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Martin Sileno diceva che il quoziente di intelligenza collettivo era più elevato, quando il luogo era rimasto deserto.

Il banchetto si tenne nel padiglione da pranzo, da poco ricostruito; la grande cupola echeggiò di risate, quando Martin Sileno lesse poesie licenziose e altri artisti eseguirono scenette comiche. Oltre al Console e a Sileno, al tavolo rotondo di Brawne sedevano sei ospiti Ouster, compresi Freeman Ghenga e Coredwell Minmun, e anche Rithmet Corber III, vestito di pelli cucite a mano e di un alto cappello a cono. Theo Lane giunse tardi, scusandosi; raccontò le più recenti storielle di Jacktown e si accostò al tavolo per unirsi al dessert. Lane era stato menzionato recentemente come candidato del popolo alla carica di sindaco di Jacktown nelle elezioni di Quartomese che presto si sarebbero tenute — sia gli indigeni, sia gli Ouster, sembravano apprezzare il suo stile — e per il momento non si era mostrato restio ad accettare la nomina, se gliela avessero offerta.

Alla fine del banchetto il Console invitò a bordo della nave alcuni amici scelti, per ascoltare musica e bere altro vino. Brawne e Martin e Theo si sedettero sulla loggia, mentre il Console suonava con sobrietà e sentimento brani di Gershwin e Studeri e Brahms e Luser e i Beatles, e poi ancora Gershwin e infine il bellissimo Concerto per pianoforte n. 2 in Do minore di Rachmaninoff.

Poi, nella fioca luce, guardarono la città e la valle, bevvero ancora un po' di vino e chiacchierarono fino a notte.

— Cosa si aspetta di trovare, nella Rete? — domandò Theo al Console. — Anarchia? Governo della plebaglia? Ritorno alla vita dell'età della pietra?

— Questo e altro ancora, probabilmente — sorrise il Console. Fece girare nel bicchiere il cognac. — Sul serio, prima che l'astrotel smettesse di esistere, ci sono state raffiche sufficienti a far capire che, a parte alcune difficoltà reali, gran parte dei mondi della vecchia Rete se la caverà bene.

Theo Lane reggeva lo stesso bicchiere di vino che centellinava dalla sala da pranzo. — Secondo lei, perché le trasmissioni astrotel hanno smesso di esistere?

Martin Sileno sbuffò. — Dio si è stancato di vederci scarabocchiare sulle pareti del cesso fuori di casa.

Parlarono di vecchi amici, si chiesero che cosa facesse in quel momento padre Duré. Avevano sentito parlare della sua nuova carica, in una delle ultime trasmissioni. Ricordarono Lenar Hoyt.

— Pensate che diventerà automaticamente Papa, alla morte di Duré? — domandò il Console.

— Non credo — disse Theo. — Ma almeno avrà una possibilità di rivivere, se il crucimorfo che Duré porta sul petto funziona ancora.

— Chissà se verrà a cercare la balalaica — disse Sileno, traendone alcuni accordi. Nella luce soffusa, pensò Brawne, l'anziano poeta sembrava ancora un satiro.

Parlarono di Sol e di Rachel. Negli ultimi sei mesi, centinaia di persone avevano cercato di entrare nella Sfinge; uno solo vi era riuscito: un Ouster silenzioso di nome Mizenspesht Ammenyet.

Gli specialisti Ouster avevano trascorso mesi ad analizzare le Tombe del Tempo e la traccia di maree ancora esistenti. In alcuni edifici, dopo l'apertura delle Tombe erano comparsi geroglifici e scritte cuneiformi stranamente familiari che avevano portato almeno a ipotesi erudite sulle loro diverse funzioni.

La Sfinge era una porta a senso unico per il iuturo di cui aveva parlato Rachel/Moneta. Nessuno sapeva come scegliesse coloro ai quali permetteva il passaggio, ma era di moda fra i turisti provare a varcare la porta. Non si erano trovati indizi sulla sorte di Sol e di sua figlia. Brawne scoprì di pensare spesso all'anziano studioso.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono a Sol e Rachel.

