Albedo si strinse nelle spalle. — Sì, senatore. Ma è possibile che solo la determinazione del governo a iniziare una guerra nel sistema di Hyperion abbia spinto gli Ouster a procedere col piano. Noi abbiamo sconsigliato qualsiasi azione riguardante Hyperion.
Lo Speaker Gibbons si sporse. — Ci avete dato i nomi degli individui necessari per il cosiddetto Pellegrinaggio allo Shrike.
Albedo non scrollò di nuovo le spalle; era rilassato, fiducioso.
— Avete chiesto una rosa di nomi di individui della Rete le cui richieste allo Shrike avrebbero cambiato il risultato della guerra da noi prevista.
Gladstone unì le punte delle dita e si picchiettò sul mento. — E avete già determinato come queste richieste cambierebbero i risultati della guerra… di questa guerra?
— No — rispose Albedo.
— Consulente — disse Meina Gladstone — sappia che da questo momento, a seconda degli eventi dei prossimi giorni, il governo dell'Egemonia dell'Uomo considera la possibilità di dichiarare l'esistenza dello stato di guerra fra noi e l'entità conosciuta come TecnoNucleo. In veste di ambasciatore de facto di questa entità, lei è incaricato di comunicare la decisione.
Albedo sorrise. Allargò le mani. — Signora, lo choc di questa terribile notizia l'ha certo spinta a creare una ben misera battuta. Dichiarare guerra al Nucleo sarebbe come… come se un pesce dichiarasse guerra all'acqua, come se un guidatore aggredisse il proprio VEM a causa di preoccupanti notizie relative a un incidente avvenuto altrove.
Gladstone rimase seria. — Mio nonno, su Patawpha — disse lentamente, accentuando la cadenza tipica di quel pianeta — cacciò sei proiettili di fucile a impulso nel VEM di famiglia, quando un mattino la maledetta macchina si rifiutò di partire. Può andare, consulente.
Albedo batté le palpebre e svanì di colpo. L'improvvisa partenza era una deliberata infrazione del protocollo (di solito la proiezione lasciava la stanza, o aspettava che gli altri uscissero, prima di svanire) oppure un segno che l'intelligenza di controllo nel Nucleo era rimasta sconvolta dallo scambio di battute.
Gladstone rivolse un cenno a Kolchev e a Gibbons. — Non vi trattengo oltre, signori. Ma mi aspetto sostegno totale, quando la dichiarazione di guerra sarà messa ai voti, fra cinque ore.
— L'avrà — rispose Gibbons. I due uscirono.
Da porte e pannelli nascosti entrarono segretari a mitragliare domande e a consultare comlog per avere istruzioni. Gladstone alzò il dito. — Dov'è Severn? — domandò. Vedendo gli sguardi vacui, aggiunse: — Il poeta… cioè, l'artista. Il pittore che mi fa il ritratto.
Parecchi segretari si scambiarono occhiate, come se il PFE desse i numeri.
— Dorme ancora — rispose Leigh Hunt. — Ha preso dei sonniferi e nessuno ha pensato di svegliarlo per la riunione.
— Lo voglio qui entro venti minuti. Aggiornatelo. Dov'è il capitano Lee?
Niki Cardon, la giovane incaricata dei collegamenti con i militari, rispose: — Ieri notte Lee è stato trasferito al pattugliamento periferico, da Morpurgo e dal caposettore della FORCE:mare. Salterà da un mondo oceanico all'altro, per vent'anni del nostro tempo. Al momento si è teleportato al FORCE:ComCenMar, su Bressia, in attesa di passaggio extraplanetario.
— Riportatelo qui. Voglio che sia promosso ammiraglio di divisione o come diavolo si dice, e assegnato a me personalmente, non alla Casa del Governo né all'Esecutivo. Sarà il commesso viaggiatore nucleare, se occorre.
