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— Mi sembra chiaro.

— I realisti sono collegati a un gruppo serio?

— Solo alla Chiesa Shrike — disse Gladstone. Si soffermò nel punto dove il sentiero attraversava un ruscello, mediante un ponte di pietra. Raccolse la veste e si sedette su una panchina di ferro battuto. — Nessuno dei loro vescovi è ancora uscito dal nascondiglio, sa?

— Considerando le sommosse e le reazioni violente, non li biasimo — risposi. Restai in piedi. In vista non c'erano guardie del corpo né monitor, ma sapevo che, se avessi fatto un gesto di minaccia verso Gladstone, mi sarei svegliato in una cella dell'EsecSicur. In alto, le nuvole perdettero le ultime sfumature dorate e cominciarono a brillare dell'argenteo riflesso delle innumerevoli città torre di TC2. — Cosa ne ha fatto, la sicurezza, di Diana e del marito? — domandai.

— Sono stati interrogati a fondo. Al momento sono… trattenuti.

Annuii. Interrogati a fondo significava che ora il loro cervello galleggiava in vasche di shunt totale. Il corpo sarebbe stato mantenuto in crio-deposito finché un processo segreto non avesse stabilito se le loro azioni erano da considerare alto tradimento. Dopo il processo, i corpi sarebbero stati distrutti e Diana e Hermund sarebbero rimasti "trattenuti", mediante il distacco di ogni canale sensorio e di comunicazione. Da secoli l'Egemonia non usava la pena di morte, ma l'alternativa non era piacevole. Mi sedetti sulla panchina, a due metri da Gladstone.

— Scrive ancora poesie?

La domanda mi sorprese. Lasciai vagare lo sguardo lungo il sentiero, dove lanterne giapponesi e fotoglobi nascosti si erano appena accesi. — In pratica, no — risposi. — A volte, sogno in versi. O solevo farlo…

Meina Gladstone piegò in grembo le mani e rimase a fissarle. — Se per caso scrivesse degli eventi attuali — disse — che genere di poema creerebbe?

Scoppiai a ridere. — Già due volte l'ho iniziato e l'ho lasciato perdere… o meglio, è stato lui. Parlava della morte degli dèi e della loro difficoltà ad accettare la rimozione. Parlava di mutamento e sofferenza e ingiustizia. E parlava soprattutto del poeta… che lui riteneva avesse sofferto, più di ogni altro, di simile ingiustizia.

Gladstone mi guardò. Nella luce fioca, il viso era una massa di linee e di ombre. — E questa volta quali dèi sono rimossi, signor Severn? È l'umanità, o sono i falsi dèi da noi creati, a deporci?

— Come diavolo faccio, a saperlo? — replicai, brusco. Mi girai a guardare il ruscello.

— Lei fa parte di tutt'e due i mondi, no? Dell'Umanità e del Tecno-Nucleo.

Scoppiai a ridere di nuovo. — Non faccio parte né dell'una, né dell'altro. Qui sono un mostro, un cìbrido; là, un progetto di ricerca.

— Sì, ma ricerca di chi? E a quale scopo?

Mi strinsi nelle spalle.

Gladstone si alzò e io la imitai. Superammo il ruscello e ascoltammo l'acqua scorrere sulle pietre. Il sentiero serpeggiava tra massi alti e coperti di eleganti licheni che brillavano alla luce delle lanterne.

Gladstone si soffermò in cima a una breve rampa di gradini di pietra. — Ritiene che i Finali, nel Nucleo, riusciranno a costruire quella che chiamano l'Intelligenza Finale, signor Severn?

— Costruiranno Dio? — replicai. — Ci sono IA che non vogliono costruire Dio. Dall'esperienza umana hanno imparato che costruire il passo seguente della coscienza è un invito alla schiavitù, se non l'estinzione vera e propria.

— Ma un vero Dio estinguerebbe le proprie creature?

— Nel caso del Nucleo e dell'ipotetica IF — dissi — Dio è la creatura, non il creatore. Forse un dio deve creare gli esseri inferiori a contatto con se stesso, per sentirsi responsabile verso di loro.

— Eppure sembra che il Nucleo si sia assunto la responsabilità degli esseri umani, nei secoli a partire dalla Secessione delle IA — disse Gladstone. Mi fissava intensamente, come se valutasse qualcosa basandosi sulla mia espressione.

