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L'interno della Sfinge pareva troppo infido, quella notte; Sol spostò all'esterno tutte le loro cose e le ammassò sull'ampia veranda di granito, dove con Duré cercò di sistemare comodamente Masteen e Brawne, sotto coperte e mantelli, con zaini per guanciale. I biomonitor di Brawne continuavano a segnalare la mancanza di qualsiasi attività cerebrale, mentre il corpo riposava in pace. Masteen si rigirava e si agitava, in preda alla febbre.

— Secondo lei, cos'ha, il Templare? — domandò Duré. — È ammalato?

— Forse si tratta di semplice assideramento — rispose Sol. — Dopo essere stato rapito dal carro a vela, si è ritrovato a vagare nelle lande deserte e qui nella Valle delle Tombe. Mangiava neve per dissetarsi e non aveva cibo.

Duré annuì e controllò il cerotto della FORCE applicato nella parte interna del braccio di Masteen. Le spie luminose indicavano il costante sgocciolio di soluzione per endovena. — Ma pare che ci sia dell'altro — disse il gesuita. — Una sorta di follia.

— I Templari hanno un legame quasi telepatico con la propria nave-albero. — disse Sol. — Quando la Voce dell'Albero Masteen ha assistito alla distruzione della Yggdrasill, si sarà sentito impazzire. A maggior ragione se sapeva che era necessaria.

Duré annuì e continuò ad asciugare la fronte cerea del Templare. Mezzanotte era passata e si era alzato un vento che soffiava pigre spirali di polvere vermiglia e gemeva intorno alle ali e agli spigoli della Sfinge. Le Tombe splendettero vividamente e divennero più fioche, prima una, poi un'altra, senza ordine né sequenza evidenti. Di tanto in tanto la trazione delle maree del tempo assaliva tutte due gli uomini, li faceva boccheggiare e aggrappare alla pietra, ma l'ondata di déjà vu e il senso di vertigine svanivano quasi subito. Con Brawne Lamia collegata alla Sfinge mediante il cavo saldato al cranio, non potevano andare via di lì.

A un certo punto, prima dell'alba, le nuvole si squarciarono e mostrarono il cielo: stelle l'aggruppate fittamente, di chiarezza quasi dolorosa. Per un poco gli unici segni delle due grandi flotte che guerreggiavano lassù furono le occasionali scie di fusione, sottili graffi di diamante nel vetro della notte; ma poi iniziarono di nuovo a sbocciare i fiori delle esplosioni lontane e nel giro di un'ora le Tombe furono oscurate dalla violenza delle luci in alto.

— Chi vincerà? — domandò padre Duré. I due sedevano con la schiena contro la ruvida parete di pietra della Sfinge, il viso rivolto allo spicchio di cielo fra le ali dispiegate della tomba.

Sol accarezzava la schiena di Rachel, addormentata bocconi sotto la sottile coperta. — Da quel che dicono gli altri, sembra preordinato che la Rete debba patire un'orribile guerra.

— Allora crede alle previsioni della Commissione di Consulenza delle IA?

Nel buio, Sol scrollò le spalle. — In pratica, non so niente di politica… né dell'esattezza con cui il Nucleo predice gli eventi. Sono un misero studioso di un piccolo college in un pianeta arretrato. Ma ho la sensazione che per noi ci sia in serbo qualcosa di terribile… che una mala bestia si muova verso Betlemme per nascere.

Duré sorrise. — Yeats — disse. Il sorriso svanì. — Sospetto che questo posto sia la nuova Betlemme. — Guardò in direzione delle Tombe splendenti. — Ho passato la vita a insegnare le teorie di San Teilhard, l'evoluzione verso il Punto Omega. E invece ecco cosa abbiamo. Follia umana nei cieli e un terribile anticristo in attesa di ereditare i resti.

— Crede che lo Shrike sia l'Anticristo?

Padre Duré appoggiò i gomiti sulle ginocchia e congiunse le mani. — Se non lo è, siamo tutti nei guai. — Rise amaramente. — Non molto tempo fa, sarei stato deliziato di scoprire un Anticristo: anche la semplice presenza di un potere antidivino sarebbe servita a puntellare la mia vacillante fede in qualsiasi forma di divinità.

— E ora? — domandò Sol, piano.

Duré allargò le mani. — Anch'io sono stato crocifisso.

Sol ripensò alla storia di Lenar Hoyt su Duré: l'anziano gesuita che s'inchiodava da sé a un albero tesla e sopportava anni di sofferenza e di rinascita piuttosto che arrendersi al parassita DNA, allo stesso crucimorio che in quel momento gli scavava le carni.

