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— Sto bene — rispose, ma si accasciò, tanto che Sol fu costretto a sorreggerla per impedirle di cadere.

Sol gridò qualcosa. Brawne cercò di concentrarsi, di mettere a fuoco il luogo e il momento. Dopo la megasfera, la realtà le pareva piccola e limitata.

— …non possiamo parlare, qui — gridava Sol. — …tornare nella Sfinge.

Brawne scosse la testa. Indicò le pareti rocciose sul lato nord della valle dove l'immenso albero dello Shrike era visibile fra nuvole di polvere. — Il poeta… Sileno… è là. L'ho visto!

— Non possiamo fare niente per lui! — gridò Sol, usando il mantello per ripararsi e ripararla. La sabbia vermiglia tamburellò contro la fibroplastica col rumore di fléchettes su di una corazza.

— Forse possiamo — gridò Brawne, sentendo il calore di Sol, mentre lui la riparava tra le braccia. Per un secondo immaginò di potersi rannicchiare contro di lui con la stessa facilità di Rachel e dormire, dormire. — Ho visto… delle connessioni… quando uscivo dalla megasfera! — continuò, superando il ruggito del vento. — L'albero di spine è collegato in qualche modo al Palazzo dello Shrike! Se riusciamo ad andarci, a trovare il modo di liberare Sileno…

Sol scosse la testa. — Non posso lasciare la Sfinge. Rachel…

Brawne capì. Con la mano toccò la guancia dell'anziano studioso, poi gli si accostò, sentì contro la guancia la barba ispida. — Le Tombe si aprono — disse. — Non so quando avremo un'altra possibilità.

Sol aveva gli occhi bagnati di lacrime. — Lo so. Vorrei aiutarti. Ma non posso lasciare la Sfinge, nel caso… nel caso che lei…

— Capisco — disse Brawne. — Torna laggiù. Io vado al Palazzo dello Shrike per vedere se riesco a capire come è collegato all'albero di spine.

Sol annuì, a disagio. — Hai detto di essere stata nella megasfera — disse. — Cos'hai visto? Cos'hai appreso? La personalità Keats… è forse…

— Ne parleremo quanto torno — disse Brawne, scostandosi di un passo, in modo da guardarlo meglio. La faccia di Sol era una maschera di sofferenza: la faccia di un padre che ha perduto il figlio.

— Torna alla Sfinge — disse Brawne, ferma. — Ci vediamo lì, fra un'ora o anche meno.

Sol si lisciò la barba. — Sono spariti tutti, tranne te e me, Brawne. Non dovremmo separarci…

— Sì, per un poco — replicò Brawne, allontanandosi da lui, cosicché il vento le frustò la stoffa dei calzoni e della giacca. — Ci vediamo fra un'ora o meno. — S'incamminò rapidamente, prima di cedere all'impulso di rifugiarsi di nuovo nel tepore delle braccia di Sol. Il vento era più intenso, soffiava dritto giù dall'imboccatura della valle, per cui la sabbia colpiva negli occhi Brawne e le martellava le guance. La donna riuscì bene o male a seguire il sentiero tenendo la testa bassa. Solo il bagliore vivido e pulsante delle Tombe le illuminava la strada. Brawne sentì le maree del tempo tirarla come se l'aggredissero fisicamente.

Minuti dopo, si rese vagamente conto di avere oltrepassato l'Obelisco e di trovarsi sul sentiero cosparso di detriti del Monolito di Cristallo. Sol e la Sfinge erano già persi alle sue spalle, la Tomba di Giada era un semplice bagliore verde chiaro nell'incubo di polvere e di vento.

Brawne si fermò, ondeggiò un poco quando le raffiche e le maree del tempo la tirarono. C'era più di mezzo chilometro per arrivare al Palazzo dello Shrike. Anche se, mentre lasciava la megasfera, aveva capito all'improvviso che c'era un legame fra albero e tomba, cosa avrebbe potuto fare di utile, una volta sul posto? E cosa aveva fatto per lei, il maledetto poeta, se non prenderla a male parole e farla impazzire di rabbia? Perché morire nel tentativo di salvarlo?

