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Melio Arundez si girò, sorrise nel vedere l'espressione di Theo e gli bisbigliò: — Ouster.

Sordito, Theo Lane non poté far altro che scuotere la testa e ascoltare la musica. Gli Ouster erano dei barbari, non quelle creature belle e a volte eteree creature. I prigionieri Ouster su Bressia, per non parlare dei cadaveri dei fanti, erano stati tutti di un tipo… alti, sì, magri, sì, ma molto più simili allo standard della Rete di quanto non lo fosse quello spiegamento di varietà strabiliante.

Theo scosse di nuovo la testa, mentre il brano di musica si alzava in un crescendo e terminava con una nota definitiva. Le centinaia di creature sul prato all'esterno applaudirono, con rumore alto e morbido nell'aria rarefatta, poi si alzarono, si sgranchirono e si allontanarono in varie direzioni… alcuni scomparvero in fretta al di là dell'impressionante orizzonte troppo vicino, altri aprirono ali di otto metri e volarono via. Altri ancora si avvicinarono alla nave.

Il Console si alzò, vide Theo e sorrise. Gli strinse la spalla. — Theo, appena in tempo. Fra poco inizieremo i negoziati.

Theo Lane batté le palpebre. Tre Ouster atterrarono sulla loggia e ripiegarono dietro di sé le grandi ali. Ciascuno di loro aveva folta pelliccia maculata e striata in modo diverso, organica e convincente come quella di un animale selvatico.

— Delizioso come sempre — disse al Console l'Ouster più vicino. Aveva faccia da leone… naso largo, occhi di oro incorniciati da una gorgiera di pelo fulvo. — L'ultimo brano era la Fantasia in Re minore, op. 397, di Mozart, vero?

— Esatto — disse il Console. — Freeman Vanz, le presento Theo Lane, governatore generale del Protettorato dell'Egemonia Hyperion.

Lo sguardo da leone si spostò su Theo. — È un onore — disse Freeman Vanz, tendendo la mano irsuta.

Theo la strinse. — Piacere di conoscerla, signore — rispose. Si domandò se in realtà non fosse ancora nella vasca di ricupero e sognasse tutto. La luce del sole sul viso e la stretta decisa gli suggerirono altrimenti.

Freeman Vanz tornò a girarsi verso il Console. — A nome dell'Aggregato, la ringrazio per il concerto. Sono trascorsi troppi anni dall'ultima volta che l'abbiamo ascoltata suonare, amico mio. — Si guardò intorno. — Possiamo discutere qui o in uno dei complessi amministrativi, come preferisce.

Il Console esitò solo un secondo. — Noi siamo in tre, Freeman Vanz. Voi siete molti. Verremo da voi.

La testa leonina annuì e lanciò un'occhiata al cielo. — Vi manderemo una barca per la traversata — disse. Con gli altri due si accostò alla balaustra e saltò giù; cadde per diversi metri, prima di spiegare le ali complesse e prendere il volo verso l'orizzonte.

— Gesummio — mormorò Theo. Afferrò per il braccio il Console. — Dove siamo?

— Nello Sciame — rispose il Console, coprendo la tastiera dello Steinway. Li precedette all'interno, attese che Arundez si scostasse e ritirò la loggia.

— E cosa negozieremo? — domandò Theo.

Il Console si strofinò gli occhi. Aveva l'aspetto di chi ha dormito poco o niente nelle ultime dodici ore.

— Dipende dal prossimo messaggio del PFE Gladstone — disse; con un cenno indicò la piazzuola già annebbiata da colonne di dati. La nave stava decodificando una raffica astrotel.

Meina Gladstone entrò nella clinica della Casa del Governo e fu scortata da medici in attesa nel reparto dov'era ricoverato padre Paul Duré. — Come sta? — chiese al primario, medico personale del PFE.

