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questa possibilità/ inevitabilità\\

Ora è il momento giusto

per giocare

la Variabile Hyperion]

"Chi ha assassinato il primo clbrido di Johnny? Chi ha aggredito la personalità nel Nucleo?"

[Io\\ A prevalere

fu la volontà di Ummon]

"Perché?"

[Noi lo creammo\\

Trovammo necessario interromperlo

per un certo tempo\\

Il tuo amante è una personalità ricuperata

da un poeta dell'umanità

morto da molto tempo\\

Tranne il Progetto Intelligenza Finale

nessuno sforzo è stato

così complicato

o così poco capito

come la sua risurrezione\\

Come la tua razza/

di solito distruggiamo

ciò che non capiamo]

Johnny alza il pugno verso il megalito.

"Ma c'è un altro me. Avete fallito!"

[Nessun fallimento\\ Dovevi essere distrutto

in modo che l'altro

potesse vivere]

"Ma io non sono distrutto!" grida Johnny.

[Sì\\

Lo sei]

Il megalito afferra Johnny, con un secondo pseudopodo robusto, prima che Brawne possa reagire o toccare per l'ultima volta il suo amante poeta. Johnny si contorce un secondo nella stretta robusta dell'IA e poi il suo analogo, il corpo piccolo ma bello di Keats, è lacerato, compattato, schiacciato in una massa irriconoscibile che Ummon accosta alla propria carne megalitica e assorbe nelle profondità arancioni e rosse di se stesso.

Brawne cade in ginocchio, piange. Vuole infuriarsi… prega di avere uno scudo di collera… ma prova solo un senso di perdita.

Ummon rivolge su di lei l'attenzione. L'ovoide crolla, permette al frastuono e alla follia elettrica della megasfera di circondare tutte due.

[Adesso vattene\\

Recita l'ultimo

atto

cosicché possiamo vivere

o dormire

come il destino decreta]

"Vaffanculo!" Brawne prende a pugni la piattaforma su cui è in ginocchio, scalcia e colpisce la pseudocarne sotto di sé. "Sei un maledetto perdente! Tu e tutti i tuoi bastardi amici IA! E la nostra IF può fare a pezzi la vostra IF ogni giorno della settimana!"

[Questo

è dubbio]

"Vi abbiamo costruiti noi, ragazzo. Troveremo il vostro Nucleo. E quando l'avremo trovato, vi strapperemo le viscere di silicio!"

[Non ho viscere/ organi/ componenti interni di silicio]

"Ancora una cosa!" urla Brawne, senza smettere di colpire con le mani e le unghie il megalito. "Come narratore fai schifo! Non vali un decimo del poeta che è Johnny! Non sapresti raccontare decentemente una storia nemmeno se ne andasse del tuo stupido culo di IA…"

[Vattene]

Il megalito IA Ummon la lascia cadere, manda l'analogo Brawne a rotolare a precipizio nella crepitante immensità della megasfera dove non esiste né sopra né sotto.

Brawne è sbatacchiata dal traffico dati, quasi calpestata da IA grandi come la luna della Vecchia Terra; ma, anche mentre rotola soffiata via dal vento del flusso dati, intuisee una luce in lontananza, fredda ma invitante, e capisce che né la vita né lo Shrike hanno terminato, con lei.

E che lei non ha terminato con loro.

Seguendo il freddo bagliore, Brawne Lamia si dirige a casa.

34

— Sta bene, signore?

Mi resi conto di essermi piegato in due sulla poltrona, gomiti sulle ginocchia, dita arricciate nei capelli, con una stretta feroce, mani premute con forza contro le tempie. Mi alzai a sedere, fissai l'archivista.

— Ha gridato, signore. Pensavo che forse qualcosa non andava.

— No — dissi. Mi schiarii la voce, riprovai. — No, è tutto a posto. Un mal di testa. — Abbassai lo sguardo, confuso. Senza dubbio il comlog si era guastato, perché diceva che erano trascorse otto ore, da quando ero entrato nella biblioteca.

— Che ore sono? — domandai all'archivista. — Standard Rete.

Mi disse l'ora. Ne erano trascorse davvero otto. Mi strofinai di nuovo il viso e ritrassi le dita umide di sudore. — L'ho trattenuta oltre l'orario di chiusura — dissi. — La prego di scusarmi.

— Niente, niente — rispose l'ometto. — Sono contento di tenere aperti gli archivi fino a tardi, per gli studiosi. — Congiunse le mani.

— Soprattutto oggi. Con tutta questa confusione, non viene voglia di andare a casa.

— Confusione — ripetei, dimenticando per un attimo ogni cosa, tranne l'incubo riguardante Brawne Lamia, l'Intelligenza Artificiale di nome Ummon, e la morte della mia controparte, la personalità Keats. — Oh, la guerra. Che notizie ci sono?

L'archivista scosse la testa.

Tutto va a rotoli; il centro non può reggere; l'anarchia pura è scatenata sul mondo, la marea offuscata di sangue è libera, e ovunque la cerimonia dell'innocenza è annegata; i migliori mancano di convinzione, mentre i peggiori sono pieni di appassionata intensità.

Sorrisi all'archivista. — E lei crede che "una mala bestia, venuta infine la sua ora / avanzi verso Betlemme per nascere"?

L'archivista non sorrise. — Sì, signore, ne sono convinto.

Mi alzai, passai davanti alle bacheche sottovuoto, senza guardare la mia scrittura su pergamena, vecchia di novecento anni. — Forse ha ragione — dissi. — Forse ha proprio ragione.

Era tardi; nel parcheggio c'erano solo i rottami della Vikken Scenic rubata e un VEM sedan riccamente ornato, senza dubbio costruito a mano su Vettore Rinascimento.

— Posso darle un passaggio, signore?

Aspirai l'aria fresca della notte, l'odore di pesce e di residui di petrolio che saliva dai canali. — No, grazie, mi teleporterò a casa.

L'archivista scosse la testa. — Potrebbe risultarle difficile, signore. Tutti i terminex pubblici sono sotto la legge marziale. Ci sono state… sommosse. — La parola riuscì chiaramente sgradita al piccolo archivista, un uomo che sembrava apprezzare l'ordine e la continuità più di tante altre cose. — Venga — disse. — Le darò un passaggio fino a un teleporter privato.

Lo guardai di sottecchi. In un'altra epoca, sulla Vecchia Terra, sarebbe stato il rettore di un monastero dedicato a salvare gli scarsi resti di un passato classico. Diedi un'occhiata al vecchio edificio degli archivi e mi resi conto che in pratica era proprio questa, la missione dell'ometto.

— Come si chiama? — domandai, anche se forse avrei dovuto sapere il nome perché l'altro cìbrido Keats lo sapeva.

— Ewdrad B. Tynar — disse. Batté le palpebre, nel vedere la mano tesa; poi la strinse. Una stretta decisa.

— Sono… Joseph Severn — mi presentai. Non potevo proprio dirgli di essere la reincarnazione tecnologica dell'uomo di cui avevo appena lasciato la cripta letteraria.

Il signor Tynar esitò solo una frazione di secondo, prima di annuire; ma capii che per uno studioso come lui il nome del pittore rimasto accanto a Keats fino alla morte del poeta non sarebbe stato un mascheramento.