Duré abbassò il viso. — Non ci fu alcun benvenuto di un Padre celeste — disse a bassa voce. — Nessuna assicurazione che il dolore e il sacrificio fossero serviti a qualcosa. Solo sofferenza. Sofferenza e tenebre e di nuovo sofferenza.

Sol smise di accarezzare la schiena della piccina. — E questo le ha fatto perdere la fede?

Duré lo guardò in viso. — Al contrario, mi ha fatto sentire che la fede è sempre più essenziale. Sofferenza e tenebre sono state la nostra sorte fin dalla Caduta dell'Uomo. Ma dev'esserci una speranza di salire a un livello più alto… una speranza che la consapevolezza si evolva su un piano più benevolo del proprio contrappunto di un universo legato all'indifferenza.

Sol annuì lentamente. — Ho fatto un sogno, durante la lunga battaglia di Rachel con il morbo di Merlino… e mia moglie Sarai ha fatto lo stesso sogno: ero chiamato a sacrificare la mia unica figlia.

— Sì — disse Duré. — Ho ascoltato gli appunti del Console.

— Allora conosce già la mia risposta — disse Sol. — Primo, che non è più possibile seguire come Abramo il sentiero dell'ubbidienza, anche se esiste un Dio che la pretende. Secondo, che per troppe generazioni abbiamo offerto sacrifici a questo Dio: il pagamento in sofferenza deve terminare.

— Eppure lei è qui — disse Duré, con un gesto che comprendeva la valle, le Tombe, la notte.

— Sono qui — ammise Sol. — Ma non per strisciare nella polvere. Per scoprire quale risposta i poteri daranno alla mia decisione. — Riprese a carezzare la schiena della figlia. — Rachel ha un giorno e mezzo, diventa più giovane a ogni secondo. Se lo Shrike è l'architetto di questa crudeltà, voglio affrontarlo, anche se è davvero il suo Anticristo. Se c'è un Dio e se ha fatto una cosa simile, mostrerò lo stesso disprezzo verso di lui.

— Forse tutti abbiamo mostrato troppo disprezzo, all'atto pratico — disse pensierosamente Duré.

Sol alzò gli occhi, mentre nello spazio remoto una decina di puntini di luce vividissima si espandeva nelle increspature e nelle onde d'urto di esplosioni al plasma. — Mi piacerebbe avere la tecnologia per combattere Dio alla pari — disse in tono basso e leggero. — Prenderlo per la barba nel suo stesso covo. Ripagarlo di tutte le ingiustizie accumulate sull'umanità. Fargli passare l'arroganza, o altrimenti sbatterlo all'inferno.

Padre Duré inarcò il sopracciglio, poi abbozzò un sorriso. — So quale rabbia prova. — Toccò con gentilezza la testolina di Rachel. — Cerchiamo di dormire un poco, prima dell'alba. D'accordo?

Sol annuì, si distese accanto alla figlia e si tirò la coperta fino alla guancia. Duré mormorò qualcosa che poteva essere un buonanotte sottovoce o forse una preghiera.

Sol sfiorò la figlia, chiuse gli occhi e si addormentò.

Lo Shrike non venne, durante la notte. Né venne il mattino seguente, quando la luce del sole dipinse le pareti di roccia a sudovest e toccò la cima del Monolito di Cristallo. Sol si svegliò quando la luce del sole strisciò nella valle; Duré dormiva accanto a lui, Masteen e Brawne erano ancora privi di sensi. Rachel si agitava, inquieta. Il pianto era quello di una neonata affamata. Sol le diede una delle ultime confezioni nutripac. Durante la notte il freddo era sceso nella valle e la brina luccicava sugli scalini della Sfinge.

Rachel mangiò avidamente. Sol le fece fare il ruttino e se la portò alla spalla, cullandola teneramente.

Ancora un giorno e mezzo.

Sol era stanchissimo. Diventava vecchio, anche se dieci anni prima si era sottoposto a un trattamento Poulsen. Al tempo in cui lui e Sarai sarebbero stati normalmente liberi dai doveri paterni e materni (la loro unica figlia era all'università e partecipava a una missione di scavi archeologici nel mondi periferici), Rachel aveva contratto il morbo di Merlino e loro due avevano dovuto affrontare di nuovo i doveri del genitore. La curva di questi doveri si alzava, mentre Sol e Sarai invecchiavano… e poi Sol invecchiava da solo, dopo l'incidente… e adesso lui era molto, molto stanco. Nonostante la stanchezza, nonostante tutto, Sol notò con interesse di non rimpiangere un solo giorno di cure prestate alla figlia.