Nella valle il vento urlava, ma al di sopra del frastuono Brawne pensò di udire grida più acute, più umane. Guardò verso la scarpata nord, si alzò il colletto della giacca e continuò ad avanzare nel vento.

Prima che Meina Gladstone uscisse dalla cabina astrotel, trillò il segnale delle chiamate in arrivo e la donna tornò ad accomodarsi e fissare con grande intensità la vasca olografica. La nave del Console aveva già notificato la ricezione del messaggio, ma non aveva dato risposta; forse il Console aveva cambiato idea.

No. Le colonne dati che fluttuavano nel prisma rettangolare di fronte a lei mostrarono che la raffica tachionica si era originata nel sistema di Mare Infinitum. L'ammiraglio William Ajunta Lee chiamava il PFE servendosi del codice privato che lei gli aveva dato.

La FORCE:spazio si era esasperata, quando Gladstone aveva insistito sulla promozione del capitano di fregata e l'aveva nominato "Ufficiale di collegamento del governo" per la missione di attacco in origine programmata per Hebron. Dopo i massacri di Porta del Paradiso e di Bosco Divino, l'unità di assalto era stata trasferita nel sistema di Mare Infinitum: settantaquattro navi principali fortemente protette da navi torcia e da vedette a schermo difensivo, l'intera forza navale di assalto, con l'ordine di penetrare con la massima velocità tra le navi da guerra dello Sciame in avanzata per colpirne il centro.

Lee era la spia e il contatto di Gladstone. Il nuovo grado e gli ordini gli consentivano di essere informato delle decisioni di comando, ma quattro ammiragli della FORCE:spazio lo superavano in grado.

Tutto regolare: Gladstone lo voleva sulla scena, per essere tenuta al corrente.

La vasca si annebbiò e vi comparve il viso deciso di William Ajunta Lee. — Signora, rapporto secondo gli ordini. L'Unità Operativa 181.2 si è teleportata con successo nel Sistema 3996.12.22…

Gladstone batté le palpebre per la sorpresa, prima di ricordare che quello era il codice ufficiale per il sistema con stella di tipo G nel quale era compreso Mare Infinitum. Di rado si pensava all'astrografia al di fuori del mondo stesso della Rete.

— …le navi di assalto dello Sciame rimangono a centoventi minuti dal raggio letale del mondo bersaglio — diceva intanto Lee. Gladstone sapeva che il raggio letale era grosso modo pari a 0,13 UA, distanza alla quale l'armamento standard delle navi aveva efficacia nonostante le difese a terra. Mare Infinitum non aveva difese a terra. Il neo ammiraglio continuò: — Contatto con elementi dell'avanguardia stimato per le 17:32:26 standard Rete, fra circa venticinque minuti. L'Unità Operativa è configurata per la massima penetrazione. Due Balzonavi permetteranno l'arrivo di nuovo personale o di armi finché i teleporter non saranno sigillati durante il combattimento. L'incrociatore su cui sono a bordo, l'AE Garden Odyssey, eseguirà alla prima occasione i suoi ordini speciali. William Lee. Fine.

L'immagine decadde in una sfera rotante di bianco, mentre i codici di trasmissione terminavano il loro brulichio.

— Risposta? — domandò il computer del trasmettitore.

— Messaggio ricevuto — disse Gladstone. — Procedere.

Gladstone rientrò nello studio e trovò Sedeptra Akasi in attesa, con una ruga di preoccupazione sul viso attraente.

— Cosa c'è?

— Il consiglio di guerra è pronto a riunirsi — disse l'aiutante. — Il senatore Kolchev aspetta di vederla per una questione che lui dice urgente.

— Fallo entrare. Informa il consiglio che arriverò fra cinque minuti.

Gladstone si sedette all'antica scrivania e resistette all'impulso di chiudere gli occhi. Era stanchissima. Ma aveva gli occhi aperti, quando Kolchev entrò. — Siedi, Gabriel Fyodor.

Il massiccio lusiano andò avanti e indietro. — Al diavolo le sedie! Sai cosa accade in questo momento, Meina?

Gladstone sorrise appena. — Ti riferisci alla guerra? La fine della vita come la conosciamo? Questo?