, mi addormento e sogno. Un sogno che non ho mai fatto prima. Salgo lentamente nel piano dati, attraverso la sfera dati, entro nella megasfera e la percorro, per giungere infine in un luogo che non conosco, che non ho mai sognato… un luogo fatto di spazi infiniti, tranquilli, di colori indescrivibili, un luogo senza orizzonti, senza soffitti, senza pavimenti né aree solide definibili come terreno. Lo chiamo metasfera, perché intuisco immediatamente che questo livello di realtà consensuale comprende tutte le varietà e le stravaganze di sensazioni che ho sperimentato sulla Terra, tutte le analisi binarie e i piaceri intellettuali che ho sentito scorrere dal TecnoNucleo attraverso la sfera dati e, soprattutto, un senso di… di che cosa? Espansività? Libertà? Forse "potenziale" è la parola che cerco.

Sono da solo, nella metasfera. I colori scorrono intorno a me, sotto di me, attraverso me… a volte si dissolvono in vaghe tinte pastello, a volte si agglomerano in fantasie simili a nuvole e in altri momenti, più di rado, sembrano riunirsi in oggetti più solidi, sagome, forme distinte che forse sono e non sono di aspetto umanoide… li guardo come un bimbo guarderebbe le nuvole vedendovi elefanti, coccodrilli del Nilo e grandi cannoniere che navigano da ovest a est in un giorno di primavera nel Lake District.