Per un istante fissò la parete spoglia. Pensò ai pianeti dove aveva passeggiato quella notte: il Mondo di Barnard, luce di lampioni fra le foglie, antichi edifici di college in mattoni; Bosco Divino, montgolfier impastoiati e zeplen in volo libero a salutare l'alba; Porta del Paradiso, la Passeggiata… Tutti bersagli della prima ondata. Scosse la testa. — Leigh, voglio che entro quarantacinque minuti lei, Tarra e Brindenath mi prepariate la bozza di tutt'e due i discorsi… quello generale e la dichiarazione di guerra. Brevi. Inequivocabili. Controlli i file alle voci Churchill e Strudensky. Realistici ma spavaldi, ottimistici ma temperati da truce determinazione. Niki, mi serve il monitoraggio in tempo reale di ogni mossa effettuata dai capi congiunti. Voglio un display personale della mappa comando… trasmesso tramite il mio impianto. Riservato solo al PFE. Barbre, lei sarà la mia estensione di diplomazia con altri mezzi, verso il Senato. Convochi qui i senatori, chieda la restituzione di debiti politici, tiri la fila, ricatti, blandisca, ma faccia capire a tutti che sarà meno pericoloso andare a combattere gli Ouster che ostacolarmi nelle prossime tre o quattro votazioni. Domande?
Attese tre secondi, poi batté le mani. — Bene. Muoviamoci, gente!
Nel breve intervallo prima della nuova ondata di senatori, ministri e segretari, Gladstone girò la poltroncina verso la parete nuda, alzò il dito verso il soffitto e agitò la mano.
Tornò a girarsi un attimo prima che entrasse il nuovo gruppo di VIP.
25
Sol, il Console, padre Duré e Het Masteen, ancora svenuto, si trovavano nella prima delle Tombe dette Grotte, quando udirono gli spari. Il Console uscì da solo, con prudenza, sondando la tempesta delle maree del tempo che li aveva spinti più all'interno nella valle.
— Tutto a posto — gridò. Il bagliore livido della lanterna di Sol illuminò l'ingresso della grotta, tre facce pallide e il mucchio di vesti che era il Templare. — Le maree sono diminuite — gridò ancora il Console.
Sol si alzò. Sotto il suo, il viso della figlia era un pallido ovale. — Sei sicuro che gli spari provenissero dalla pistola di Brawne?
Il Console indicò l'oscurità esterna. — Era l'unica ad avere una sparapiombo. Vado a controllare.
— Aspetta — disse Sol. — Vengo con te.
Padre Duré rimase inginocchiato accanto a Het Masteen. — Andate pure. Resto io, con lui.
— Uno di noi due tornerà a dare un'occhiata entro cinque minuti — disse il Console.
La valle brillava della luce livida delle Tombe del Tempo. Il vento ruggiva da sud, ma la corrente d'aria quella notte era più alta, sopra le pareti di roccia, e non disturbava le dune del fondovalle. Sol seguì il Console, che percorse con cautela l'impervio sentiero e girò verso l'imboccatura della valle. Lievi strattoni di déjà vu ricordarono a Sol la violenza delle maree del tempo di un'ora prima, ma ormai anche i residui della bizzarra tempesta erano quasi svaniti.
Quando il sentiero si allargò, Sol e il Console oltrepassarono insieme il campo di battaglia riarso intorno al Monolito di Cristallo, il cui bagliore latteo era riflesso dalle innumerevoli schegge sparse sul fondo dell'arroyo; poi superarono la leggera salita al di là della Tomba di Giada con la sua fosforescenza verde chiaro, girarono di nuovo e seguirono le rampe poco accentuate che portavano alla Sfinge.
— Dio mio — mormorò Sol. Si lanciò avanti, cercando di non scuotere la piccina addormentata nel porta-neonati. Si inginocchiò accanto alla sagoma scura sul gradino più alto.
— Brawne? — domandò il Console, fermandosi due passi più indietro e ansimando per prendere fiato dopo l'improvvisa corsa in salita.
— Sì. — Sol iniziò a sollevarle la testa, ma ritrasse subito la mano, quando toccò qualcosa di viscido e freddo che trasudava dal cranio.
— Morta?
Sol strinse al petto la figlia e toccò la gola di Brawne, cercando le pulsazioni. — No — disse, con un profondo sospiro. — È viva… ma è svenuta. Dammi la torcia.
Passò il raggio luminoso sopra la ligura scomposta di Brawne Lamia e seguì il cordone argenteo ("tentacolo" era un termine migliore, vista la consistenza carnosa che faceva pensare a un'origine organica) che dalla presa di shunt neurale nel cranio correva lungo l'ampio scalino della Sfinge fin dentro l'ingresso spalancato. La Sfinge era la Tomba più luminosa, ma il vano era molto buio.