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«Queste riprese sono state effettuate un mese fa» disse Boardman. «Abbiamo parcheggiato una nave-ricognitore a cinquemila chilometri di altezza e lasciato cadere un migliaio di «occhi» su Beta Hydri IV. Metà sono finiti dritti nell’oceano; la maggior parte degli altri si è posata in luoghi disabitati o privi d’interesse. Questo è l’unico che sia riuscito a inviarci una chiara visione degli indigeni.»

«Perché abbiamo deciso di rompere la quarantena che avevamo decretato per quel pianeta?»

Boardman sospirò. «È ora di metterci in contatto con loro, Dick. Sono dieci anni che gli giriamo intorno e non gli abbiamo ancora detto «salve». Non è bello da parte nostra. E siccome gli Hydrani e noi siamo le sole specie intelligenti di questa galassia, a meno che qualcun’altra non si nasconda da qualche parte, abbiamo deciso di avviare rapporti cordiali.»

«Non mi convince» disse Muller. «Dopo un dibattito durato un anno, il Consiglio aveva deciso all’unanimità di lasciare cuocere gli Hydrani nel loro brodo per almeno un secolo, a meno che non mostrassero segni di volersi incontrare nello spazio. Chi ha cambiato questa decisione? Quando? E perché?»

Boardman sorrise astutamente. «Non ho intenzione d’ingannarvi, Dick. La decisione è stata revocata durante una regolare sessione del Consiglio, tenutasi otto mesi fa mentre voi eravate su Rigel.»

«E per quale motivo?»

«Uno dei nostri ricognitori extra-galattici è tornato con prove convincenti dell’esistenza di almeno una specie intelligente e altamente evoluta in uno degli ammassi stellari vicini.»

«Dove?»

«Lasciamo perdere, Dick. Perdonatemi, ma per ora non posso dirvelo. Accontentatevi di sapere che, per quanto ci consta, sono molto più evoluti di noi. Conoscono la propulsione galattica, e molto probabilmente riceveremo presto una loro visita. Quando lo faranno, sarà un bel problema. Così è stato deciso di stabilire contatti con Beta Hydri IV un poco prima di quanto si era pensato, per mettere le mani avanti in previsione di quel giorno.»

«Volete dire» chiese Muller «che dobbiamo stabilire buoni rapporti con l’altra specie del nostro sistema, prima che gli extra-galattici entrino in scena?»

«Esattamente.»

«Vorrei un po’ di quel liquore, ora» disse Muller.

7

Da almeno due secoli l’uomo esplorava le stelle senza trovare traccia di altri esseri viventi. Aveva scoperto molti pianeti, parecchi dei quali potenzialmente abitabili e simili alla Terra. Nella nostra galassia, la Via Lattea, molte stelle del tipo F o del tipo G sono dotate di pianeti alcuni dei quali ritengono l’atmosfera consentendo così l’evoluzione della vita. E, in effetti, la vita, in specie e forme infinitamente diverse, abbonda dappertutto e la galassia è la delizia degli zoologi.

Tuttavia nella sua disordinata espansione fuori del proprio sistema, l’uomo aveva trovato soltanto le tracce di specie intelligenti che lo avevano preceduto. Quelle più spettacolari erano nel labirinto di Lemnos, ma anche su altri mondi si erano trovate rovine di città, fondamenta corrose dal tempo, cimiteri. E così lo spazio era diventato anche il paradiso degli archeologi. I collezionisti di animali sconosciuti e di antichità avevano un bel da fare, ed erano nate perfino nuove discipline scientifiche. Civiltà scomparse prima ancora che le piramidi egizie fossero concepite, ora venivano ricostruite.

Sembrava che una curiosa ventata di estinzione fosse passata su tutte le altre specie intelligenti della galassia. Evidentemente erano vissute in tempi lontanissimi, e si erano spente, scomparendo completamente. Un’analisi attenta aveva rivelato che le più giovani culture intelligenti extra-solari si erano estinte ottomila anni prima.