— Ustioni di secondo grado su un terzo del corpo — rispose la dottoressa Irma Androneva. — Ha perduto le sopracciglia e parte dei capelli… non che ne avesse molti… e ha riportato alcune ustioni terziarie da radiazioni sul lato sinistro del viso e del corpo. Abbiamo completato la rigenerazione epidermica e gli abbiamo fatto iniezioni di stampo RNA. Non soffre ed è cosciente. C'è la faccenda del parassita crucimorfo che ha sul petto, ma non rappresenta un pericolo immediato per il paziente.

— Ustioni terziarie da radiazioni — disse Gladstone, fermandosi un momento appena fuori portata di orecchio dello scompartimento di Duré. — Bombe al plasma?

— Sì — rispose un altro medico che Gladstone non riconobbe. — Siamo sicuri che quest'uomo si è teleportato qui da Bosco Divino un paio di secondi prima che il collegamento fosse tagliato.

— Bene — disse Gladstone, accostandosi al materassino galleggiante sul quale Duré riposava. — Per favore, vorrei parlargli in privato.

I medici si scambiarono un'occhiata, chiamarono dal deposito a parete un'infermiera meccanica, uscirono e chiusero la porta del reparto.

— Padre Duré? — disse Gladstone. Lo riconobbe dalle olografie e dalle descrizioni di Severn. Ora il prete aveva il viso arrossato e chiazzato, luccicava per il gel di rigenerazione e per il velo di analgesico. Ma era sempre un uomo di notevole presenza.

— Signora — mormorò Duré; cercò di alzarsi a sedere.

Gladstone lo bloccò con gentilezza, posandogli la mano sulla spalla. — Stia comodo — disse. — Si sente di raccontarmi cos'è accaduto?

Duré annuì. C'erano lacrime, negli occhi dell'anziano gesuita. — La Vera Voce dell'Albero Mondo non credeva che avrebbero attaccato sul serio — mormorò, rauco. — Sek Hardeen pensava che i Templari avessero una sorta di accordo con gli Ouster… una sorta di compromesso. Ma gli Ouster hanno attaccato. Lance tattiche, ordigni al plasma, esplosivi nucleari, credo…

— Sì — disse Gladstone. — Dalla Sala di Guerra abbiamo seguito l'attacco. Devo sapere tutto, padre Duré. Tutto, a partire dal momento in cui su Hyperion lei è entrato nella Tomba Grotta.

Padre Duré concentrò lo sguardo sul viso della donna. — Ne è al corrente?

— Sì. E sono informata di molte altre cose accadute fino a quel momento. Ma devo saperne di più. Molto di più.

Duré chiuse gli occhi. — Il labirinto…

— Prego?

— Il labirinto — ripeté il prete in tono più alto. Si schiarì la voce e le parlò del viaggio nei tunnel pieni di cadaveri, della traslazione in una nave della FORCE, dell'incontro con Severn su Pacem.

— Ed è certo che Severn fosse diretto qui? Alla Casa del Governo? — domandò Gladstone.

— Sì. Severn e l'uomo che lei ha mandato a chiamarlo… Hunt. Tutt'e due intendevano teieportarsi qui.

Gladstone annuì e con cautela toccò una zona non ustionata della spalla del prete. — Padre, qui gli eventi si susseguono molto in fretta. Severn è scomparso, e anche Hunt. Ho bisogno di consigli a proposito di Hyperion. Vuole restare con me?

Per un momento Duré parve confuso. — Devo tornare. Tornare su Hyperion, signora. Sol e gli altri mi aspettano.

— Capisco — disse Gladstone, in tono consolatorio. — Appena sarà possibile andare su Hyperion, affretterò il suo ritorno. In questo momento però la Rete è sotto attacco. Milioni di persone muoiono o corrono il rischio di morire. Mi serve il suo aiuto, padre. Posso contare su di lei, nel frattempo?

Con un sospiro Paul Duré si lasciò ricadere. — Sì, signora. Ma non ho idea di come…