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Il colonnello vacillò un poco, perché era gravemente ferito ma anche perché aveva scorto negli occhi di Moneta un qualcosa che lo privò delle forze per la sorpresa.

Moneta non lo conosceva. Il viso della donna rifletteva lo stupore, la meraviglia — timore reverenziale? — che si leggevano sulla faccia degli altri. La valle era silenziosa, a parte l'occasionale schiocco di una banderuola su una picca o il fruscio del vento nell'erba, mentre Kassad fissava Moneta e lei gli restituiva lo sguardo.

Kassad si guardò da sopra la spalla.

Lo Shrike, immobile come una statua metallica, era a dieci metri; l'erba gli arrivava quasi alle ginocchia coperte di lame uncinate.

Dietro lo Shrike, dall'altra parte dell'imboccatura della valle, vicino al punto dove iniziava la scura fascia di alberi, orde di Shrike, legioni di Shrike, file su file di Shrike, brillavano come lame di bisturi nella luce del sole basso.

Kassad riconobbe lo Shrike, il suo Shrike, solo perché era più vicino a lui e aveva sangue sugli artigli e sul petto. Gli occhi del mostro pulsarono di luce scarlatta.

— Sei tu, vero? — disse una voce morbida, alle spalle di Kassad.

Il colonnello si girò di scatto, per un istante si sentì assalire dalla vertigine. Moneta era ferma a qualche metro. Aveva i capelli corti come lui li ricordava dal primo incontro, pelle altrettanto morbida all'aspetto, occhi ugualmente misteriosi nel loro sguardo profondo, verdi punteggiati di marrone. Kassad provò l'impulso di alzare la mano e sfiorarle gentilmente lo zigomo, di passare il dito sulla curva del labbro inferiore. Non si mosse.

— Sei tu — ripeté Moneta; e stavolta non era una domanda. — Il guerriero che ho profetizzato al popolo.

— Non mi riconosci, Moneta? — Kassad aveva ferite profonde fino all'osso, ma nessuna gli procurava tanto dolore come quel momento.

Lei scosse la testa e si scostò dalla fronte i capelli, con un gesto penosamente familiare per Kassad. — Moneta — ripeté. — Significa "Figlia di Memoria" e anche "ammonitrice". Un buon nome.

— Non è il tuo?

Lei sorrise. Kassad ricordò lo stesso sorriso nella valle stretta e lunga della foresta dove avevano fatto l'amore la prima volta. — No — rispose lei, piano. — Non ancora. Sono appena giunta qui. Ancora non ho iniziato il viaggio e la sorveglianza. — Gli disse il proprio nome.

Kassad batté le palpebre, alzò la mano, le toccò la guancia. — Siamo stati amanti — disse. — Ci siamo incontrati su campi di battaglia perduti nella memoria. Sei stata con me dappertutto. — Si guardò intorno. — Per arrivare a questo, vero?

— Sì.

Kassad si girò a fissare l'esercito di Shrike dall'altra parte della valle. — È una guerra? Alcune migliaia contro alcune migliaia?

— Una guerra — disse Moneta. — Alcune migliaia contro alcune migliaia, su dieci milioni di mondi.

Kassad chiuse gli occhi e annuì. La dermotuta gli praticò suture, medicazioni da campo, iniezioni di ultramorfina; ma era impossibile tenere a bada ancora per molto il dolore e la debolezza causati dalle orribili ferite. — Dieci milioni di mondi — disse Kassad e riaprì gli occhi. — Una battaglia finale, allora?

— Sì.

— E il vincitore rivendica le Tombe?

Moneta lanciò un'occhiata alla valle. — Il vincitore determina se lo Shrike già chiuso nella tomba va da solo a pavimentare la strada per altri… — con un cenno indicò l'esercito di Shrike — o se la razza umana ha voce in capitolo, nel nostro passato e futuro.

— Non capisco — disse Kassad, con voce tesa. — Ma di rado i soldati capiscono la situazione politica. — Si sporse, baciò Moneta, sorpresa, e le tolse la sciarpa rossa. — Ti amo — disse, legando alla canna del fucile di assalto la striscia di stoffa. Le spie luminose mostrarono che nell'arma restava la metà della carica energetica e delle munizioni.

Fedmahn Kassad avanzò di cinque passi, girò la schiena allo Shrike, alzò le braccia al popolo, sempre muto sul pendio, e gridò: — Per la libertà!