La Tomba di Giada pareva in qualche modo legata a mondi giganti gassosi. Nessuno era riuscito a varcare la sua particolare porta, ma Ouster esotici, progettati e allevati per vivere in habitat gioviani, venivano ogni giorno a fare il tentativo. Esperti sia degli Ouster sia della FORCE misero ripetutamente in evidenza che le Tombe non erano dei teleporter, ma chissà quale altra forma di connessione cosmica del tutto diversa. I turisti se ne fregarono.

L'Obelisco rimase un fitto mistero. La tomba risplendeva ancora, ma ora non aveva porta. Gli Ouster ritenevano che all'interno eserciti di Shrike fossero ancora in attesa. Martin Sileno espresse il parere che l'Obelisco fosse soltanto un simbolo fallico messo lì per decorare la valle, quasi in una sorta di ripensamento. Altri ritenevano che forse aveva a che fare con i Templari.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono alla Vera Voce dell'Albero Het Masteen.

Il Monolito di Cristallo, di nuovo sigillato, era la tomba del colonnello Fedmahn Kassad. Iscrizioni poste nella pietra, decodificate, parlavano di una battaglia cosmica e di un grande guerriero proveniente dal passato, comparso per aiutare gli uomini a sconfiggere il Signore della Sofferenza. Giovani reclute scese dalle navi torcia e dai trasporti truppe di attacco la bevvero. La leggenda di Kassad si sarebbe diffusa sempre di più, a mano a mano che un numero maggiore di quelle navi fosse tornato nei mondi della vecchia Rete.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono a Fedmahn Kassad.

La prima e la seconda delle Grotte non portavano da nessuna parte; ma la terza sembrava aprirsi sui labirinti di una varietà di mondi. Dopo la scomparsa di alcuni ricercatori, le autorità Ouster ricordarono ai turisti che i labirinti si trovavano in un tempo diverso, forse centinaia di migliaia di anni nel passato o nel futuro, oltre che in uno spazio diverso. Permisero l'accesso alle Grotte solo a esperti qualificati.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono a Paul Duré e Lenar Hoyt.

Il Palazzo dello Shrike restò un mistero. Quando Brawne e gli altri vi erano tornati, qualche ora più tardi, le gradinate di corpi erano scomparse, l'interno della tomba aveva la grandezza di sempre, ma nel centro c'era una singola porta risplendente. Chi la varcò, scomparve. Nessuno tornò mai.

I ricercatori proibirono l'accesso al Palazzo, mentre lavoravano per decifrare lettere scolpite nella pietra, erose malamente dal tempo. Fino a quel momento erano certi solo di tre parole, tutte nel latino della Vecchia Terra, tradotte come COLOSSEO, ROMA e RIPOPOLARE. Era già sorta la leggenda che quel portale si aprisse sulla Vecchia Terra scomparsa e che le vittime dell'albero di spine vi fossero state trasportate. Altre centinaia rimasero in attesa.

— Vedi — disse Martin Sileno a Brawne — se tu non fossi stata così maledettamente precipitosa nel salvarmi, sarei tornato a casa.

Lane si sporse. — Sarebbe davvero tornato sulla Vecchia Terra?

Martin si esibì nel suo più dolce sorriso da satiro. — Nemmeno fra un milione di anni di merda. Era noiosa, quando ci vissi, e sarà sempre noiosa. È qui che c'è movimento! — Sileno brindò a se stesso.

In un certo senso, capì Brawne, era vero. Hyperion era il punto di incontro di Ouster ed ex cittadini dell'Egemonia. Le Tombe del Tempo, da sole, significavano commerci futuri e turismo e viaggi, mentre l'universo umano si adattava a vivere senza teleporter. Brawne cercò di immaginare il futuro come lo vedevano gli Ouster, con grandi flotte che ampliassero gli orizzonti della razza umana, con esseri umani geneticamente adattati per colonizzare giganti gassosi e asteroidi e pianeti più aspri di Marte e di Hebron prima del terraforming. Non ci riuscì. Un simile universo forse l'avrebbe visto sua figlia… o i suoi nipoti.

— A cosa pensi, Brawne? — domandò il Console, quando il silenzio si protrasse.

Lei sorrise. — Al futuro — rispose. — E a Johnny.

— Ah, già — disse Sileno. — Il poeta che poteva essere Dio e non lo fu.

— Cos'è accaduto alla seconda personalità, secondo voi? — domandò Brawne.

Il Console allargò le mani. — Non vedo come possa essere sopravvissuta alla morte del Nucleo. E tu?