Ma la galassia è vasta, e l’uomo aveva continuato a cercare, spinto da un malsano connubio di curiosità e di timore. Anche se ormai disponeva di mezzi di trasporto veloci per tutti i punti dell’Universo, non c’erano personale e navi sufficienti per condurre a termine un’esplorazione tanto vasta. E così, nonostante fossero trascorsi parecchi secoli da quando era entrato nella galassia, l’uomo scopriva ancora i mondi… a volte, vicino a casa sua. Infatti, solo recentemente si era accorto che uno dei sette pianeti della stella Beta Hydri, precisamente il quarto, era abitato da una specie intelligente.

Non erano stati effettuati atterraggi. Dopo aver preso in esame le possibili conseguenze della scoperta, erano state predisposte misure di sicurezza per evitare sconfinamenti clamorosi che avrebbero potuto avere sviluppi imprevedibili. L’esplorazione di Beta Hydri IV era stata portata a termine da dietro lo strato di nubi che l’avviluppava. Dispositivi sensibilissimi avevano misurato l’attività che si svolgeva al di là della massa grigia. La produzione di energia era conosciuta con un’approssimazione di alcuni milioni di chilowatt ed era stata tracciata una carta dei centri urbani. Infine era stato calcolato il livello dello sviluppo industriale attraverso uno studio delle radiazioni termiche. Laggiù fioriva una civiltà aggressiva, potente, in fase di sviluppo, probabilmente paragonabile, quanto a livello tecnico, a quella del ventesimo secolo sulla Terra. C’era soltanto una differenza significativa: gli Hydrani non si erano ancora avventurati nello spazio. Questo dipendeva dallo strato di nubi che li circondava: un popolo che non ha mai visto le stelle come può desiderare di raggiungerle e conquistarle?

Muller era al corrente delle frenetiche consultazioni seguite alla scoperta degli Hydrani. Conosceva le ragioni per cui erano stati messi «in quarantena» e si rendeva conto che soltanto motivi assai più importanti dovevano aver portato alla decisione di sospenderla. Non sapendo se sarebbe stata in grado di intavolare un dialogo con esseri non-umani, la Terra aveva saggiamente preferito attendere ancora un poco: ora, invece, tutto era cambiato.

«Che cos’è successo?» chiese Muller. «C’è in vista una spedizione?»

«Sì.»

«Quando?»

«Entro l’anno prossimo.»

Muller si irrigidì. «E chi la guiderà?»

«Forse voi, Dick.»

«Perché «forse»?»

«Potreste rifiutare.»

«Quando avevo diciotto anni» disse Muller «me ne andai con una ragazza in una foresta della California. Le dissi che volevo fare grandi scoperte nello spazio, che gli uomini mi avrebbero ricordato come ricordavano Colombo, Magellano, e i primi astronauti. In quella notte concepii le mie più grandi ambizioni.» Rise e aggiunse: «Ci sono cose che si dicono a diciott’anni, e che poi si dimenticano.»

«Ci sono anche cose che si possono fare a diciott’anni e poi più» disse Boardman. «Ebbene, Dick, superate la cinquantina, ora, se non sbaglio. Avete camminato tra le stelle. Vi sentite una divinità?»

«Qualche volta sì.»

«Volete andare su Beta Hydri IV?»

«Lo sapete che voglio.»

«Solo?»

Muller si sentì mancare la terra sotto i piedi, come quando era partito la prima volta per lo spazio e gli era sembrato di sprofondare nell’Universo. «Solo?» ripeté.

«Abbiamo programmato l’impresa con la massima cura. Mandare laggiù un gruppo di uomini adesso, sarebbe un grosso sbaglio. Gli Hydrani non hanno accolto favorevolmente gli «occhi» lanciati dal ricognitore. L’avete visto anche voi. Non possiamo, inoltre, sondare la loro psicologia, perché è la prima volta che ci troviamo di fronte a menti diverse dalla nostra. Così, riteniamo che la cosa migliore sia quella di mandare un solo ambasciatore, un uomo con intenzioni pacifiche, abile, capace, temprato da altre avventure, e che sappia trovare il modo giusto per intraprendere rapporti amichevoli. Quell’uomo potrebbe essere fatto a pezzi trenta secondi dopo l’atterraggio, ma se riesce a sopravvivere, avrà compiuto un gesto unico nella storia umana. Sta a voi scegliere.»