Tremila voci ripetereno il grido: — Per la libertà! — Il ruggito non terminò con l'ultima parola.

Kassad si girò, tenendo alto il fucile e la sciarpa come bandiera. Lo Shrike avanzò di mezzo passo, mutò la posizione, allargò le dita a lama.

Kassad mandò un grido e si lanciò all'attacco. Più indietro, Moneta lo seguì, tenendo l'arma in alto. Tremila li imitarono.

Più tardi, nel carnaio della valle, Moneta e pochi altri dei Guerrieri Eletti trovarono Kassad ancora stretto in un abbraccio di morte alla carcassa dello Shrike. Rimossero con cautela il corpo, lo portarono nella tenda già pronta nella valle, lo lavarono, lo ricomposero e lo trasportarono tra ali di folla nel Monolito di Cristallo.

Lì il corpo del colonnello Fedmahn Kassad venne disteso sopra un catafalco di marmo bianco e le armi furono disposte ai suoi piedi. Nella valle, un grande falò riempì l'aria di luce. Uomini e donne, reggendo alcune torce, si mossero su e giù per la valle, mentre altri scendevano dal cielo color lapislazzuli, alcuni in vascelli volanti eterei quanto bolle sagomate, altri su ali di energia o avvolti in aloni verdi e oro.

Più tardi, quando le stelle brillarono vivide e fredde sulla valle piena di luce, Moneta diede l'addio ed entrò nella Sfinge. La folla cantò. Nei campi più in là, piccoli roditori sporsero il muso fra bandiere cadute e resti sparsi di carapace e armatura, lame metalliche e acciaio fuso.

Verso mezzanotte, la folla smise di cantare, ansimò, si ritrasse. Le Tombe del Tempo risplendettero. Furiose maree di forza anti-entropica spinsero la folla ancora più indietro… all'imboccatura della valle, al di là del campo di battaglia, alla città che brillava morbidamente nella notte.

Nella valle, le grandi Tombe scintillarono, passarono dall'oro al bronzo, iniziarono il lungo viaggio all'indietro nel tempo.

Brawne Lamia passò davanti all'Obelisco risplendente e lottò contro una muraglia di vento rabbioso. La sabbia le lacerò la pelle e le artigliò gli occhi. Scariche di statica scoppiettarono sulla cima delle pareti rocciose e aumentarono il bagliore misterioso che circondava le Tombe. Con le mani Brawne si coprì il viso e procedette a passi malfermi, guardando fra le dita per seguire il sentiero.

Una luce dorata più intensa del bagliore generale sgorgava dai vetri fracassati del Monolito di Cristallo e filtrava sulle dune mobili che ricoprivano il fondovalle. Nel Monolito c'era qualcuno.

Brawne aveva giurato di andare dritta al Palazzo dello Shrike, di fare il possibile per liberare Sileno e di tornare da Sol senza farsi distrarre da niente. Ma aveva visto il profilo di una sagoma umana, nella tomba. Kassad non era ricomparso. Sol le aveva parlato della missione del Console, ma forse il diplomatico era tornato mentre la tempesta infuriava. Padre Duré rimaneva un mistero.

Brawne si avvicinò alla luce e si soffermò sulla soglia del Monolito.

L'interno era ampio e impressionante, si alzava per quasi cento metri fino a un lucernario solo intuito. Le pareti, dall'interno, erano trasparenti, di un ricco color oro e terra di ombra a causa di quella che sembrava luce del sole. L'intensa luce colpiva la scena al centro dell'ampia area che si estendeva davanti a Brawne.

Fedmahn Kassad giaceva sopra una sorta di lastra funeraria di pietra. Indossava l'uniforme nera della FORCE; le mani livide erano incrociate sul petto. Varie armi, sconosciute a Brawne a eccezione del fucile di assalto, giacevano ai suoi piedi. Il viso era smagrito nella morte, ma non più di quanto lo fosse stato in vita. L'espressione era calma. Non c'era dubbio che Kassad fosse morto: il silenzio della morte permeava l'ambiente come incenso.

Ma l'altra persona nella sala, quella che aveva mostrato il contorno da lontano, attirò ora l'attenzione di Brawne.

Una giovane donna non ancora sulla trentina era in ginocchio accanto al catafalco. Indossava una tuta nera, aveva capelli corti, pelle chiara, occhi grandi. Brawne ricordò la storia del soldato, ricordò i particolari dell'amante fantasma di Kassad.