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Asfah vendeva sia all’ingrosso che al minuto, e il Pozzo Domestico era apprezzato per la robustezza degli articoli e l’onestà dei prezzi. Dopo la Frattura, le massaie, che quella sera di aprile si erano trovate improvvisamente a far da mangiare in cucine che non conoscevano, erano accorse in numero sempre crescente a fare rifornimento. Orr stava osservando alcuni campioni di legno per costruire dei taglieri, quando sentì una donna che diceva: — Vorrei uno di quei vostri frullini — e poiché la voce gli ricordava quella di sua moglie, si alzò dallo sgabello per dare un’occhiata in negozio. Asfah stava mostrando qualcosa a una donna di media altezza, scura di pelle, sui trent’anni, con capelli neri e ricciuti tagliati corti, e un elegante profilo della nuca.

— Heather — disse, venendo avanti.

Lei si voltò. Lo osservò per un lungo istante. — Orr — disse. — George Orr. Giusto? Quando ci siamo conosciuti?

— Nel… — Esitò. — Lei non è avvocato?

Tra loro, immenso, nella sua armatura verde, c’era E’nememen Asfah, che teneva in mano un frullino.

— No. Segretaria di un avvocato. Lavoro per Rutt Goodhue, nel Pendleton Building.

— Dobbiamo esserci visti là, allora. Sono venuto nel suo ufficio, una volta. Le… le piace? L’ho disegnato io. — Prese un altro frullino dal cassetto e glielo mostrò. — Hanno un buon equilibrio, vede? E sono molto comodi. Di solito i fili sono troppo duri o troppo spessi, salvo che in quelli francesi.

— È bello anche come forma — disse lei. — Ho un vecchio frullino elettrico, ma desidererei comprare uno di questi, eventualmente per appenderlo alla parete. Lei lavora qui? Una volta no. Adesso ricordo. Lei era in qualche ufficio di Stark Street, ed era in cura da un dottore, in Terapia Volontaria.

George non aveva idea di cosa, e di quanto, ricordasse, né di come poterle venire in aiuto con le sue memorie multiple.

Sua moglie, naturalmente, aveva avuto la pelle grigia. C’erano ancora delle persone grige, a quanto si diceva; soprattutto nel Middle West e in Germania, ma quasi tutti erano tornati ai soliti colori: bianco, bruno, nero, rosso, giallo e gradazioni intermedie. Sua moglie era stata una persona grigia, una persona molto più tranquilla di questa, pensò. Questa Heather aveva una grossa borsetta con chiusura di ottone, e probabilmente, in essa, teneva una bottiglietta di brandy da mezzo litro; e tendeva a comportarsi in modo brusco. Sua moglie era stata una donna non aggressiva, e, anche se aveva molto coraggio, era un po’ timida. Questa non era sua moglie, bensì una donna più fiera, vivace e difficile.

— Proprio così — disse. — Prima della Frattura. Noi eravamo… In effetti, Miss Lelache, dovevamo vederci a colazione. Da Dave, sulla Ankeny. Ma non ci siamo mai andati.

— Non sono Miss Lelache; è il mio nome da ragazza. Sono Mrs. Andrews.

Lo osservava in modo strano. Lui rimase immobile e sopportò la realtà.

— Mio marito è morto nella guerra in Medio Oriente — aggiunse.

— Sì — disse Orr.

— È lei che disegna tutte queste cose?

— La maggior parte degli utensili e del vasellame. E anche delle pentole. Ecco, le piace questo? — Prese un bricco da tè, con il fondo di rame; era massiccio, ma elegante, e le sue proporzioni erano dettate dalle esigenze dell’uso, come quelle di una nave a vela.

— A chi non piacerebbe? — disse lei, tendendo le mani. George glielo porse. Lei lo alzò e lo ammirò. — Mi piacciono le cose — disse.

Lui annuì.

— Lei è davvero un artista. È bellissimo.

— Mr. Orr è un esperto di cose tangibili — li interruppe il proprietario, parlando senza tonalità, dal gomito sinistro.

— Senta, ora ricordo — disse d’improvviso Heather. — Naturalmente, è successo prima della Frattura; per questo è tutto mescolato nella mia mente. Lei sognava; voglio dire che credeva di sognare cose che poi diventavano vere. No? E il dottore gliene faceva sognare sempre di più, e lei non voleva che lo facesse, e cercava un modo per smettere la Terapia Volontaria con quel dottore senza finire in Terapia Obbligatoria. Vede che mi ricordo di lei? È poi stato assegnato a un altro analista?

— No. Me li sono lasciati alle spalle crescendo — disse Orr, e rise. Anche lei rise.

— E come ha fatto per i sogni?

— Oh… ho continuato a sognare.

— Mi pareva che lei riuscisse a cambiare il mondo. È questo il meglio che può fare per noi… questo pasticcio?

— Dovremo tenercelo — rispose.

Anche lui avrebbe preferito qualcosa di meno confuso, ma non spettava a lui farlo. E almeno, in quel mondo, c’era lei. L’aveva cercata come poteva, ma non l’aveva trovata. Per avere sollievo si era rivolto al proprio lavoro: non gliene aveva dato molto, ma era il tipo di lavoro che gli era congeniale, ed egli era una persona paziente. Ma ora l’asciutto e silenzioso dolore per la moglie perduta sarebbe terminato, perché Heather era lì davanti a lui: la fiera, recalcitrante e fragile estranea da riconquistare eternamente.

Lui la conosceva; conosceva la sua estranea, sapeva come farla parlare e come farla ridere. Disse infine: — Prenderebbe una tazza di caffè? C’è un bar alla porta accanto. È l’ora del mio intervallo.

— Cacchio, se è ora — fece lei; era un quarto alle cinque. Lanciò un’occhiata in direzione dell’Alieno. — E una tazza di caffè mi andrebbe proprio, ma…

— Torno tra dieci minuti, E’nememen Asfah — disse Orr al suo principale, mentre andava a prendere l’impermeabile.

— Prendete tutta la sera — rispose l’Alieno. — C’è tempo. Ci sono ritorni. Andare è tornare.

— Grazie davvero — disse Orr, e andò a stringere la mano al suo datore di lavoro. La grossa pinna verde era fredda nella sua mano umana. Uscì con Heather nel tiepido, piovoso pomeriggio estivo. L’Alieno li osservò da dietro la vetrina, come una creatura marina che osservasse dall’interno di un acquario, e li vide passare e scomparire nella nebbia.

FINE