Guardai il giardino. Il sentiero brillava, bianco, quasi irreale nel buio. — Il Nucleo opera secondo fini propri — dissi, pur sapendo che nessun essere umano conosceva questo fatto meglio del PFE Meina Gladstone.

— E lei ritiene che l'umanità non rappresenti più un mezzo verso questi fini?

Mossi la destra in un gesto sprezzante. — Sono una creatura che non appartiene a queste due culture — dissi. — E neppure graziata dall'innocenza dei creatori involontari, né maledetta dalla terribile consapevolezza delle proprie creature.

— Dal punto di vista genetico, lei è pienamente umano.

Non era una domanda. Non risposi.

— Fu detto che Gesù Cristo fosse pienamente umano — riprese Gladstone. — E anche pienamente divino. Umanità e divinità al punto d'intersezione.

Mi meravigliai che facesse riferimento a quell'antica religione. Il Cristianesimo era stato rimpiazzato dapprima dal Cristianesimo Zen, poi dallo Gnosticismo Zen, poi da un centinaio di teologie e di filosofie più vitali. Il mondo natale del PFE non era un ricettacolo di credenze già scartate: presumevo, e mi auguravo, che non lo fosse nemmeno Gladstone. — Se era pienamente uomo e pienamente Dio — replicai — allora sono la sua immagine di antimateria.

— No — disse Gladstone. — Ritengo che questa definizione corrisponda allo Shrike che in questo momento si confronta con i suoi amici pellegrini.

La fissai. Per la prima volta con me aveva citato lo Shrike, anche se sapevo — e lei sapeva che sapevo — che proprio il piano di Gladstone aveva indotto il Console ad aprire le Tombe del Tempo e a liberare quella creatura.

— Forse avrebbe dovuto prendere parte al pellegrinaggio, signor Severn — disse il PFE.

— In un certo senso, vi prendo parte — replicai.

Gladstone mosse la mano e materializzò una porta per i suoi alloggi privati. — Sì, in un certo senso vi prende parte — ammise. — Ma se la donna che porta in sé la sua controparte finisce crocifissa sul leggendario albero di spine dello Shrike, lei, signor Severn, soffrirà in sogno per l'eternità?

Non sapevo che cosa rispondere, quindi rimasi lì, zitto.

— Parleremo ancora domattina, dopo la conferenza — disse Meina Gladstone. — Buona notte, signor Severn. Sogni d'oro.

8

Martin Sileno, Sol Weintraub e il Console risalgono barcollando le dune in direzione della Sfinge, mentre Brawne Lamia e Fedmahn Kassad tornano portando il corpo di padre Hoyt. Weintraub si stringe nel mantello, cerca di riparare la piccina dalla furia delle raffiche di sabbia e dal crepitio luminoso. Guarda Kassad discendere la duna, con le gambe lunghe e nere da vignetta umoristica contro la sabbia elettrizzata, mentre le braccia e le mani di Hoyt penzolano e si muovono lievemente a ogni scivolone e a ogni passo.

Sileno grida, ma il vento porta via le parole. Brawne Lamia indica l'unica tenda ancora in piedi; la tempesta ha fatto crollare o ha strappato le altre. Si affollano nella tenda di Sileno, il colonnello Kassad per ultimo, passando con gentilezza agli altri il corpo. Nella tenda, le urla superano il crepitio della tela di fibroplastica e il rumore dei fulmini, simile a fruscio di carta strappata.

— Morto? — grida il Console, togliendo il mantello che Kassad ha avvolto intorno al corpo nudo di Hoyt. Il crucimorfo brilla, roseo.

Il colonnello indica i rivelatori che ammiccano sul medipac militare applicato al torace del prete. Le spie palpitano di luce rossa, a parte quelle gialle dei filamenti e dei noduli di sostentamento del sistema. La testa di Hoyt rotola all'indietro e rivela la sutura a forma di millepiedi che tiene insieme i lembi frastagliati dello squarcio alla gola.

Weintraub cerca manualmente le pulsazioni; non ne trova. Si china, posa l'orecchio sul petto del prete. Non c'è battito cardiaco, ma il gonfiore del crucimorfo è tiepido, contro la guancia. Weintraub guarda Brawne Lamia. — Lo Shrike?