[Esatto]
[La nostra IF e la vostra IF hanno
mandato indietro
lo Shrike
a cercarla]
"La nostra IF! Anche l'IF umana ha mandato lo Shrike?"
[L'ha permesso]
[L'Empatia è una
cosa estranea e inutile/
un'appendice vermiforme
dell'intelletto\\
Ma l'IF umana ne puzza/
e noi usiamo il dolore per
spingerla fuori del nascondiglio/
ecco l'albero]
"Albero? L'albero di spine dello Shrike?"
[Ovviamente]
[Diffonde dolore
per astrotel e cavo/
come un fischietto
all'orecchio di un cane\\
O di un dio]
Sento il mio analogo vacillare, quando la verità mi colpisce. Il caos al di là del campo di forza ovale di Ummon supera adesso ogni immaginazione, come se il tessuto dello spazio stesso fosse lacerato da mani gigantesche. Il Nucleo è in subbuglio.
"Ummon, chi è l'IF umana nel nostro tempo? Dove si nasconde, questa consapevolezza, dove giace inattiva?"
[Devi capire/
Keats/
la nostra sola possibilità
era di creare un ibrido
Figlio di Uomo/
Figlio di Macchina\\
E rendere quel rifugio così allettante
che l'Empatia in fuga
non avrebbe considerato altra casa/\
Una coscienza già quasi divina
come l'umanità ha offerto in trenta
generazioni\
un'immaginazione che può attraversare
spazio e tempo\\
E così offrendo/
e unendosi/
forma un legame fra mondi
che forse permetterà
a quel mondo di esistere
per tutt'e due]
"Chi, Ummon, maledizione a te! Chi è? Basta con le sciarade e gli indovinelli, informe bastardo! Chi?"
[Hai rifiutato
questa divinità due volte/
Keats\\
Se la rifiuti
per l'ultima volta/
tutto termina qui/
perché il tempo non esiste
più]
[Vai!
Vai e muori per vivere!
O vivi un poco e muori
per tutti noi!
In ogni caso Ummon e gli altri
hanno concluso con
te!]
[Vattene!]
E nello choc e nell'incredulità cado, o sono buttato fuori, e volo attraverso il TecnoNucleo come una foglia spinta dal vento, rotolò attraverso la megasfera senza destinazione né guida, poi sprofondo in tenebre ancora più fitte ed emergo, gridando oscenità alle ombre, nella metasfera.
Qui, stranezza e vastità e paura e buio, con un singolo falò acceso in basso.
Nuoto alla sua volta, agitando le braccia contro la viscosità informe.
"È Byron che annega" penso "non io." A meno di contare anche l'annegamento nel proprio sangue e in brandelli di tessuto polmonare.
Ma ora so di avere scelta. Posso scegliere di vivere e restare un mortale, non cìbrido ma umano, non Empatia ma poeta.
Nuotando contro una forte corrente, discendo alla luce.
— Hunt! Hunt!
L'aiutante di Gladstone entra barcollando, con il viso stravolto e allarmato. È ancora notte, ma la falsa luce che precede l'alba tocca fiocamente i vetri, le pareti.
— Oddio — dice Hunt e mi guarda con stupore reverenziale. Seguo il suo sguardo: le lenzuola e la camicia da notte sono inzuppate di vivido sangue arterioso.
La mia tosse l'ha svegliato; la mia emorragia mi ha riportato a casa.
— Hunt! — ansimo; mi distendo sui guanciali, troppo debole per alzare il braccio.
Lui si siede sul letto, mi stringe la spalla, mi prende la mano. Capisco che sa che sono moribondo.
— Hunt — mormoro — ho cose da dirle. Cose meravigliose.
Mi zittisce. — Dopo, Severn. Riposi. Provvederò a ripulirla e mi racconterà dopo. C'è un mucchio di tempo.
Cerco di alzarmi, ma riesco solo ad aggrapparmi al suo braccio, le dita strette sulla sua spalla. — No — mormoro; sento in gola il gorgoglio e odo il gorgoglio della fontana, fuori. — Non c'è tanto tempo. Proprio per niente.
E capisco in quell'istante, moribondo, che non sono il veicolo scelto per l'IF umana, né la congiunzione dell'IA e dello spirito umano: non sono affatto il Prescelto.
Sono solo un poeta che muore lontano da casa.
42
Il colonnello Fedmahn Kassad morì in battaglia.
Sempre avvinghiato allo Shrike, scorgendo Moneta come una macchia confusa ai limiti del campo visivo, Kassad traslò nel tempo, con un sussulto di vertigine, e ruzzolò nella luce del sole.
Lo Shrike ritrasse le braccia e arretrò: gli occhi rossi parvero riflettere il sangue che imbrattava la dermotuta di Kassad. Il sangue di Kassad.
Il colonnello si guardò intorno. Si trovavano nelle vicinanze della Valle delle Tombe, ma in un tempo diverso, remoto. Al posto delle rocce del deserto e delle dune delle lande, una foresta era rinata a mezzo chilometro dalla valle. Verso sudest, più o meno dove una volta c'erano le rovine della Città dei Poeti, sorgeva una città viva, con torri e bastioni e gallerie a cupola che brillavano debolmente nella luce della sera. Fra la città al limitare della foresta e la valle, prati di alta erba verde si gonfiavano sotto la brezza che spirava dalla lontana catena montuosa della Briglia.
Alla sinistra di Kassad c'era sempre la Valle delle Tombe del Tempo, ma ora le pareti rocciose erano crollate, consumate dall'erosione o da terremoti e coperte di erba. Le Tombe stesse parevano nuove, costruite solo di recente, ancora con le impalcature di lavoro, intorno all'Obelisco e al Monolito. Ogni Tomba di superficie brillava di oro, come orlata e brunita del prezioso metallo. Le porte e gli ingressi erano sigillati. Pesanti e imperscrutabili macchinari attorniavano le Tombe, circondavano la Sfinge di cavi massicci e di aste sottili come fil di ferro. Kassad capì subito di trovarsi nel futuro, forse di secoli o di millenni, e che le Tombe stavano per essere lanciate all'indietro nel suo tempo e anche oltre.
Si guardò alle spalle.
Parecchie migliaia di uomini e di donne, file su file, occupavano il pendio erboso dove un tempo c'era una parete di roccia. Silenziosi, armati, erano schierati di fronte a Kassad come un esercito in attesa del capo. Campi di dermotuta tremolavano attorno ad alcuni di loro, ma altri avevano solo pelliccia, ali, scaglie, armi esotiche e complicate coloriture che Kassad aveva già visto durante la precedente visita con Moneta nel luogo/tempo dove era stato guarito.
Moneta. La donna stava fra Kassad e la moltitudine, con il campo della dermotuta che le scintillava intorno alla cintola, ma portava anche una morbida tuta che pareva di velluto nero. Al collo aveva una sciarpa rossa. A tracolla portava un'arma sottile come una bacchetta. Fissava Kassad.